di Sandro Renzi
Doveva essere “una boccata d’ossigeno” per gli esercizi commerciali, almeno stando alle parole di molti operatori sangiorgesi. Occasione per dare una spinta a chi si apprestava ad ampliare le attività o addirittura a riaprine una dopo sei mesi di stop. Condizioni vantaggiose quelle previste dal bando comunale approvato a dicembre dall’esecutivo Loira. Due mesi a disposizione per parteciparvi e predisporre le domande. Ebbene, il bando è scaduto a fine febbraio ma nessuno ha colto la palla al balzo. Tradotto: zero domande. E dire che un po’ di movimento c’è stato da Natale in poi. Qualcuno ha aperto, qualcun altro ha rinnovato. Eppure nessuno ha pensato al bando. Le domande sorgono spontanee. Poco pubblicizzato? Poco appetibile? Di certo, per una volta che il Comune, al quale spesso viene rimproverato di non pensare a politiche di sostegno al settore forse più importante della città, si adopera per individuare strumenti sotto forma di sgravi tributari, la cosa passa inosservata tra i commercianti. Ed ecco allora la terza domanda? La “piazza sangiorgese” non è quindi più appetibile per chi vuole investire? La crisi è sotto gli occhi di tutti ed investe in buona sostanza tutta la costa, da nord a sud. Ci si sposta a San Benedetto del Tronto ed anche lì il commercio è in sofferenza. E non deve trarre in inganno il via vai di gente che da un po’ investe la vicina Civitanova Marche, soprattutto nel weekend. Se a goderne sono gli esercizi pubblici (winebar, ristoranti, etc.) e più in generale il food, per il resto le lamentele degli operatori fanno il paio con quelle dei colleghi sangiorgesi.
Il bando peraltro ammetteva diversi settori: artigianato, turismo, servizi destinati alla tutela ambientale, servizi destinati alla fruizione di beni culturali, servizi destinati alla fruizione del tempo libero, commercio al dettaglio, compresa la somministrazione di alimenti e di bevande al pubblico. L’agevolazione consisteva, per sommi capi, nell’erogazione di un contributo nell’anno di riapertura o di ampliamento e per i tre anni successivi. In caso di riapertura, il contributo era pari al 100% dell’Imposta municipale propria, del tributo per i servizi indivisibili, della tassa sui rifiuti versati nell’esercizio precedente alla riapertura stessa nonché nella misura del 50% dei tributi sulla occupazione di suolo pubblico e sull’imposta di pubblicità. In caso di ampliamento il contributo era pari al 50% dell’Imposta municipale propria, del tributo per i servizi indivisibili, della tassa sui rifiuti versati nell’esercizio precedente all’ ampliamento stesso nonché nella misura del 25% dei tributi sulla occupazione di suolo pubblico e sull’imposta di pubblicità. Chissà che non sussistano, a questo punto, i presupposti per una proroga dei termini, visto che tanti chalet, ad esempio, si apprestano ad aprire i battenti.
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