Poliambulatorio ‘dal basso’ a Tre Archi,
20 medici volontari disponibili
Livini: “Serve percorso dentro le regole”

FERMO - La proposta nasce da un gruppo di cittadini fermani, con la disponibilità della parrocchia locale guidata da Don Sebastiano Serafini: “Massima collaborazione con Area Vasta 4, Ambito Sociale e Comune”

di Andrea Braconi

Un poliambulatorio a Lido Tre Archi per garantire assistenza gratuita ad italiani e non, ai tanti soggetti indigenti che vivono nel quartiere e non solo: è l’obiettivo di diversi cittadini fermani che si sono ritrovati nella sede in via Aldo Moro del Centro di Aggregazione Pass per confrontarsi su un progetto sviluppato nel corso dell’ultimo anno da un gruppo eterogeneo, come l’ha definito l’ex dirigente scolastica Gelsomina Viscione. “Partiamo!” ha affermato in apertura, aggiungendo come “con i se e i ma non scaleremo mai la montagna”.

Coordinatori ed operatori degli ex Sprar, l’ex neurologo del Murri Claudio Speranzini e attivisti nel sociale sono i pionieri di questa progettualità, che hanno lavorato sui contenuti e si sono al contempo relazionati con le istituzioni del territorio. “Ci siamo visti per molto tempo ed abbiamo verificato se ci fossero medici volontari, come avviene in diverse zone d’Italia. Almeno 13 tra medici e specialisti, tra i quali dentista, pediatra, ginecologo, neurologo, infettivologo, psicoterapista, medico di base ed infermieri hanno dato la loro disponibilità”.

A rafforzare la loro convinzione anche le ripetute visite al Poliambulatorio di San Benedetto del Tronto, situato presso la Caritas e coordinato dal dottor Di Biagio. “Una realtà molto ricca e avanzata, con una grande struttura e diversi macchinari, oltre che firmataria di varie convenzioni compresa quella con l’Ipsia locale. Ci hanno detto che alcuni pazienti arrivano da Fermo per richiedere cure mediche, soprattutto dentistiche, e per questo ci hanno spinto a partire”.

Negli ultimi anni della sua attività professionale, Viscione si è approcciata alle problematiche del contesto dove insistevano le scuole. “A San Tommaso c’è sempre stata l’esigenza di un medico che andasse al di là dell’espletamento della professione medica”.

E tra i problemi principali del progetto per l’apertura del poliambulatorio, ha rimarcato, c’è la ricerca di una sede. “Oltre che con il direttore dell’Area Vasta 4 Licio Livini – ha ricordato Gianluca Del Papa – abbiamo fatto una serie di incontri con Don Sebastiano Serafini che subito ci ha dato la sua disponibilità. Ci siamo visti anche con Alessandro Ranieri, coordinatore dell’Ambito Sociale XX, che ci ha garantito una collaborazione. Quindi, quanto prima vorremmo presentare un progetto ben delineato. Nel quartiere ci sarebbe anche un locale all’interno di un edificio la cui realizzazione è prevista all’interno del piano di riqualificazione che interesserà la zona”.

Su un punto i promotori sono stati chiari: nessuna volontà di sostituirsi alla stessa Area Vasta o al medico di base. “Vorremmo essere una voce ed un aiuto in più, perché abbiamo intercettato questo bisogno molto forte. C’è stato anche un incontro con i membri della Casa del Popolo, che avevano pensato ad un progetto simile e con i quali abbiamo ragionato di farne uno condiviso”.

“Noi saremmo già partiti a settembre scorso, ma visto che si stava realizzando la stessa cosa abbiamo deciso di unire le forze – ha aggiunto Cosimo del Faro per conto della Casa del Popolo -. Oltre alla disponibilità della dottoressa Volponi, ci sono anche un giovane psicologo, un’infermiera, un dermatologo e due fisioterapisti. Nel tempo abbiamo notato che la risposta si sarebbe allargata velocemente e da qui l’idea di diventare un punto di riferimento per aiutare gli indigenti a Fermo, dove abbiamo la possibilità di usufruire di uno spazio. Abbiamo avuto confronti con le realtà di Napoli e Barletta, dove su questi aspetti non si sono fatti troppe domande: sono partiti e strada facendo hanno affrontato le varie problematiche”.

Complessivamente, quindi, potrebbero essere 20 i medici e gli specialisti disponibili, che potrebbero operare sul duplice binario Tre Archi-Fermo centro. “Il nostro obiettivo è quello di offrire un servizio a quelli che vengono considerati i dannati della terra – ha affermato Viscione riprendendo la parola -. Ci richiamiamo alla carta costituzionale per l’accesso alle cure e per garantire assistenza gratuita agli immigrati e alle persone emarginate. Per fare questo vogliamo avere rapporti diretti con enti istituzionali ed associazioni impegnate sul piano sanitario e su quello sociale”.

Le fasi: prima la costituzione di un’associazione e del suo comitato esecutivo, compresa la presidenza; poi i locali, con la predisposizione degli arredi essenziali; l’individuazione (già in fase molto avanzata) e l’incontro con medici, infermieri e mediatori volontari; la creazione di una banca dati dei volontari; la pubblicizzazione e l’apertura della struttura; a seguire l’accoglienza per capire l’esigenze di chi si rivolge alla struttura ed una prima presa in carico di conoscenza. “Dovremo incrociare la richiesta dell’utente con la presenza del medico, con eventuale invio ad una struttura sanitaria di riferimento quando necessario. Faremo anche supporto per un orientamento ai servizi ed un accompagnamento per l’ottenimento della tessera STP (Straniero Temporaneamente Presente)”.

Una chiamata al territorio, quindi, per un’associazione che una volta costituita formalmente potrà anche avere la possibilità di partecipare a bandi pubblici. “Come nome abbiamo pensato a Cumba, che viene da una fiaba senegalese di resilienza”.

E nella stessa sede del centro di aggregazione Pass partiranno a breve degli incontri per le donne con ginecologo ed infettivologo. “È quello che il quartiere chiede e quindi dobbiamo tenere i fari accessi” ha sottolineato Del Papa, che ha ribadito come siano 56 le etnie presenti nel quartiere. “Adesso dobbiamo solo iniziare a strutturare e dare forma a questa idea”.

Alessandro Fulimeni, coordinatore dei progetti ex Sprar (oggi Siproimi) ha ripercorso la genesi dell’esperienza. “Prima abbiamo lavorato sull’idea: doveva emergere una forte spinta dal basso, l’unica che ci può consentire di gestire una situazione così delicata. Adesso serve una base di apporto volontario molto robusta. Le difficoltà maggiori le abbiamo riscontrate nell’intrecciare la nostra proposta nei vari passaggi burocratici, ma devo dire che c’è stata una grande risposta da parte dell’Ambito Sociale, che ci ha spiegato come ci sia la possibilità di far sì che tutto questo possa innestarsi in quel piano di riqualificazione delle periferie che riverserà qui tantissime risorse. Una cosa teniamo a precisare: la nostra non vuole essere un’iniziativa privata, ma una pubblica dal basso. C’è una risposta ai bisogni basici per persone italiane e non italiane, come il bisogno di formazione e informazione. Un altro elemento è che questo ci dà possibilità di dare una risposta importante al quartiere, che è stato sempre dimenticato: qui manca un consiglio delle comunità e rimane una parcelizzazione enorme, senza un soggetto collettivo che rappresenti le esigenze dei suoi cittadini”.

Nel frattempo, ha evidenziato, crescono le situazioni di irregolarità. “Penso all’uomo con la roncola che aveva terrorizzato Fermo qualche mese fa e che aveva scatenato un dibattito incredibile ed allucinante. Lui si aggirava qui da tantissimo tempo, ma nessuno se n’è mai fatto mai carico sotto un profilo psicologico o psichiatrico. Poi, ovviamente, si è fatta la gara mediatica per espellerlo. Ma ci sono tantissimi soggetti che rimangono nella totale invisibilità e proprio per questo il poliambulatorio può essere uno spazio per intercettare queste situazioni”.

Nel ribadire come occorra partire (“Se aspettiamo la migliore situazione possibile non lo faremo mai”), Fulimeni ha concluso dicendo come i segnali positivi avuti da tanti professionisti siano una risposta alla barbarie crescente. “Credo che questa esperienza possa essere un formidabile attivatore di energie e vale la pena provare”.

IL PUNTO DELLE ISTITUZIONI

Per Licio Livini, direttore dell’Area Vasta 4, “l’idea è buona”, ma c’è un’oggettiva difficoltà nel mettere questo progetto in un percorso formale. “Il medico che sta lì, che fa la visita e poi la prescrizione dove la fa? – si interroga Livini -. Se la fa su un ricettario bianco dopo diventa tutto a pagamento, e quindi o paga l’utente o qualcuno paga per lui, un aspetto questo che mi sembra complicato di fronte a certe situazioni personali. Se invece è gratis per il sistema sanitario nazionale, deve esserci una forma di regolarizzazione di queste persone, anche provvisoria. In quel caso sarebbe possibile fare la prescrizione con il ricettario rosso. Ma i medici che stanno lì sono medici che lavorano da noi, medici di base, volontari o in pensione fuori dal sistema? Questi sono i nodi da sciogliere. Occorre che chi fa la prescrizione sia dentro il sistema. Poi potremmo anche ragionare, parte pubblica e anche privata, per garantire una serie di esami diagnostici strumentali o visite specialistiche, ma ancora siamo nel campo delle ipotesi”.

Il direttore invita le parti a ragionare, per definire al meglio ogni aspetto di questa progettualità. “Da parte mia c’è disponibilità a mettersi seduti per discutere, come già ho avuto modo di prospettare ai promotori. Tutto, però, deve essere fatto dentro le regole per rispondere alle esigenze sanitarie del quartiere”.

Intanto, il Comune di Fermo sta per approvare una delibera che formalizzerà il rapporto con l’Ambito Sociale XIX in merito al bando delle periferie urbane, come spiega il coordinatore Alessandro Ranieri. “Per il socio sanitario c’è una parte di ambulatorio a Lido Tre Archi: qui infatti volevamo fare un presidio socio sanitario, un progetto che prevede quindi sia una parte strutturale, sia risorse per supportarne l’attività. Inoltre ci sarà un’assistente sociale: stiamo facendo le pratiche per questa figura che sia da interfaccia tra il quartiere e il capoluogo, sempre mantenendo l’aggancio con il servizio sociale professionale”.

Ranieri ribadisce come in un contesto vulnerabile e con equilibri specifici occorra muoversi in maniera ponderata. “Altrimenti si rischia di aprire tante partite, senza però dare le risposte necessarie. L’approccio di questa assistente sociale sarà di prima intercettazione, per poi fare intervenire la rete dei servizi. Attraverso un piccolo fondo, inoltre, daremo supporto ad una prima organizzazione di questo ambulatorio per un periodo di due anni. Vorremmo creare un rapporto pubblico/privato per gestire questa realtà, che farebbe riferimento per la parte sanitaria pubblica. Ovviamente ci sarà un confronto con la parte politica su questo movimento dal basso molto interessante: personalmente le considero azioni veramente importanti e dobbiamo trovare un modello che coniughi le due strategie”.

E il modello Lido Tre Archi che si sta cercando di mettere in campo parte dal presupposto che siano i cittadini ad agire (“Una sorta di privato sociale” evidenzia) ma con il Comune a coordinare e governare la macchina. “Nel protocollo che riguarda il quartiere c’è dentro anche l’Asur Area Vasta 4 ed ecco perché questo ambulatorio potrebbe essere un punto per le prime valutazioni di base, per poi andare ad interagire con la rete dei servizi pubblici, facilitandone il percorso. Ritengo che questo sia importantissimo”.

Sempre sul fronte dei migranti, Ranieri sottolinea come l’Ambito stia lavorando anche su un finanziamento europeo, denominato Fami Wifi (Fondo asilo migrazione e integrazione), insieme a Jesi e altri Ambiti Territoriali, oltre che al progetto Primm (Piano Regionale Integrazione Migranti Marche) con la Regione. “Entrambi prevedono strumenti di supporto per facilitare l’integrazione dei migranti. Abbiamo fatto una sorta di patente, stampata in più lingue, che andremo a presentare e che darà l’opportunità di ricevere notizie e riferimenti certi su quali sportelli e servizi richiedere, dalla parte sociale a quella sanitaria, da quella dell’impiego alla scuola”.


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