Vincenzo Monaldi, il medico ministro
che salvò migliaia di vite: il ricordo del nipote
Massimo Fioretti a 50 anni dalla scomparsa

FERMO - Il nipote di Monaldi, Massimo Fioretti, ricorda il nonno nato a Monte Vidon Combatte e cresciuto a Grottazzolina di cui è stato sindaco, il più giovane d'Italia. Luminare della medicina, primo ministro della Salute. Ha visto 'nascere' nel suo salotto la Costituzione. Spronato da Padre Pio

Vincenzo Monaldi

di redazione CF

Una vita spesa a prendersi cura degli altri, dei più deboli, a curarli, a tutelarli, a salvare loro la vita dalla piaga della tubercolosi o dalla gogna nazista. Uno scienziato, un politico, un padre, marito e nonno amorevole, un animo dal profondo senso religioso. Ma prima di tutto un uomo, di quelli con la u maiuscola, che hanno segnato la storia d’Italia e non solo, e che ha le sue origini nell’entroterra fermano, a Monte Vidon Combatte dove nasce e a Grottazzolina dove cresce e diventa il sindaco più giovane d’Italia. Non basterebbero mille pagine per ricordare Vincenzo Monaldi, il medico che ha salvato migliaia di pazienti da morte certa, che ha messo in salvo ebrei, che è stato primo ministro della Salute dell’età repubblicana e che ha visto nascere nel suo salotto la Costituzione, e di cui proprio quest’anno, in questo mese, ricorre il cinquantenario della sua scomparsa. E a tenere alta la sua memoria, a mantenere accesa la fiammella della sua saggezza, oltre agli innumerevoli convegni che richiamano la sua scienza e alle numerose e prestigiose intitolazioni, c’è l’attività, costante, incessante, e meritoria del nipote Massimo Fioretti che ieri ha ricordato la figura del nonno ai microfoni di Radio Fermo Uno.

“Mio nonno è stata una figura di grande rilievo medico e scientifico nell’ambito della tisiologia. Negli anni dell’epoca pre-antibiotica la tisi era devastante perché interessava milioni di persone. Il 60% delle persone malate soffriva di tubercolosi, una malattia invalidante per il malato, che veniva ghettizzato e emarginato, e la sua famiglia. Grazie al suo ingegno è riuscito a curare, si stima, circa 12 mila persone, 6mila in Italia. Monaldi è nato nel 1899 a Monte Vidon Combatte, appartenente a una famiglia numerosissima. Come era normale avvenisse a quei tempi, era visto come una forza lavoro, nei campi. Lui da subito ha dimostrato un’intelligenza particolare ma è stato osteggiato a studiare, soprattutto dal fratello maggiore. Parliamo di 11 figli, 8 maschi e 3 femmine, tutti dediti al lavoro in campagna. Però, grazie alla sua intelligenza, ed all’enorme forza di volontà, ha proseguito gli studi. La famiglia successivamente si è trasferita a Grottazzolina. E i maestri avevano capito che quel ragazzino aveva qualcosa di speciale. Ha così studiato prima al seminario di Montottone e poi a quello di Fermo dove ha conseguito la maturità classica. Ha preso parte alla Grande Guerra, sul Carso, alla disfatta di Caporetto, e ha ricevuto anche un’onorificenza”. Ma la guerra non ha stroncato la sua voglia di sapere, di studiare, di impegnarsi nella scienza vocata al bene altrui. E così arriva l’incontro della svolta. Il professor Baglioni, originario di Belmonte Piceno, illustre fisiologo all’Università di Roma, lo ha voluto conoscere spingendolo agli studi di medicina, prima a Camerino e poi a Roma sostenuto da una borsa di studio”. Ma la Grande Guerra rischia di stroncare la sua carriera. La forza di volontà, però, è più forte di ogni conflitto. Tornato dal fronte, Monaldi ha aderito al Partito Popolare di don Sturzo che incarnava i suoi ideali religiosi, sì perché, si diceva, lui era profondamente religioso. “E’ stato eletto sindaco di Grottazzolina,  il più giovane d’Italia. E per Grottazzolina ha realizzato – racconta il nipote Massimo Fioretti – importanti opere pubbliche tra cui il Comune, le scuole Diaz, il lavatoio pubblico con acqua corrente, la stessa che portò, ed era un qualcosa di eccezionale per quei tempi, nell’ospedale. Siamo nel 1920. E’ stato un uomo davvero  lungimirante. Durante il Fascismo è stato costretto a dimettersi da sindaco e da consigliere provinciale. E’ stato anche purgato. Dopo l’incarico di sindaco si è laureato entrando all’istituto di fisiologia dove ha effettuato i primi studi di fisiopatologia sull’apparato respiratorio e in particolare sulla tubercolosi (sarà anche assistente in un piccolo ospedale). Da qui la particolare attenzione verso i deboli, e parliamo di un ragazzo di 28 anni. Al sanatorio di Roma, di cui diventerà vicedirettore, si è dedicato anima e cuore agli studi sulla tubercolosi elaborando nuove tecniche di cura. La più rivoluzionaria sarà l’aspirazione endo-cavitaria che poi prenderà il suo nome. E’ stato il primo medico a capire che l’attacco delle caverne tubercolari era metodo di cura consentendo la cura di molti malati. Nel ’26 si è unito in matrimonio con l’amata Giulia trasferendosi a Roma. Dalla capitale ha intrapreso una serie di viaggi per portare la sua conoscenza medica in tutti i paesi europei. A Budapest – un simpatico ma significativo aneddoto raccontato dal nipote Massimo ai microfoni di Radio Fermo Uno –  data la sua giovane età, lo avevano addirittura scambiato per un assistente e non volevano farlo parlare. Nel ’42  è stato chiamato a Berlino nonostante il suo antifascismo. Andò anche in America del Sud, in Argentina, in Brasile, dove parlò al Senato, in molte città degli Usa, in viaggio sull’Andrea Doria, visiterà l’ospedale di Harlem, sarà a Boston. Andrà in Iraq, Iran, Israele, Palestina, Giappone, Thailandia. Ha portato il suo sapere in tutto il mondo”.

Il nipote di Vincenzo Monaldi, Massimo Fioretti, ai microfoni di Radio Fermo Uno

Ma le origini, le radici, quelle non si dimenticano mai. “Beh sì – continua Fioretti – lui è sempre rimasto legatissimo a Grottazzolina, a Monte Vidon Combatte, è sempre tornato, anche nel secondo dopoguerra. All’epoca non esisteva un sistema sanitario nazionale, 12 milioni di persone non avevano assistenza sanitaria. E Monaldi ha sempre aiutato tutti. Nella Seconda Guerra mondiale è stato ufficiale medico, e ha anche rischiato la vita nascondendo negli stabulari del Forlanini degli ebrei, era sempre attento ai deboli, qualunque fosse il contesto. E’ stato denunciato finendo nella lista dei condannati a morte dai nazisti ma un ufficiale italiano, visto il suo nome nella black list, lo ha depennato perché Monaldi aveva guarito e salvato il figlio.

Così come da medico non curava la malattia ma il malato, lo stesso è stato nella politica: agiva non per se stesso ma per il bene che poteva procurare agli altri. Nel ’45 è arrivato a Napoli, nominato direttore del sanatorio, il più grande dell’Italia meridionale. Recupererà la struttura ampliandola, e spendendosi per la riqualificazione del malato, creando scuole di qualificazione e riqualificazione professionale per giovani e adulti, proprio all’interno della struttura sanitaria. Così il malato non sarebbe stato ghettizzato per sempre. Nel ’48 è stato eletto senatore. In quell’ambito è venuto a contatto con illustri nomi della Dc, Fanfani, Dossetti, Lazzati, La Pira, tutti nella Costituente, e tutti suoi amici. E l’articolo 1 della nostra Costituzione è stato pensato e scritto proprio nel salotto di mio nonno. Ha conosciuto anche Paolo VI che diventerà uno dei suoi padri spirituali. Un uomo, Monaldi, attento a numerose questioni sanitarie, alcune attualissime, come quella carceraria. E’ stato, oltretutto, confidente di molti detenuti ed emigrati, come quelli italiani conosciuti in Belgio, nelle miniere. Così, tornando in Italia ha attuato iniziative politiche a tutela delle categorie lavorative più esposte a pericoli.

Nel ’58 è entrato a far parte del primo governo Fanfani, nominato alto commissario e successivamente ministro della Sanità, il primo nella storia repubblicana. Da lì a un anno, con la caduta del governo, non avrà più, per sua scelta, incarichi istituzionali perché la sua vocazione erano i deboli. E per portare avanti la sua missione cosa c’era di meglio che dedicarsi appieno all’attività di medico?

Da nipote ho il ricordo di una persona, di un nonno di una dolcezza e di un’umanità fuori dal comune. In famiglia è stato un punto di riferimento per tutti, esempio di serietà, dedizione al lavoro, purezza d’animo, era religiosissimo. Dal ’58 al ’60 promuoverà campagne vaccinali contro la tubercolosi e la poliomelite. Poi ci sarà la fase antibiotica e i primi antibiotici saranno sperimentati proprio nel sanatorio di Napoli da lui diretto. A quel punto si interesserà anche di altre malattie dell’apparato respiratorio, come le malformazioni polmonari e il cancro proprio ai polmoni. Lui nel ’64 sarà il primo a intuire che la principale causa di questo tumore era il fumo. Farà diversi convegni, conoscerà padre Pio che ponendogli la mano sul capo, lo inciterà a proseguire nei suoi studi. Nel ’68 si è ammalato di cancro e da lì a un anno, a novembre, è spirato. Ma anche nella malattia non ha mai smesso, nemmeno un istante, di dedicarsi agli studi per il bene comune.

Ha avuto molti allievi, divenuti poi illustri medici, che hanno proseguito la sua attività medica e scientifica. In suo nome si sono tenuti, e continuano a tenersi, molti convegni medici, Grottazzolina lo ha ricordato nel decennale della sua scomparsa. Nell’89 don Mario Ferracuti, suo nipote, ha omaggiato la sua memoria in un convegno. A lui sono intitolati un padiglione del Forlanini di Roma, uno a Tolosa, a Catanzaro, a Salerno, a Fermo. Il sanatorio Principe di Piemonte, oggi azienda ospedaliera Monaldi altamente specializzata in ambito cardiologico e polmonare, porta il suo nome. L’8 novembre sono stato chiamato, per le Pagelle d’oro, alla scuola di Grottazzolina a illustrare la figura di mio nonno che può essere un esempio per le nuove generazioni con la sua dedizione, la sua intelligenza, la sua forza di volontà nel cercare qualcosa di importante. In una società così complessa e difficile, una figura simile può essere da stimolo, soprattutto per i più giovani: se ci si impegna, un futuro lo si può costruire, anche se si proviene dalla miseria più assoluta. Ringrazio mia madre che mi ha sempre stimolato nell’amore, nella stima e nel ricordo di mio nonno, mia zia Biancamaria che ha scritto un bellissimo libro di memorie “Io e mio padre”, mia cugina Francesca Romana che mi ha donato tanti suoi spunti di vita vissuta”.

PER ASCOLTARE L’INTERVISTA A RADIO FERMO UNO CLICCA QUI.


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