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«Variante inglese anche a Civitanova
Da valutare le microzonazioni rosse»

IL PUNTO di Stefano Menzo, direttore di Virologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, su questo ceppo del Covid: «In regione c’è molta differenza tra il nord e il sud dove è quasi assente. Molti nell’Anconetano e nel Maceratese».

 

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Il professor Stefano Menzo

 

di Francesca Marsili 

Giusto il tempo di aver messo piede in zona gialla che un nuovo timore torna ad innalzare la soglia di attenzione. Si chiama B1.1.7. ed la cosiddetta variante inglese del Covid-19 – attualmente sotto indagine – che negli ultimi giorni è stata rilevata in oltre la metà dei tamponi processati dal laboratorio di Virologia dell’Ospedale Torrette. «La variante inglese è sicuramente più contagiosa, ma non più patogena – spiega Stefano Menzo, direttore di Virologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona – in regione c’è molta differenza tra le Marche centrali dove è diffusa e il nord e il sud dove è quasi assente. Molti nell’Anconetano, a Castefidardo, e nel Maceratese dove oltre ai casi di Tolentino e Pollenza se ne evidenziano diversi a Civitanova. La microzonazione rossa come sta avvenendo in Umbria
potrebbe essere un’opzione da prendere in considerazione per evitarne la diffusione».

Per valutare la prevalenza delle variante inglese in Italia anche la regione Marche ha dato il via ad un’analisi per stabilire una prima mappatura del grado di diffusione coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità. Nella circolare diffusa dal ministero della Salute viene indicato che l’obiettivo è identificare, tra i campioni con risultato positivo per Sars CoV-2 possibili casi di infezione con la variante, e fornire i dati di prevalenza per eventuali misure. L’indagine rapida è già in corso e sta interessando i campioni raccolti nei primi giorni di febbraio e alla Regione Marche spetta il compito di indicare la prevalenza dei casi positivi con variante rispetto al totale. «Il test di sequenziamento per rilevare la variante inglese è relativamente indaginoso, costoso e richiede più personale quindi non applicabile su grandi numeri – puntualizza il prof Menzo – per andare incontro all’attuale esigenza abbiamo messo a punto un test di screening molecolare di genotipizzazione che in poche parole rende il risultato disponibile qualche ora – spiega – Qualora questo evidenziasse la presenza della variante si procede per la conferma con un esame di secondo livello basato sul sequenziamento del genoma virale che richiede alcuni giorni per l’esito». Sebbene la variante scoperta in Inghilterra sembri essere più trasmissibile (ma non più patogena: al momento infatti non ci sono prove che sia capace di provocare maggiori danni all’organismo), l’attenzione del mondo scientifico è rivolta anche all’efficacia dei vaccini proprio sulle varianti.«Mentre prima eravamo sicuri dell’efficacia ora è possibile che i vaccini attuali possano avere minore successo–sottolinea il virologo – se tutti si vaccinassero potremmo sperare in un’eradicazione del virus ma sappiamo che molto probabilmente non avverrà. Andremo avanti per anni con la necessità di vaccinarci e le case farmaceutiche stanno già preparando vaccini multivarianti». Intercettare le varianti del coronavirus in circolazione e bloccarle prima che dilaghino rendendo la situazione ancora più grave è quindi la nuova sfida che ci troviamo ad affrontare nella lotta alla pandemia. «Se abbiamo paura delle varianti dovremmo fare il possibile per limitarne la diffusione, ma gli strumenti – conclude Menzo – sono purtroppo ancora sempre gli stessi, tra cui anche il comportamento responsabile di ciascuno».


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