Tensione da Ambruosi e Viscardi,
protesta dei Cobas, bloccate le consegne
Proprietà e dipendenti:
“Si danneggia l’azienda”

SANT'ELPIDIO A MARE - Tensione alle stelle fuori dallo stabilimento, massiccia presenza di carabinieri e polizia. Le versioni opposte di Cobas e proprietà e dipendenti

di Pierpaolo Pierleoni

Una giornata interminabile, quella di oggi all’impresa agricola Ambruosi e Viscardi. Un giovedì nero che inizia quando è ancora notte fonda, con la manifestazione di protesta degli operai iscritti al Si Cobas e i dirigenti del sindacato. Decine di poliziotti e carabinieri impegnati per ore, la tensione palpabile con i vertici aziendali, ma anche con tutti gli altri dipendenti, parole di fuoco dall’una e dall’altra parte.

All’alba aspre tensioni tra scioperanti e dipendenti intenzionati a recarsi al lavoro. Visto che l’ingresso principale era bloccato dai manifestanti, molti si sono arrampicati dai cancelli laterali per entrare. Altri hanno circumnavigato l’area, passando in mezzo alle campagne per entrare in azienda. Le forze dell’ordine hanno presidiato l’area con un dispiegamento massiccio di polizia e carabinieri sin dal mattino. Nel primo pomeriggio agenti e militari si sono preparati anche con caschi e manganelli. Si è preferita però la linea del dialogo, per evitare che qualcuno si facesse male.

Il Si Cobas punta l’indice contro la condotta della Ambruosi e Viscardi, che a loro dire ha respinto i 150 operai che avevano manifestato il 25 ottobre scorso e non li ha più richiamati al lavoro. “Una conseguenza dell’adesione allo sciopero. In questo modo – il punto di vista del Si Cobas – si sono create ulteriori tensioni sindacali e forti preoccupazioni alla salvaguardia dei propri posti di lavoro, sostituendoli con altri lavoratori presi alla bisogna. Alle gravi irregolarità preesistenti allo sciopero dell’ottobre 2018, nella vertenza dei lavoratori della Ambruosi & Viscardi, si è ricorso ai ripari, con una prima stabilizzazione dei lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato (OTD)”.

“I lavoratori agricoli del S.I. Cobas, hanno dato vita ad iniziative di lotta e sciopero davanti ai cancelli, esasperati da un sistema che sembra riportarci indietro nel tempo. Questi operai, la cui totalità sono immigrati, sono lavoratori agricoli hanno svolto la loro prestazione lavorativa in modo tale da poter rivendicare la stabilizzazione di tutti i lavoratori, con contratti a tempo determinato, in quanto hanno maturato il diritto alla trasformazione del loro rapporto di lavoro”.

“Rivendichiamo – aggiunge il Cobas – il reintegro immediato dei 150 lavoratori nostri associati, la trasformazione del rapporto da determinato a indeterminato, un idoneo inquadramento professionale conforme alle mansioni svolte; un riscontro in busta paga della timbratura delle presenze in modo da poter verificare le ore di lavoro effettivamente rese; una distribuzione equa dell’orario e dei carichi di lavoro, il riconoscimento del sindacato S.I. Cobas, divenuto maggioritario in azienda”.

Totalmente opposta la versione della Ambruosi e Viscardi e dei lavoratori, che oggi sono andati regolarmente al lavoro e contestano lo sciopero. Il titolare Nicola Ambruosi, affiancato dai legali Diego Silvestri e Gianvittorio Galeota, apre le porte dello stabilimento per far sentire la voce dei propri operai. “Oggi abbiamo 90.000 euro di beni alimentari da consegnare, che non riusciremo a recapitare perché non ci consentono di far uscire i mezzi – sottolinea l’imprenditore – Oltre al danno di giornata, è difficile quantificare quello futuro per l’azienda, perché in un settore come quello alimentare, se un carico non arriva, si rischia di perdere anche gli ordini futuri. Il danno è per l’impresa e tutti i suoi lavoratori, che hanno dovuto fare il giro dell’azienda, sono arrivati pieni di fango pur di arrivare. Abbiamo quasi 400 persone che oggi sono volute entrare a tutti i costi in azienda. Quelli che manifestano sono 64, quindi anche tra gli iscritti Cobas molti stanno tornando sui loro passi. Se fossimo degli sfruttatori, perché nessuno degli altri dipendenti si è unito alla protesta? Persino i miei familiari hanno avuto dei problemi ad entrare. E’ una situazione insostenibile. Nel settore agricolo vige la stagionalità, in primavera e d’estate è fisiologico che si lavori meno. Per questo sono necessarie forme contrattuali flessibili. I contratti a tempo indeterminato sono la minoranza, non possiamo permetterci di stabilizzare tutti, sono richieste assurde. Qui non si rivendicano diritti”.

“Non abbiamo licenziato né cacciato nessuno – puntualizza l’avvocato Silvestri – I dipendenti che protestano hanno già lavorato più delle 180 giornate previste nel loro contratto. Gli altri che stanno lavorando in questo momento hanno un contratto da 102 giornate, quindi sono meno tutelati di quelli che scioperano. Ricordiamo tra l’altro che in questo settore, nelle giornate in cui gli operai non lavorano, ricevono l’indennità di disoccupazione agricola e ricevono i contributi per tutti i giorni in cui non lavorano. Sono completamente tutelati. Con le altre organizzazioni sindacali c’è sempre stato un rapporto corretto. Non è minimamente vero, tra l’altro, che i Cobas siano maggioritari tra gli operai, le altre organizzazioni sindacali contano molti più iscritti. I manifestanti pretendevano di dettare i tempi dell’azienda. Nel momento in cui abbiamo inserito gli operai che avevano contratti da 102 giornate lavorative, infatti, la produzione ha accelerato”.

All’interno dello stabilimento prevale la rabbia verso chi sciopera. C’è anche chi vorrebbe uscire e fronteggiarli, perchè “siamo molti di più”. “Qui ci pagano regolarmente – ripetono i dipendenti regolarmente al lavoro – siamo trattati bene, non possiamo lamentarci di nulla e vogliamo continuare a lavorare. Lavoriamo 6 ore e mezzo al giorno, quando capitano ore o turni straordinari ci vengono pagati regolarmente. Se vengono bloccati i camion e si impediscono le consegne, il danno sarà per noi e non vogliamo perdere il lavoro a causa loro”.


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