Alessio Terrenzi
“L’emergenza sanitaria continua, come continuiamo ad attendere dalla nostra Regione risposte su tanti fronti”. Il Sindaco, Alessio Terrenzi, non abbassa la guardia e torna a chiedere risposte alla Regione Marche. E va con ordine, punto per punto rendendo partecipi delle sue considerazioni il Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli, il Direttore Area Vasta 4 Licio Livini, il Direttore Asur Regionale Nadia Storti ed il Prefetto di Fermo Vincenza Filippi con una missiva inviata oggi.
Terrenzi che inizia con il primo punto: “COVID 100: Come oramai è noto a tutti, il progetto ricalcava al momento della sua ideazione, ovvero marzo scorso, quanto deciso dalla Regione Lombardia per far fronte all’epidemia che in quel momento metteva a dura prova il sistema sanitario ed in particolare l’insufficienza dei posti in terapia intensiva, indispensabili per la cura dei casi più critici. La nostra Regione, nonostante un numero di casi dieci volte più basso della Lombardia (anche in rapporto al numero degli abitanti) riscontrava il medesimo problema. E’ continuato a scorrere il tempo, e mentre nella nostra Regione oltre la notizia della realizzazione del polo di terapia intensiva nulla più si è saputo (ad oggi non ci sono novità sulla realizzazione reale della struttura ricordiamolo provvisoria), a Milano l’ospedale è entrato in funzione, destando sempre più frequentemente perplessità e pareri tecnici negativi da parte dei medici che sono oramai da mesi in prima linea, ed incominciano ad avere anche un quadro medico della malattia molto più delineato. Si apprende a mezzo stampa che l’ospedale milanese provvisorio alla fiera del Portello avrebbe due grandissimi problemi: l’impossibilità gestionale di un hub di sola terapia intensiva che non può svolgere la sua attività separato dal resto dei servizi e reparti di un normale ospedale. I pazienti in terapia intensiva infatti hanno bisogno di assistenza multidisciplinare continua, con esami e visite specialistiche; la distanza della struttura (posizionata a Milano), dall’epicentro dell’epidemia (nella Brianza). E c’è di più, sempre i medici lombardi pongono un altro interrogativo alla regione: “Non era meglio potenziare ulteriormente i presidi ospedalieri del territorio lombardo investendo questi 21 milioni di euro permanentemente sulla sanità lombarda?”. E’ quando leggo queste dichiarazioni che mi domando: ma per quanto tempo ancora, davanti all’evidenza dei fatti dovremmo ripetete alla nostra Regione di fermare il progetto COVID 100 e riconvertire la raccolta dei 12 milioni di euro per riorganizzare ed ampliare la rete sanitaria sul territorio? Di cos’altro abbiamo bisogno ancora per non commettere il medesimo errore lombardo, producendo inoltre, come se ce ne fosse bisogno, ulteriore sfiducia nei confronti dei nostri concittadini che ci hanno scelto per governarli al meglio?
In merito al piano sanitario dell’Emialia Romagna Terrenzi scrive: “Nel medesimo arco temporale, senza dichiarazioni trionfalistiche, c’è un’altra Regione che, lavorando in una direzione diametralmente opposta realizza, invece, un hub di covid intensive care, ovvero una dotazione aggiuntiva permanente di terapia intensiva, realizzata in rete territoriale nei presidi ospedalieri recuperati tra quelli dismessi in Emilia Romagna, ove sono presenti anche gli altri servizi sanitari necessari a supporto della terapia intensiva, collocati in tutto il territorio regionale. Risulta quindi del tutto evidente che a questo punto dell’emergenza la nostra Regione debba effettuare una scelta inderogabile ed improcrastinabile, tenendo conto delle esperienze e percorsi attivati dalle altre regioni duramente colpite dal virus, che ci permettono di avere una fotografia della situazione se ancora ce ne fosse bisogno. Modello Emilia Romagna o modello Lombardia? E si badi bene, qui non si tratta di propaganda politica, ma di risposte e risultati in termini sanitari sul campo, che oggi si vengono delineando, offrendo la possibilità alla Regione Marche di valutare secondo i risultati che altre regioni hanno raggiunto. La risposta è ovvia, e non perché lo dico da tempo, ma piuttosto perchè ora è sotto gli occhi di tutti”.
Terrenzi conclude: “Vorrei in ultimo nuovamente soffermarmi sulla questione prevenzione e screening di massa: nonostante gli appelli che arrivano dai virologi, anche su questo fronte non mi risulta sia stato attivato nessun percorso virtuoso nel nostro territorio, quantomeno provinciale, ma non solo. Si è aumentato (non considerevolmente) il numero dei tamponi comunque ad oggi ancora insufficiente. Nessuna notizia sul fronte dei test sierologici in vista della fase 2, nella quale invece dovremmo avere chiaro il quadro (in ogni città) dei casi positivi (asintomatici o paucisintomatici) che certamente non si rivolgono ai presidi sanitari e quindi non rientrano nel quadro generale dell’epidemia e di conseguenza delle procedure di isolamento. A tal riguardo, sono certo che se si attivassero procedure di screening di massa, i nostri concittadini sarebbero disponibili a contribuire alla spesa pur di avere un quadro personale e generale della situazione per tornare prima possibile ad una vita normale ed acquisire quella “patente di guida” che permetterebbe loro di tornare almeno a svolgere attività lavorativa. Inoltre, nessuna notizia sul reperimento di mascherine per la popolazione, anche in questo caso credo non sia un problema di acquisto privato per i cittadini, ma piuttosto di reperimento presso le farmacie. Ed ancora, nessuna notizia rispetto alle procedure di isolamento dei positivi dal contesto familiare per evitare di infettarci inconsapevolmente stando a casa. Su quest’ultimo punto avevo appreso finalmente dal governatore Ceriscioli una condivisione del percorso, ma dopo le sue esternazioni nulla è seguito in termini pratici. Scorrono i giorni, le settimane, i mesi e mentre chiediamo sforzi titanici alle persone (sia dal punto di vista psicologico continuando a stare a casa, sia da quello economico provvedendo privatamente al loro sostentamento nonostante il divieto di lavorare), ai sanitari di svolgere turni massacranti per tentare di salvare vite (per inciso anche sul tema mortalità dovremmo aprire una riflessione), alle aziende di resistere senza una prospettiva di ripartenza programmata, continuiamo a non ricevere notizie sulla strategia, sulla programmazione messa in campo dalla Regione. I cittadini vogliono riposte e le chiedono alle istituzioni che sono più vicine a loro, ovvero a noi sindaci ed alle amministrazioni comunali che in questo caso, loro malgrado non avendo funzioni dirette di gestione della sanità, non possono fornirle. Per il rispetto che devo ai miei concittadini in toto, che mi abbiano scelto o meno, io non mi arrendo. Questa è una situazione straordinaria e pericolosa che credo meriti da parte mia, quale istituzione pubblica, questa insistenza nel chiedere e spero ottenere condivisione di percorsi e risposte dalle altre istituzioni preposte”.
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