di Andrea Braconi
Il “fuori onda” di Fania Petrocchi – per utilizzare un gergo caro alla produttrice di serie e mini serie internazionali per Rai Fiction – è una piacevole concatenazione di ricordi. Memorie di una donna che, nonostante il radicamento ultra trentennale a Roma, non ha mai perso le radici con la propria terra.
Il Fermano, la sua Fermo, gli anni del Liceo Annibal Caro, una mamma ancora residente a Porto San Giorgio. E nonostante i suoi lavori vadano in onda da più di 20 anni essenzialmente su Rai Uno, ha sempre tenuto i piedi ben saldi a terra e il cuore ancorato alle origini, a quei legami indissolubili che ne hanno forgiato carattere e ambizioni. Fino a proiettarla nel mondo, grazie a coproduzioni internazionali di grande spessore, come tutta la saga sul Rinascimento italiano, da Cosimo il Vecchio a Lorenzo il Magnifico, arrivando alla biografia di Leonardo, acquistata anche da Netflix, che andrà in onda a breve.
Ma c’è un traguardo, l’ennesimo, che è pronta a raggiungere: l’anteprima mondiale, lunedì 25 gennaio in prima serata su Rai Uno, della serie poliziesca “Il Commissario Ricciardi”, diretta da Alessandro d’Alatri e con protagonista Lino Guanciale. “Per la Rai ho seguito questa produzione interpretata da una star televisiva italiana che stiamo lanciando sul mercato internazionale, che per la prima volta si cimenta in un ruolo molto profondo, quello di un personaggio che ha un segreto. La serie è diretta da un regista che viene dal cinema ed è ambientata a Napoli nel 1931, quando il Fascismo avevo il suo più ampio momento di consenso e fulgore”.
Qual è la caratteristica di questo poliziesco?
“Non tanto che sia in costume, ambientato in quell’epoca, ma il fatto che il nostro Commissario abbia un dono che tiene segreto a tutti: riesce infatti a sentire e vedere il fantasma delle persone morte di morte violenta, quando va sulla scena del crimine la prima cosa che sente è l’ultimo pensiero della persona uccisa. E questo gli procura da un lato una grande sofferenza e un grande dolore, ma dall’altro un elemento di mistero che è la grande novità di questi polizieschi, tratti dalla collana di Maurizio De Giovanni edita da Einaudi, che vende moltissimo in Italia e che è stata tradotta in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti, la patria dei thriller. Nel caso della nostra serie, abbiamo un poliziesco ma anche un mistery: non sempre l’ultimo pensiero del morto è un indizio, a volte è anche qualcosa che confonde il Commissario, che convive con questa maledizione che però è anche un dono e decide di fare il poliziotto per cercare di sanare questo dolore che sente. Quindi, è un’idea talmente originale che gli americani si sono comprati i romanzi e noi stiamo cercando di lanciare questa serie per venderla in tutto il mondo, come sarà adesso con Leonardo Da Vinci.”
Questa sua riflessione è lo spunto per chiederle come è cambiato il mercato televisivo italiano e il fatto che alcune serie suscitino forte attrazione in mercati stranieri. Siamo di fronte ad un’inversione di tendenza, rispetto a quell’inondazione di produzioni estere che abbiamo visto in questi ultimi decenni?
“Da un lato siamo inondati, soprattutto per la diffusione di piattaforme che si sono moltiplicate: questo ha provocato nella Rai una reazione e quindi abbiamo cercato di produrre grandi serie da poter vendere sul nostro mercato ma anche su quello internazionale. Il secondo motivo più che un’inversione di tendenza, considerata che la forza del prodotto italiano è sempre minore rispetto a quello realizzato in inglese, è che abbiamo cercato di portare i nostri prodotti all’estero e ci riusciamo: basti pensare a ‘L’Amica Geniale’, venduta negli Usa e trasmessa in lingua originale sottotitolata; abbiamo venduto in tutta Europa ‘Rocco Schiavone’ con Marco Giallini, al quale ancora lavoro, andato in onda addirittura in prima serata in lingua originale in Germania, il mercato europeo che produce più polizieschi. È stata una grande soddisfazione per tutti noi, arrivando addirittura ad una coproduzione con gli stessi tedeschi per la seconda stagione. Insomma, per reagire dobbiamo cercare storie e prodotti che possano interessare anche il mercato internazionale. Se parliamo di Rinascimento è perché in tanti vengono a visitarlo in Italia: da noi nelle Marche c’è Piero della Francesca, c’è Raffaello, cose che ci fanno conoscere in tutto il mondo. Dall’altro lato c’è un’idea originale come il Commissario Ricciardi. Come Rai ci stiamo provando, è difficile ma continuiamo a farlo.”
Le sue Marche, appunto. Cosa c’è da raccontare di questa terra?
“Intanto ricordo che l’ultimo grande successo del cinema di qualità italiano è stato ‘Il giovane favoloso’ su Giacomo Leopardi, diretto da Mario Martone e prodotto da Rai Cinema. Ovviamente non abbiamo per ogni borgo marchigiano un Giacomo Leopardi, ma quello che può essere il plus dal punto di vista audiovisivo del territorio marchigiano sono i paesaggi, sono i borghi. Penso al fatto che ci siano delle storie ambientate in Medioevi fantascientifici, come ‘Il Trono di Spade’: perché non pensare di valorizzarle, anche facendo storie al presente ma che si richiamino alla Sibilla, a cose misteriose e curiose che i nostri territori hanno? Le storie ci sono, si tratta di trovare la sinergia tra chi le scrive, chi le produce e chi va nei territori a cercare sostegno concreto, sia esso economico, produttivo ed organizzativo. Abbiamo paesaggi meravigliosi, borghi splendidi ancora non pienamente valorizzati, in particolare nei territori del Fermano, dell’Ascolano e del Maceratese, prima colpiti dal terremoto e poi dal Covid. Ma paradossalmente l’attrazione viene prima delle storie, che poi adatti al presente o al passato. Basta vedere cosa è accaduto in Puglia, compresa la zona di Taranto dove abbiamo girato parte de ‘Il Commissario Ricciardi’. Se però manca la capacità di attrarre le produzioni, società ed emittenti non hanno convenienza ad investire. Invece, qui nelle Marche ci sarebbe tanto da fare, creando strumenti concreti di promozione, incentivi, investimenti ad hoc.”
Da questo punto di vista, le risorse legate al Recovery Plan potrebbe rivelarsi utili per riattivare un settore culturale cruciale come la produzione televisiva e cinematografica?
“Occorre fare sinergia, creare strumenti che siano di collegamento con il mondo della produzione che sta principalmente a Roma e Milano. Sono cose che sicuramente chi è istituzionalmente deputato farà, ma le relazioni vanno costruite investendo risorse. Qui ci sono grandi potenzialità, occorre implementare quanto già fatto.”
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