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Parapiglia sul lungomare Gramsci,
arrivano carabinieri e polizia
Beato: “Pronto a chiudere e non sono l’unico”

PORTO SAN GIORGIO - Questa notte carabinieri e polizia di Stato sono intervenuti sul lungomare Gramsci, per l'ennesima volta, per sedare gli animi esagitati di una decina di ragazzini. Il titolare dello chalet ristorante Baia Principe pronto a soluzioni drastiche: "Così non si lavora più, non si vive più"

Ancora parapiglia sul lungomare centro di Porto San Giorgio. Nel corso della nottata appena trascorsa, infatti, carabinieri e polizia sono stati chiamati a intervenire, intorno alle 2, sul lungomare Gramsci per presenza di una decina di ragazzi sul punto di darsele di santa ragione, e che all’arrivo delle divise si sono dileguati scappando verso la spiaggia, quella stessa spiaggia dove dalle 23 è vietato l’accesso. Ma un divieto, a sentir parlare i concessionari di spiaggia, che non fa né caldo né freddo ai tanti giovani che, soprattutto nei week end, proprio sulla sabbia decidono di trascorrere la nottata. E molti di loro tra alcol e stupefacenti. Da lì a passare alla conta dei danni, per i concessionari di spiaggia, è un attimo. Sì perché la situazione limite che si vive sulla litoranea sta alzando un muro sempre più alto tra chi in spiaggia ci trascorre la notte e ci gozzoviglia e chi, invece, in spiaggia ci lavora. Un muro fatto anche di momenti di tensione tra nugoli di ragazzini ubriachi e concessionari esasperati ma comunque in prima linea per difendere le loro attrezzature, le loro concessioni balneari. Tra i più inferociti, anzi sarebbe a questo punto meglio dire demoralizzati, estenuati, c’è Ulderico Beato, dello chalet ristorante Baia Principe che oggi più che mai è sul punto di tirare i remi in barca: “Io se continua così, chiudo. Non ce la faccio davvero più. Anche stanotte un’altra rissa. Carabinieri e polizia sono arrivati ma anche loro hanno le mani legate.

Ulderico Beato

Per la piega che sta prendendo la situazione, servirebbero delle pattuglie per tutta la notte, solo sul lungomare sangiorgese. Come si può lavorare con l’ansia perenne di trovare il finimondo nello chalet? Come si può lavorare sapendo che se si va da quei ragazzini per dire loro di allontanarsi dalla spiaggia, dove nemmeno si può stare per ordinanza, si rischia pure di essere aggrediti? Io sono alla frutta, così non si vive più. Chiedo alle istituzioni di aiutarmi, di aiutarci, oppure ci dicano come dobbiamo comportarci per tutelare le nostre concessioni, il nostro lavoro. Io sono stanco di prendere schiaffi da tutte le parti, sto per arrendermi, sto per chiudere. E se ancora non l’ho fatto è perché ho dei dipendenti che vivono dello stipendio. E come me, anche altri colleghi, sono ormai alla frutta”.


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