di Nunzia Eleuteri
“Tra i pochi giochi che si posson fare quando la certa età bussa alle porte, mi sono scelto questo e, per giocare, scrivo d’amor e dell’umana sorte.”.
E’ il prologo di “Ve lo dico in rima” di Luigi Trasatti, classe 1951, fermano residente a Monte Urano, stimato fotografo e grafico pubblicitario di successo ora in pensione.
Avrei voluto presentare il suo corposo curriculum attraverso le mie parole ma nessuna sarebbe stata all’altezza delle sue che riporterò quindi in calce. Luigi, persona di una grande profondità, ha catturato la mia attenzione anni fa quando, per lavoro, grazie alla grande famiglia di “Tipicità”, ho avuto la fortuna di incontrarlo e, per caso, mi sono capitate tra le mani le sue rime (oggi impresse in ben quattro quaderni). Gli argomenti, i più disparati, erano la rappresentazione di una realtà così ben descritta che non poteva non far riflettere. “Dovresti farne una raccolta in modo che possano diventare un patrimonio per tutti”, gli dissi, ignara che lo stesse già facendo. Così, per anni, tra mille impegni che la quotidianità ci presenta, Luigi Trasatti ha avuto il buon cuore di mandarmi ogni tanto le sue rime via mail che hanno rappresentato per me momenti di pausa dal vortice della routine aprendo lo spazio a volte alla riflessione altre ai ricordi altre ancora al sorriso. Perché le rime di Luigi spaziano dal serio al faceto, dalla lingua italiana al nostro dialetto e spesso, non si può che sorriderne perché, come dice lui, vogliono essere un gioco.
Silvia Remoli a Radio Fm1
E allora ecco nata l’idea di musicare le rime e farne una trasmissione radiofonica in cui la riflessione o il confronto con il passato o lo sguardo verso il futuro possano essere semplicemente una “chiacchierata”. E chi meglio di Silvia Remoli poteva sposare questa idea? Avvocato, giornalista, speaker di Radio Fermo Uno, mamma impegnata anche in politica, la “multitasking” Silvia ha accolto con entusiasmo la proposta di accompagnare Luigi Trasatti nella “Chiacchierata” con i vari ospiti che si susseguiranno negli studi della storica emittente locale di Fermo in Corso Cefalonia, tutti i venerdì, a partire dal prossimo, dalle 19 alle 20 (in replica il mercoledì mattina alle 8:00).
Nella puntata zero del 26 marzo, ascolteremo due rime: “‘Ntunì” e “Il libero volar”; la prima sarà un omaggio a ‘Ntunì de Tavarrò (personaggio a cui Luigi Trasatti, giovanissimo, deve il suo percorso di poeta/scrittore) mentre la seconda rima sarà la presentazione del programma.
Nelle puntate successive “La Chiacchierata” sarà sull’Europa, poi sulla scienza e sulla fede, sulla politica, la pubblicità, la comunicazione, la filosofia e tanto altro ancora. Argomenti seri ma trattati attraverso quelle rime musicate, a volte dialettali, che rendono tutto più leggero.
E così, iniziando questo articolo con le parole di Luigi Trasatti, non posso che concluderlo con un invito ai lettori e radioascoltatori, rubando di nuovo le sue parole e facendole mie: “Chiacchieriamo insieme, ve lo diciamo in rima”.
Diretta radio sulle frequenze FM di Radio FM1:
– 101.0 da Fermo e dintorni, Macerata e dintorni, Amandola ed entroterra Fermano;
– 93.8 dalla costa fermana e maceratese;
– 88.9 da Petritoli e valle dell’Aso;
o in streaming scaricando l’APP di RadioFM1 e dal sito www.radiofm1.it
Luigi Trasatti
CURRICULUM di Luigi Trasatti tratto da “Ve lo dico in rima”
Tra i pochi giochi che si posson fare quando la certa età bussa alle porte, mi sono scelto questo e, per giocare, scrivo d’amor e dell’umana sorte.
Luigi Trasatti – Classe 1951 Fotografo e grafico pubblicitario fermano (ora in pensione) residente a Monte Urano. Sessantottino DOC (uno di quelli che nel 1968 occuparono l’ITI di Fermo senza sapere cosa stessero facendo), è stato emigrante per imparare lingue e conoscere l’Europa. Un Erasmus ante litteram. Sfuggito al destino che lo voleva produttore di tortellini, tagliatelle, gnocchi e olive ascolane ripiene nell’azienda di famiglia, ha cercato caparbiamente di sopravvivere seguendo le sue passioni: la Grafica e la Fotografia. Porta con sé il rammarico di non essere mai riuscito, nonostante i numerosi tentativi, a far capire alla madre in che cosa consistesse il suo mestiere. Alla domanda “Cosa farai quando andrai in pensione?”, ha risposto: “Continuerò a giocare come ho sempre fatto”.
PROLOGO
È vero, il mio stile naturale nell’approcciarmi al mondo ha sempre rivelato una decisa propensione ludica. Era la dannazione di mio padre quando voleva che lo aiutassi. Non c’era verso, qualsiasi attrezzo avessi in mano riuscivo sempre a trovare il modo di giocarci invece di utilizzarlo per quello che mi aveva ordinato di farci. E lo facevo fischiando sempre qualche motivetto. Anche questo mio vezzo era veleno per i nervi di Pippo (Io lo chiamavo babbo, ma gli altri lo chiamavano così), e forse, in quei momenti, rimpiangeva che a fischiare era stato lui ad insegnarmelo.
Si, il fischio è l’altra cosa di cui vado molto fiero e che mi ha sempre caratterizzato. Mia madre, quando non mi chiamava Luigino, mi chiamava “Fischietto”. Anche mio fratello ha sviluppato grandi doti di fischiatore e (incredibile!) a otto mesi, grazie al DNA e al mio metodo di insegnamento, mio nipote Raphael fischiava! Credo sia un record mondiale. Adesso, ha quasi 5 anni, ed è già un gran maestro di fischio.
Era dunque inevitabile che a un certo punto cominciassi a giocare anche con le parole. Beh, non lo feci tanto presto, prima mi sono divertito con le note musicali. Erano gli anni dei Beatles, dei capelli lunghi e delle chitarre elettriche. Non mi sono fatto mancare nulla. Anche colori e pennelli ogni tanto mi facevano l’occhiolino, ma a quel tempo, anche correndo non le arrivavo tutte, così ho lasciato incompiute alcune opere che, in quanto a contenuto artistico, ne avevano meno del bidone dove un giorno pietosamente le ho deposte.
Non avevo ancora vent’anni quando avvenne l’incontro fatidico.
Suonavo il basso in un complessino, ci chiamavamo “Le Aquile”. Suonavamo spesso durante le feste di paese. Giancarlo, il nostro manager, non dormiva la notte per cercare di farci suonare il più possibile (aveva firmato lui le cambiali per comprare tutti gli strumenti). Ebbe l’idea di arricchire lo spettacolo con l’esibizione di un poeta dialettale di nome ‘Ntunì de Tavarrò, al secolo, Antonio Angelelli.
Fu un successone. Troppo forte! E per me fu il colpo di fulmine.
Cominciai a tribolare come un cane per riuscire a scrivere degli endecasillabi in rima che avessero anche un significato, ma nonostante i fallimenti, grazie alle dritte de ‘Ntunì (“La puisia non te la fa la rima, ma è la storia che c’hai su la testa…”) e forse anche alla mia testardaggine, non mi sono arreso e non ho smesso mai di giocare con le parole e le rime.
Questo gioco è stato il fil rouge della mia vita.
Mi accorsi presto che quando mi veniva qualche idea di quelle buone, dovevo scriverla in qualche parte altrimenti volatilizzava e mai più si sarebbe ripresentata uguale. Così, specialmente durante il periodo militare, mi ritrovai pieno di foglietti di ogni tipo che riempivo quando potevo durante i noiosi corsi alla Cecchignola, le interminabili guardie al Quirinale e il lungo esilio a Portogruaro. In Germania, era il 1974, in un magazzino di Bochum, comprai un raccoglitore che faceva al caso mio. Ce l’ho ancora, ma i foglietti e le pagine con gli appunti sono anch’essi finiti nel solito bidone, però questa volta ero armato di un magnifico tablet dove avevo copiato e messo in ordine ogni parola.
L’avvento dei computer, per il mio “vizio” di giocare, è stato una manna. Nelle province di Ascoli e Macerata (Fermo non era ancora provincia), fui il primo a comprare un Macintosh per far diventare il mio mestiere più divertente. Avevo scelto di fare il fotografo pubblicitario e, per necessità di mercato, anche il grafico. Quello che ho trovato meraviglioso, credo però di non averlo mai dato a vedere, era che mi pagavano pure per i miei bozzetti e le mie foto.
Insomma, è andata bene. Famiglia, figli, amici, la musica, la fotografia, la pittura, i libri, il tempo per leggerli…
Spesso mi viene da pensare che se potessi ricominciare la vita da capo, avrei paura di non rifare la stessa strada. Pensate, non mi lamento neanche dei sette anni e sette mesi di ritardo della pensione, e pur se la Fornero e company mi stanno tanto sui coglioni, credo che, in questo mondo, di questi tempi, poteva andar peggio… molto peggio!
Dunque, dicevo? Ah, i foglietti. Sì, è proprio vero la tecnologia può far miracoli. Sono sicuro che sarebbero rimasti nel raccoglitore fino alla fine dei miei giorni e, quindi, dei loro. Invece avere tutti quegli appunti in ordine e on line, poterli scorrere velocemente, limarli, riunirli, integrarli e chiuderli in racconti compiuti, mi ha incoraggiato ad andare avanti, anzi, dopo la stampa della prima raccolta di più di una ventina di velenosi lamenti in rima dal titolo, appunto, “Veleno”, pensavo che il gioco fosse finito, invece, potenziato dalla tecnologia, ci ho preso un gran gusto e, infatti, eccomi qua a presentarvi il mio quarto quaderno con altri ventuno titoli di miei racconti e riflessioni in rima. Voi chiamateli come volete, ma io non me la sento di dir che sono poesie, e poi, racconto in rima è più moderno, non trovate? Forse è anche una novità.
Se ho un’ambizione caso mai, è quella di sentire le mie rime recitate come si deve, perché mi sono accorto che con la lettura cantilenosa, che di solito si riserva alle composizioni in rima, perdono molto di significato. Già si dice che una grande poesia può morire se non è ben recitata, figuratevi le mie divagazioni. Beh, rileggendo, credo di essermi dilungato un po’ troppo, ma mi è piaciuto.
Buona lettura e, mi raccomando, se non sapete recitare, leggete piano piano.
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