I Parchi nazionali diventano
Zone economiche ambientali

DECRETO CLIMA - Le aree protette, compresa quella dei monti Sibillini, diventano Zae. Il provvedimento fa parte del pacchetto votato alla Camera. Il deputato Mario Morgoni: «Possono diventare veri laboratori di sperimentazione per promuovere l’economia circolare, l’uso di energie rinnovabili e favorire la coesione sociale e la cura del territorio»

 

Una veduta nel Parco nazionale dei Monti Sibillini

 

I Parchi nazionali diventano Zone economiche ambientali (Zea). Ecco la novità, che riguarda anche il Parco nazionale dei monti Sibillini, introdotta con il decreto Clima votato ieri dalla Camera.
«Noi oggi con questo decreto apriamo un sentiero che andrà battuto con coraggio e determinazione – dice Mario Morgoni, deputato del Pd -, lo facciamo con misure concrete e con un impegno finanziario non trascurabile: 450 milioni di euro». Sulle Zea Morgoni spiega: «Grazie a questa misura che prevede forme di sostegno alle imprese locali i parchi nazionali possono diventare veri laboratori di sperimentazione per promuovere l’economia circolare, l’uso di energie rinnovabili e favorire la coesione sociale e la cura del territorio salvaguardando un prezioso patrimonio di civiltà, in molti casi a rischio di estinzione o di declino. I parchi nazionali rappresentano il 6% del territorio del nostro paese». Inoltre, prosegue il deputato, «grande valenza ha la previsione di campagne di informazione e formazione ambientale nelle scuole che comprendono anche attività di volontariato degli studenti, così come gli obblighi in materia di pubblicazione dei dati ambientali per garantire un’adeguata informazione ai cittadini».

Mario Morgoni

Per Morgoni «siamo ad un passaggio di civiltà che comporta indubbiamente scelte difficili da affrontare con una nuova assunzione di responsabilità verso la casa comune. Certo il clima politico e culturale dominante che vede proliferare esasperati egoismi e particolarismi, spinte sovraniste e nazionaliste non aiuta a fronteggiare sfide globali che richiederebbero visione di sistema, collaborazione e unità di intenti. La cura della casa comune non si concilia con il richiamo alle frontiere, i muri da alzare o ai porti da chiudere. Non si concilia con parole d’ordine come prima gli italiani, altrimenti dovremmo pensare che Venezia è solo un nostro problema nazionale mentre tutto il mondo per fortuna sente come un suo problema la salvezza di Venezia. O dovremmo acclamare la Politica di Bolsonaro che in nome degli interessi del Brasile, peraltro illusori, distrugge un patrimonio che appartiene all’umanità».

 


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