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ACCADDE OGGI
65 anni fa inaugurato
il nuovo Seminario di Fermo

FERMO - L'8 dicembre 1955 alla presenza delle massime autorità civili, religiose e dei parlamentari De' Cocci e Tupini, fu battezzata la grande e moderna struttura costruita sul Colle Vissiano. Progetto, all'epoca avveniristico, del celebre architetto Giuseppe Breccia Fratadocchi, fermano trapiantato a Roma

 

 

di Paolo Bartolomei

Strana storia quella della nuova struttura che ospita il Seminario di Fermo: pensata sotto l’arcivescovo Castelli, voluta dall’arcivescovo Attuoni e costruita sotto il mandato di Norberto Perini, era attesa da decenni. Fu inaugurata solennemente l’8 dicembre 1955, entrò in funzione con l’anno scolastico 1956/57, ma già dopo pochi anni divenne sovradimensionata a causa della crisi vocazionale.
I seminaristi, dagli oltre quattrocento dei tempi migliori, adesso sono meno di dieci. Anche le due scuole interne (scuola media e liceo ginnasio), aperte agli esterni dagli anni ’70 per farle sopravvivere, alla fine hanno chiuso. Resiste l’Istituto teologico la scuola di formazione teologica. Nella struttura oltre agli uffici, esiste la Casa del Clero anziano con 11 ospiti.

Oggi solo una parte minoritaria della enorme struttura è destinata ad istituzioni educative o religiose; tutto il resto è occupato da uffici pubblici (Giudice di Pace, Direzione provinciale INPS, sindacati etc.) o privati, come anche studi professionali, ditte o scuole private: di fatto un grosso centro direzionale nato spontaneamente.

Resta alla città una struttura che per l’epoca, soprattutto considerando il patrimonio edilizio di Fermo, era gigantesca, modernissima, e costruita con tecniche all’avanguardia. Tutto ciò grazie al genio dell’architetto fermano-romano Giuseppe Breccia Fratadocchi (ex allievo del Seminario di Fermo) e alla esperienza dell’impresa costruttrice che fu fatta venire da Milano grazie all’interessamento del fratello, senatore, dell’arcivescovo di Fermo Norberto Perini. Basti dire che l’edificio presenta una prima forma di dissipatori sismici, che in Italia le norme costruttive hanno reso obbligatori solo più di mezzo secolo dopo.

Il penultimo progetto, rispetto al quale quello definitivo ha  subito modifiche (eliminazione del padiglione frontale e sua sostituzione con il lungo porticato)

CENNI STORICI

Il seminario di Fermo nacque nel 1574 per volere dell’arcivescovo di Fermo, cardinale Felice Peretti (futuro Papa Sisto V), sebbene gli studi teologici fossero già presenti in città sin dal IX secolo.

Dopo essere stato ospitato in diversi edifici nel centro storico, ad inizio Settecento si trasferì nell’ex convento dei Carmelitani (ordine soppresso nel 1658), in quella che sarà per circa trecento anni la sua sede. Verso la fine del Settecento gli arcivescovi cardinali Paracciani e Minucci ampliarono a più riprese gli edifici facendogli assumere l’aspetto attuale (palazzo accanto alla chiesa del Carmine e quello che oggi ospita il Conservatorio musicale). Nel 1857 il Seminario fu visitato da Papa Pio IX e nel 1867 ospitò San Giovanni Bosco.

A fine Ottocento l’arcivescovo cardinale Amilcare Malagola, a causa del crescente numero dei seminaristi, aprì due succursali nell’ex convento di San Domenico, che poi presero il nome dai sacerdoti che le fondarono e diressero, cioè Fontevecchia e Benvenga.
Malagola chiese ed ottenne dalla Santa Sede nel 1880 che l’Istituto Teologico fosse elevato a Facoltà Teologica e inoltre fondò l’Accademia Filosofica di S. Tommaso d’Aquino aggregata a quella romana.

I tre arcivescovi (Castelli, Attuoni e Perini) in diverse maniere coinvolti nella realizzazione del nuovo seminario in un arco di circa mezzo secolo

 

Nonostante le continue espansioni edilizie, restava l’insufficienza delle sedi e la impossibilità di trovare altri edifici liberi. Già durante l’arcivescovado di Carlo Castelli (1906-1933) si iniziò a parlare della necessità di costruire una nuova moderna struttura al di fuori del centro storico.

Quando nel 1933 diventò arcivescovo di Fermo Ercole Attuoni erano state prese in considerazione diverse ipotetiche ubicazioni: prima lo spazio (all’epoca tutto libero) tra il campo sportivo del littorio (appena inaugurato) e Villa Vitali, oppure ancora più lontano dal centro città lungo la strada Castiglionese all’altezza del cimitero, altrimenti il Colle Sant’Andrea e infine il Colle dei Cappuccini.

Fu l’arcivescovo Attuoni che nel 1935 troncò le discussioni e decise che la sede migliore era alle pendici (versante sud) del Colle Vissiano per una serie di motivi: non solo per l’amenità, la luminosità e l’esposizione della sede, ma anche perché quel posto era ricco di memorie sacre.
Il colle prende il nome da Vissia, una martire cristiana decapitata sotto Decio nel III secolo. Sulla sommità del colle, verso l’anno mille, c’era l’Abbazia benedettina di San Savino, di cui fu abate anche il Beato Adamo. Nella seconda metà del Cinquecento troviamo un convento dei Cappuccini con uno Studium generale pari ad una università. Nel 1799 le strutture furono utilizzate come fortezza del primo esercito insorgente al comando del generale Giuseppe De La Hoz.
Più in basso c’è il tempietto (fatto ristrutturare dall’arcivescovo Alessandro Borgia nel Settecento, oggi andato a finire al centro di una rotatoria stradale) che ricorda il martirio di Sant’Alessandro, indicato dalla tradizione come primo vescovo di Fermo, nella prima metà del III secolo.

Il terreno dove sarebbe sorto il nuovo seminario nel 1752 era stato donato dai canonici della Chiesa Metropolitana all’Arcidiocesi di Fermo. Subito dopo l’Unità d’Italia fu espropriato dal nuovo Stato sabaudo, poi dal demanio passò a privati.
Nel 1935 l’Arcidiocesi lo riacquistò dai fratelli Curi di Servigliano; nel 1938, per ampliare l’area su cui doveva sorgere il nuovo seminario, fu acquistato un ulteriore terreno confinante dei fratelli Fedeli.

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e la morte (1941) dell’arcivescovo Attuoni la pratica per la realizzazione del nuovo seminario si fermò.
Quando nel 1947 fu ripresa in mano del nuovo arcivescovo, il milanese Norberto Perini, le difficoltà erano aumentate perché i costi erano più che decuplicati.

Mons. Giuseppe Potentini (rettore del Seminario) e Carlo Perini (senatore, fratello dell’arcivescovo di Fermo): due personaggi di secondo piano che però, in diversi modi, sono stati determinanti per la realizzazione della struttura

Mentre il nuovo presule sembrava scoraggiato, a tenere accesa l’idea e a farne quasi una causa personale fu l’allora rettore del Seminario, Monsignor Giuseppe Potentini, un uomo volitivo, che in maniera quasi ossessiva (così riferisce la stampa dell’epoca) riuscì a convincere Perini a riprendere in mano il progetto perché l’opera poteva essere finanziata con le numerose donazioni private che nel frattempo lui era riuscito a farsi promettere dalle numerose e ricche famiglie nobiliari del Fermano.
A sbloccare l’iter contribuì anche la promessa di un aiuto che l’arcivescovo strappò al fratello, il senatore democristiano Carlo Perini (alto dirigente bancario, membro delle commissioni Finanze, Bilancio, Industria e Commercio al Senato).

In questo modo l’arcivescovo fece ripartire la pratica, confermò la scelta del luogo (Colle Vissiano), approvando tutti i motivi già valutati dal suo predecessore Attuoni, e si pose mano ad un secondo progetto che era quasi uguale a quello del 1938, a cui lavorò Giuseppe Breccia Fratadocchi.
Cinquant’anni, figlio di un notaio di Montefiore dell’Aso e nipote del celebre pittore fermano, conte Giacomo Cordella, Breccia Fratadocchi era stato allievo del Seminario di Fermo a cavallo della prima guerra mondiale. Trasferitosi a Roma, era diventato uno degli architetti più apprezzati in Italia: a lui nel 1948 fu affidata la ricostruzione dell’Abbazia di Montecassino distrutta dai bombardamenti angolamericani, probabilmente il fiore all’occhiello di una carriera prestigiosa e che lo ha reso celebre.

Nel dicembre 1950 prende forma il terzo progetto, e che sarà poi quello definitivo, ormai ben diverso dal primo del 1938 perché rispondente a tutti i nuovi criteri costruttivi, progettuali e soprattutto a tutte le nuove normative edilizie, anzi per qualche profilo anche superandole.

L’architetto Breccia Fratadocchi e il costruttore Guffanti nel cantiere

Nonostante ciò c’era ancora il timore di non riuscire a portare a termine un’opera così complessa: in zona non esistevano imprese e maestranze con la necessaria esperienza.
A venire in soccorso dei fermani ancora una volta il fratello dell’arcivescovo, il senatore Carlo Perini, che coinvolse un’impresa edile lombarda (Guffanti) la quale, per capacità ed esperienza, avrebbe garantito la realizzazione dell’opera in tempi accettabili.
30 dicembre 1951: alla presenza delle massime autorità civili e religiose cittadine e regionali fu posta solennemente la prima pietra. Nel 1952 ulteriore ampliamento dell’area con l’acquisto di terreni confinanti da Enrico Recchioni e da Francesco Ercoli.
Grazie all’impresa edile incaricata e all’impegno di tutti, i lavori furono portati a termine in meno di quattro anni, il Seminario fu inaugurato l’8 dicembre 1955 e cominciò a funzionare dal successivo anno scolastico 1956/57 dotato di biblioteche, un teatro, cucine, palestra, infermeria e due chiese interne e tutti i comfort possibili.

Però a causa della crisi vocazionale che iniziò proprio poco dopo, dagli anni ’60 si chiusero i seminari maggiori delle Marche; rimasero il seminario regionale di Fano (poi trasferito ad Ancona presso il “Buon Pastore”) e quello diocesano di Fermo che resistette con un proprio statuto grazie alla presenza dell’Istituto Teologico Marchigiano (affiliato alla Pontificia Università Lateranense fin dal 1969, parificato ad una vera e propria università), ad un Istituto Superiore di Scienze Religiose, alla scuola media, al Liceo Ginnasio e al Collegio Fontevecchia.

Per contrastare il fenomeno, come era stato fatto per la scuola media interna pochi anni prima, grazie all’interessamento dell’arcivescovo Perini, nel 1968 anche il liceo-ginnasio ottenne riconoscimento legale (completo dall’anno scolastico ’70/’71) in modo tale da concedere ai seminaristi che si maturavano in quella scuola la possibilità di iscriversi in università statali se non avessero voluto proseguire con la facoltà interna di teologia e la carriera ecclesiastica.
Subito dopo il liceo-ginnasio fu intitolato a papa Paolo VI, sia per il suo interessamento al mondo della scuola e della cultura, sia in omaggio della visita che il cardinale Montini fece una decina di anni prima al Seminario fermano, appena inaugurato, quando era arcivescovo di Milano.

Nonostante ciò la scuola rischiava egualmente di morire, e allora a partire dall’anno 1975/76 il nuovo arcivescovo Cleto Bellucci, nonostante numerose contrarietà interne, anche nello stesso ambiente presbiteriale, decise di aprire agli esterni il Liceo-Ginnasio “Paolo VI”, fino all’anno prima frequentabile solo dai seminaristi. Ciò ha reso possibile prolungare la vita del secondo ginnasio-liceo fermano che ha resistito fino al 2008, quando è stato costretto ad arrendersi al mutamento dei tempi.
Anche la scuola media dagli anni ’70 fu aperta agli esterni, diventata la “quarta scuola media” comunale, poi dedicata a Giuseppe Ungaretti; però dai primi anni ’90 per la diminuzione delle iscrizioni è stata chiusa e accorpata con la media Leonardo Da Vinci.

Ringraziamenti.
Il periodico “La Voce delle Marche” qui riprodotto è conservato nel Fondo antico della Biblioteca comunale Romolo Spezioli di Fermo, la cui Direzione ringraziamo per averlo gentilmente messo a disposizione per la riproduzione e pubblicazione.

 

 

30 dicembre 1951, posa della prima pietra vicino ad una casa colonica che dovrà essere demolita

 

 

 

Il cantiere visto dal Colle Vissiano: il nuovo Seminario prende forma dal padiglione ovest (dove oggi c’è il Giudice di Pace)

 

Bozzetto definitivo, corrispondente a come è stato costruito l’edificio

 

Visuale dal centro di Fermo negli anni ’50

 

Cortile interno oggi e sullo sfondo il centro storico di Fermo

 

Il porticato


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