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Comotto saluta la Fermana: “Sei importanti stagioni di calcio, e non solo…”

SERIE C - Dopo oltre un lustro si chiude il rapporto tra l'ormai ex capitano ed il sodalizio canarino. Il racconto della lunga esperienza all'ombra del Girfalco nelle parole dell'interessato. "Ricordi indelebili legati alla vittoria del campionato di D, con apice rappresentato dal primato in C dopo il successo sul Pordenone. Vecchiola? Dopo un infortunio si precipitò al pronto soccorso per chiedere delle mie condizioni, per un legame con la società, ed i suoi tesserati, andato oltre l'aspetto sportivo"

Una conferenza stampa dell’ormai ex capitano Marco Comotto

FERMO – Marco Comotto & Fermana Football Club, un rapporto durato sei anni ora giunto all’epilogo.

Lo rende noto la stessa società gialloblù, che tramite un comunicato ufficiale, carico delle sentite parole dell’ormai ex capitano e pilastro della sua difesa, ripercorre il binomio andato oltre il lustro temporaneo che ha lasciato in Comotto sensazioni e vissuti andati ben oltre la semplice sfera calcistica.

Sono state stagioni belle e intense. Sono arrivato a Fermo al terzo anno di Serie D anche se potevo esserci già qualche mese prima: a gennaio ero stato ad un passo dal gialloblù, ero a Recanati, ma non si concretizzò il passaggio. I risultati ottenuti sono stati fantastici. Penso ai playoff il primo anno con la semifinale a Fano, il secondo anno il trionfo in D, al termine di una cavalcata pazzesca, e una festa finale che ancora mi mette i brividi solo a ripensarci. Poi quattro salvezze in C, con tanto di risultati importanti e quella qualificazione ai playoff che resta nella mente di tutti. Dopo un’intera carriera nei dilettanti, disputare oltre i trent’anni quattro anni in C è stata una grande soddisfazione anche a livello personale”, ha dichiarato Comotto.

“Oltre alla vittoria del campionato di D, credo che il momento in cui abbiamo raggiunto realmente l’apice sia stato con il successo di Pordenone che ci portò in vetta alla classifica. Eravamo entrambe li in altro e quella vittoria ci fece toccare il punto più in alto in assoluto: ricordo bene che ad inizio anno i pronostici ci davano come squadra destinata a retrocedere. Quella fu una battaglia in tutti i sensi e ne so qualcosa (naso rotto, ndr) sinceramente. Si tratta di un gran ricordo come il playoff con il Monza ad esempio, ma la gara di Pordenone è stata qualcosa di incredibile”.

“Sapevamo che per fare risultato avremmo dovuto dare il 120% ogni volta – le esternazioni nel merito del gruppo della C -. Fisicamente eravamo sempre sul pezzo e non mollavamo mai, in ogni momento. Per batterci gli avversari si dovevano superare. Non solo Pordenone ma abbiamo fatto risultati contro tante big: ricordo contro la Triestina ma anche Vicenza e molte altre ancora, come a Padova dove la squadra disputò un match impressionante”, Comotto prosegue ripercorrendo tappe di vita vissuta sul fronte umano, per un rapporto con i membri della società che è andato ben oltre il calcio.

La premiazione per le 100 presenze in gialloblù

“Non poso che ringraziare tutti perché mi hanno dato tantissimo. Con il patron Maurizio Vecchiola e con Fabio Massimo Conti sono stati addirittura otto anni insieme, considerando l’esperienza vincente di Montegranaro. Si è creato un legame familiare, ci sentiamo spesso anche al di la del calcio. Fabio Massimo Conti è un amico con cui ci confrontiamo anche al di là del calcio. Con Vecchiola il rapporto è speciale. Ricordo un episodio: in un match casalingo nel primo tempo presi un colpo alla milza e fui portato in ospedale, al pronto soccorso per accertamenti. Ricordo il patron che entrò in ospedale di corsa molto agitato e gridava perché voleva sapere le mie condizioni e se stavo bene. Un rapporto bello e intenso: quell’episodio lo ricordo benissimo”.

Comotto in campo, nel settembre del 2016, per il derby disputato in casa della Civitanovese

“I tifosi? Mi hanno voluto bene, e il confronto c’è sempre stato chiaro e diretto. E penso che sia nato da un momento difficile come una sconfitta ad Agnone, io andai a parlare con loro da capitano a fine gara. Da li è nato un rapporto intenso e la stima tra le parti c’è sempre stata. Ricordo la gara Fermana–Teramo: sette giorni prima mi ero rotto il naso a Pordenone, in quella gara che raccontavo prima. Ero indisponibile e attraversai il campo prima della gara per raggiungere la tribuna: tutto lo stadio mi applaudì e quella sensazione a pelle fu incredibile, mi commossi. Questo mi fa capire che un buon lavoro è stato fatto nel corso degli anni”.

“Ci ho ragionato molto, dopo quanto mi è accaduto ad ottobre con l’infortunio all’anca che mi ha tenuto lontano dai campi per tutta la stagione. Ho ancora voglia di giocare perché ho ancora fame – il pensiero rivolto al futuro -. Dopo una media di 30 gare all’anno per una vita non volevo chiudere con un infortunio. A parte il problema all’anca avuto, ho visto che ho ancora forza e mi va di continuare. Sono realista e vorrei unire il calcio ad un percorso che pensa anche al domani perché gli anni sono tanti e dunque bisogna guardare al futuro. Ora una breve vacanza e poi deciderò con calma il da farsi. Ovviamente, quando ci sarà modo sarò presente allo stadio perché non puoi non fare il tifo per qualcosa che consideri casa tua e che ti è entrata dentro, dopo tanti anni. Un grazie finale alla società come già detto, compresa quella squadra invisibile che non scende in campo ma è un ingranaggio fondamentale. Un saluto grande ai tifosi con i quali il rapporto è sempre stato diretto e ai quali dirò sempre grazie perché noi non siamo mai stati soli”.


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