E’ uscito a marzo, edito da Manni, “Pietro il patrigiano sardo”, ultima fatica letteraria di Antonietta Langiu. L’autrice, nata a Berchidda, da molti anni vive a Sant’Elpidio a Mare, ma il legame con la sua Sardegna è sempre rimasto solido e torna con frequenza nei suoi lavori, dall’esordio letterario, con Sa Contra, fino all’ultimo lavoro del 2017, Tessiture di donne. Stavolta, la scrittrice ha scelto di raccontare una “piccola storia” dentro quella più grande e tragica dell’Italia durante il secondo conflitto mondiale.
Il protagonista del romanzo è un giovane sardo, Pietro, che dopo alcune esperienze da pastore e da tagliapietre si arruola, appena maggiorenne, per la guerra nel 1940. Un uomo semplice, ma volitivo e determinato. Le azioni militari in Albania, poi il ritorno nella sua isola, un matrimonio frettoloso prima di tornare al fronte, vivere la caduta del fascismo, partecipare per un breve periodo alla resistenza, l’arresto, la detenzione e il lavoro in un campo di concentramento in Baviera.
E’ qui, nella Germania nazista che si avvicina alla capitolazione, sotto gli incessanti bombardamenti alleati, che il romanzo assume una piega insolita. Passa in secondo piano l’orrore della guerra, prevale il racconto, umano e delicato, di Pietro, dell’amicizia che si consolida di giorno in giorno con Hans, il capo di una fabbrica in cui lavora e che lo accoglie in casa. Il sentimento che lo lega ad una giovane tedesca, perchè “bisogna conservare un piccolo spazio per la pietà e l’amore”. Poi, a guerra finita, il ritorno verso la terra natia, una vita ed una famiglia da costruire.
Di quell’esperienza nella terra bavarese rimarrà un segreto che il protagonista custodirà fino agli ultimi giorni, confessando alla figlia, su letto di morte: “Ho lasciato lontano qualcosa di incompiuto”. Proprio da quella ricerca nasce il libro di Antonietta Langiu, che con maestria, ripercorrendo le avventure del partigiano sardo, riesce ad incastonare una piccola grande storia dentro la tragedia del conflitto mondiale.
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