di Andrea Braconi
L’impegno contro le diverse tipologie di violenza di cui sono vittime le donne non deve limitarsi ad un solo giorno, ma deve essere costante e rivolto al rispetto degli altri, senza alcuna discriminazione. Ne è convinta il prefetto Vincenza Filippi, che da quasi un decennio è impegnata sul tema e che in questo 25 novembre ha voluto portare il suo saluto alle donne e agli uomini della Polizia di Stato, impegnati in Piazza del Popolo a Fermo in un’attività di informazione nei confronti della cittadinanza. Insieme a loro l’associazione On The Road, che all’interno della cosiddetta rete territoriale antiviolenza ha un ruolo fondamentale.
LA PREFETTURA
“Come Prefettura di Fermo – ha ricordato il prefetto Filippi – sin dal 2017 con le colleghe che mi hanno preceduto abbiamo stilato, redatto e sottoscritto con tutte le varie componenti istituzionali un protocollo d’intesa per una rete territoriale antiviolenza, con tutta una serie di monitoraggi, di iniziative, di incontri e di informazione”. Un sistema che, appunto, vede anche coinvolte le Forze dell’Ordine, le Amministrazioni comunali, l’Area Vasta 4 e tante realtà operanti nel Fermano.
Lasciando come punti imprescindibili scuola e famiglia, con quest’ultima che “non può non coadiuvare queste azioni attraverso un’attenzione rivolta alla cultura della legalità”, il prefetto Filippi ha parlato anche di uno strumento aggiuntivo come il controllo del vicinato. “Le nostre forze di Polizia fanno benissimo la loro parte, ma nei casi anomali e nelle situazioni in cui mancano gli strumenti culturali coloro che gli vivono a fianco posso aiutare e fare opera di sensibilizzazione, per fare uscire fuori questi problemi e poi rivolgersi alla rete che opera nel territorio. Perché serve tutto nell’ambito di un’integrazione”.
Rispetto ai dati più recenti, anche quelli contenuti nel report scaturito dal progetto “…Questo non è amore” della stessa Polizia di Stato (con il numero di vittime che passa dal 68% del 2016 al 71% del 2019), resta però un forte dubbio: sono i casi ad essere aumentati o piuttosto le denunce? Gli stessi dati, ha rimarcato il prefetto, si possono prestare ad una doppia lettura, ma nello specifico questo incremento che emerge può anche significare che il sistema funziona e che le donne stanno uscendo fuori. “Nel 2010 ero in un’altra Prefettura con il ruolo di vice prefetto vicario. Costituimmo il codice rosa con un medico molto sensibile, che lavorava in ospedale e aveva una specializzazione: lui voleva portare avanti questo protocollo, una cosa un po’ innovativa. Serviva una rete di coordinamento e iniziammo così a lavorare: da lì uscirono fuori diverse denunce e risultati sono stati significativi”.
Ma, oltre al dato, la rete di coordinamento fa emergere le situazioni da prevenire. “Proprio questo è il nostro primo compito: la repressione è una sconfitta, perché significa che il soggetto diventa vittima. Vinciamo, invece, se si riesce a fare prevenzione con cultura ed educazione”.
Sono tante le situazioni che vanno ponderate, tante e complesse, anche in un territorio come il nostro. E non va mai dimenticato, ha ammonito il prefetto, che alla base della violenza c’è un degrado morale, oltre che economico e culturale. “È una forma indiretta di una possessività malata, il non riconoscere che l’altro ha diritto come me ad una sua sfera di libertà e di autonomia, a rinunciare ad un amore o a decidere che sia finito. Invece, viene letto come momento di abbandono e quindi si tende a sopraffare, svilire o umiliare”
E sotto il profilo economico, ridare autonomia da una donna fa diventare tutto il percorso più completo, mettendo in grado la persona violata di sperare in un futuro diverso. “Sappiamo bene che la libertà è autonomia, anche economica, dal bisogno e dalle sofferenze”.
“Il bambino che è abituato alla violenza diventerà un adulto anch’esso non rispettoso del valore sacro dell’altro” aveva osservato in apertura del suo ragionamento, aggiungendo come i minori rappresentino anch’essi la fragilità del sistema. “Assistere a queste violenze significa potenzialmente diventare un soggetto che riproduce e duplica questi meccanismi. Dall’altro lato, spesso assistiamo a omicidi che coinvolgono anche i minori. Quindi, i figli sono vittime doppie perché hanno perso una madre in conseguenza di una violenza di genere e lì entra anche il tema del risarcimento nei confronti delle vittime”.
Tanto si è fatto e tanto si sta facendo, sia da un punto di vista legislativo che amministrativo da parte di tutte le istituzioni aderenti a questa Giornata contro la violenza sulle donne, che il prefetto considera un vero e proprio cardine. Come quella rete che, giorno dopo giorno, sta dando risultati rilevanti ma che necessità di risorse, sia finanziarie che umane. “Sarebbe utile sbloccare in settori come la sanità un turn over con professionalità che si possono impiegare in questo settore. E lo stesso Codice Rosso necessiterebbe di un aumento delle risorse a disposizione”.
LA QUESTURA
Sulla stessa lunghezza d’onda Ignazio Messina, vice questore vicario, che si è però voluto soffermare su un altro aspetto legato alla lettura dei dati, vale a dire l’incidenza degli italiani autori di violenze rispetto agli stranieri. “Consideriamo che nella percentuale degli italiani – le parole di Messina, presente con il sostituto commissario coordinatore della questura, Vincenzo Longo, e diversi agenti – ci sono anche quelli che sono neo italiani, ma io credo che non bisogna mai fare una forma di differenziazione tra italiani e stranieri: chi picchia donne o bambini è una persona instabile, che ha dei grossi problemi e che certamente va aiutata ma una volta che le sue vittime sono state messe in sicurezza”.
Messina ha parlato di Fermo come di una realtà ancora in costruzione, nonostante gli ottimi risultati sin qui conseguiti. “La situazione è abbastanza monitorata, il personale che c’è, anche se poco, e interviene velocemente. L’Autorità giudiziaria è molto attenta, non solo per il Codice Rosso visto che anche prima che entrasse in vigore l’attenzione è sempre stata massima”.
Servono però soldi e strutture idonee per l’accoglienza. “Questo significherebbe la possibilità all’Autorità giudiziaria di poter seguire questi fatti con la maggiore tempestività possibile e per le Forze dell’Ordine di lavorare in sinergia”.
Sul ruolo del controllo del vicinato, il vice questore aggiunto ha ricordato il caso di una vicina che aveva segnalato dei maltrattamenti. “Siamo riusciti ad evitare una tragedia, per questo il mio invito è: non ci giriamo dall’altra parte. Se non vogliamo intervenire personalmente chiamiamo le Forze dell’Ordine e coinvolgiamo chi ci sta vicino. La sicurezza della donna e la tutela dei minori è compito di tutti. Facciamo anche noi rete, è l’unico modo per cercare di mettere un freno a questi fatti”.
Il reato di violenza domestica, hanno precisato gli stessi rappresentanti della Polizia di Stato, non esiste e per questo motivo è stato recepito all’interno di una legge del 2013. Questo recepimento dà la possibilità al Questore di adottare il cosiddetto ammonimento. Lo stesso Questore, se notiziato di una qualsiasi violenza, può sentire i suoi organi investigativi per arrivare all’eventuale adozione dell’ammonimento. In questo caso si supera e non diventa obbligatoria la querela. La vittima non è obbligata a denunciare, può anche solo informare un pubblico ufficiale, e il Questore può ascoltare alcune persone e le loro deposizioni possono anche essere secretabili. Tutto serve per evitare l’esposizione della vittima e anche di chi denuncia, nel caso sia un vicino di casa o un amico.
E l’ammonimento, che resta comunque a tempo indeterminato fino all’eventuale revoca, incide su tutti i requisiti di buona condotta che condizionano ad esempio il rilascio patente, un qualsiasi tipo di licenza, o la richiesta di cittadinanza. “È uno strumento investigativo fortissimo” è stato aggiunto.
IL COMUNE
Di scelta non scontata per quanto riguarda l’individuazione di una casa rifugio ha parlato il sindaco Paolo Calcinaro. “Come Ambito Sociale siamo stati gli unici nelle Marche ad aderire al finanziamento per una struttura protetta” ha tenuto a precisare, prima di concludere con un passaggio di carattere normativo. “Spesso in Italia le leggi di natura penale vengono fuori a seguito delle emergenze e vengono spesso fuori male e in maniera schizofrenica. La normativa a tutela del Codice Rosso, invece, è piena, pensata anche con le giuste gradualità e funziona. L’invito è quello di non rimanere chiuse, ma di approcciare le Forze dell’Ordine o gli uffici competenti a livello sociale affinché non ci siano queste devianze”.
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