Il 21 maggio a fianco dei braccianti in sciopero. Sosteniamo ed appoggiamo la mobilitazione nazionale lanciata dal sindacato di base Usb in aperta contrapposizione al provvedimento contenuto nel decreto Rilancio con cui il governo sceglie di regolarizzare temporaneamente le braccia e non le persone”. Così in una nota Alessandro Fortuna, responsabile provinciale organizzazione Prc e Giorgio Raccichini, segretario provinciale Pci in rappresentanza delle rispettive federazioni provinciali.
“Occorre che l’intero mondo sindacale, l’associazionismo realmente antirazzista, quello che resta di una società democratica, non accettino quella che a nostro avviso è una finta regolarizzazione dei lavoratori e lavoratrici migranti che esclude la maggioranza degli aventi diritti. Le criticità principali sono essenzialmente tre: la regolarizzazione è stata riservata solo ad alcuni settori, escludendone altri come ad esempio i lavoratori dell’edilizia, dei supermercati, della ristorazione, della logistica, dell’artigianato, la regolarizzazione è stata riservata a coloro i quali hanno un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019. In questo caso, il provvedimento si muove nel tessuto legislativo dei Decreti Sicurezza, che questo governo non ha avuto il coraggio di cancellare, escludendo di fatto tantissimi lavoratori. E infine il permesso di soggiorno è subordinato al contratto di lavoro, mantenendo il lavoratore sotto ricatto e rendendolo sfruttabile. Sarà il datore di lavoro a decidere le sorti del lavoratore, purché presenti sul territorio nazionale dall’8 marzo 2020, attraverso un’autodenuncia all’Inps o alla questura e pagando 400 euro a domanda.
Se dovessimo attribuire un titolo a questo provvedimento, il più appropriato sarebbe: i profitti prima delle persone.
E’ inaccettabile la motivazione della ministra Bellanova, secondo cui il provvedimento sarebbe un duro colpo al caporalato, perché la domanda che poniamo è la seguente: anche il caporalato è un problema a tempo determinato, visto che la ‘regolarizzazione’ ha validità per sei mesi?
La realtà è ovviamente un’altra: il governo ha deciso di preoccuparsi delle braccia e non della salute delle persone, della verdura che rischia di marcire nei campi e non dei diritti dei lavoratori.
Solo un’opposizione come quella di Salvini può far apparire come progressista una legge che è un arretramento anche nei confronti di passate leggi di regolarizzazione dei flussi varate da governi di centrodestra. Ai più questa potrebbe apparire come la solita storia di migranti; in realtà, questa è una storia di lavoro, è la storia di milioni di lavoratori, italiani e stranieri, i cui diritti sono sotto attacco da decenni.
Il ricatto dei braccianti agricoli è il ricatto di chi ha dovuto accettare l’abolizione dell’art.18, di chi è costretto a vivere di lavoro precario passando da un’agenzia interinale all’altra, delle centinaia di migliaia di false partite iva sfruttate sul posto di lavoro senza alcuna tutela. Riteniamo doveroso schierarci a fianco di chi alza la testa e ci uniamo alla richiesta dei braccianti che chiedono solidarietà ai contadini schiacciati dalla Gdo e ai consumatori: il 21 maggio, non acquistiamo frutta e verdura per dare un segnale a chi governa e ai padroni che non si baratta la dignità dei lavoratori”.
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