Siamo soliti definire “capricci” tutte le “trasgressioni” dei bambini alle regole e al vivere pacifico: pianti incomprensibili, impuntature, rifiuti immotivati di mangiare, di vestirsi, di salutare, di andare a letto e altri ancora. Ma è davvero così? Si chiedono dall’istituto fermano.
In realtà, come già evidenziato da Maria Montessori, dietro quelle che possiamo definire “scenate”, spesso si nasconde un malessere o, meglio, un bisogno insoddisfatto. La rabbia del bambino, il suo pianto, la sua oppositività non arrivano a caso e, proprio per questo, non è sempre facile comprendere nell’immediato cosa si nasconde dietro ad essi.
“Un primo passo, sicuramente, è iniziare a cambiare il nostro sguardo e considerare i capricci non solo comportamenti sgradevoli ed inadeguati ma, piuttosto, tentativi per quanto maldestri e poco efficaci di comunicazione”, precisa il dirigente scolastico Francesco Lucantoni.
Un secondo e decisivo passo è far riconoscere e far comprendere ai bambini i limiti che la realtà – e le relazioni con gli altri – impongono ai loro desideri, imparando così le prime piccole frustrazioni e il modo di affrontarle. Proprio per questo, i figli hanno necessità di sentire genitori attenti ai loro bisogni e che, non solo, li amano e li accudiscono, ma che sono anche capaci di “contenerli e di fermarli”. Senza limiti precisi, i bambini non riescono da soli a definire i confini di ciò che sono, di ciò che sia bene o adeguato, finendo per essere, poi, confusi e agitati.
Limiti e regole sostengono, dunque, la crescita affettiva del bambino, la sua capacità di affrontare la realtà e di avere relazioni con gli altri. Saper utilizzare i “no che aiutano a crescere” è una delle sfide più ardue dell’essere genitori. Un compito che però può essere gestito con maggiore sicurezza e serenità con i giusti strumenti che possono mettere a fuoco le difficoltà dell’educare e come esse possano essere superate.
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