di Andrea Braconi
“Una stanza tutta per sé” è uno spazio dedicato all’ascolto delle persone fragili, vittime di violenza o altri reati. Una stanza riservata, rispetto agli uffici del Comando Provinciale dei Carabinieri. Perché i cosiddetti soggetti vulnerabili, come ha sottolineato il comandante Antonio Marinucci, hanno la necessità di essere ascoltati in un ambiente diverso. E lo spazio all’interno della caserma di Fermo è uno dei 91 in Italia con questa specificità. “Si tratta di una struttura di cui andiamo veramente fieri, utilizzata quando ci sono situazioni di ascolto protetto” ha aggiunto lo stesso Marinucci, prima di introdurre Giovanna Paci, presidente Soroptimist International Club di Fermo, associazione molto attiva nel contrasto alla violenza di genere che ha deciso di donare un ulteriore strumentazione per arricchire la stanza e consentire all’Arma una migliore interfaccia con vittime. “Questo non è un semplice computer – ha spiegato il colonnello – ma è funzionale alle esigenze di ascolto delle vittime. Arricchirà il nostro patrimonio da un punto di vista strumentale per migliorare l’esistenza di bambini, donne e anziani vittime di violenza domestica. È un ulteriore passaggio nell’ottica di un progetto iniziato già nel 2012 con un protocollo d’intesa con il Ministero delle Pari Opportunità e la creazione di un reparto analisi criminale con personale specializzato che si occupa dell’ascolto delle vittime, come accaduto anche nel caso della bambina di Servigliano”.
Ogni Comando Provinciale, ha ricordato Marinucci, ha personale specializzato di primo livello che segue corsi per approcciare diversamente le vittime, con l’Arma che predispone determinati corsi di formazione e di aggiornamento periodico. “Qui a Fermo abbiamo 2 persone formate, perché è importante garantire una presenza per migliorare questo settore che affligge la nostra società”.
La presidente Paci ha voluto ringraziare carabinieri, istituzioni e socie del club per un progetto che che si abbina con uno dei loro pilastri e che va in continuità con l’allestimento della stanza datato 2017. “Questo kit diventa una stanza a parte, che consente la ripresa di qualunque situazione, buio compreso. È altamente sensibile alle registrazioni dei rumori e ha un sistema di collegamento in remoto, sia tramite pc che app. Insomma, una strumentazione sofistica e di altissimo livello che consente di raccogliere le testimonianze ovunque e in maniera tempestiva”.
Una strumentazione che, secondo il comandante Marinucci, consentirà di ‘domiciliare’ l’ascolto. “È molto utile raccogliere già sul posto i primi elementi fondamentali per sviluppi investigativi prima e processuali dopo. Ci consentirà non solo di sentire ma anche di leggere il linguaggio non verbale, sempre nell’ottica di una felice risoluzione nei confronti delle vittime deboli. In questo modo potremo ulteriormente qualificare il nostro intervento”.
Purtroppo su questo fronte la pandemia ha fatto registrare un significativo aumento di violenze domestiche, come ricordato da tutti i presenti. “La prima fase del Covid ha incentivato l’obbligo di convivenza domestica in situazioni dove non c’era piena sintonia familiare – ha precisato Marinucci – e questo ha esasperato alcune situazioni. In virtù di quanto accaduto, noi dobbiamo qualificarci ulteriormente e questa donazione ne è un segno tangibile”.
“Da donna e per il ruolo istituzionale che ricopro sono felice che ci sia stato questo ulteriore passo avanti grazie a Soroptimist per la tutela della donna ed il contrasto alla violenza di genere – ha proseguito Micol Lanzidei, assessore comunale alle Pari Opportunità – in un percorso seguito con impegno dalla nostra Amministrazione. Aggiungo che facendo l’avvocato mi è capito spesso di seguire donne vittime di violenza e devo dire che l’attenzione nella parte operativa delle indagini ma anche le condizioni in cui queste indagini avvengono sono estremamente importanti. Sentirsi protette e tutelate nel loro percorso più intimo è sicuramente importante per le donne per arrivare all’obiettivo e alla concretizzazione delle indagini”.
“Denunciamo, il problema è questo” ha rimarcato Marinucci, manifestando l’apprezzamento per il lavoro svolto dalle varie Stazioni dei carabinieri, primo interfaccia con il cittadino che attiva immediatamente il codice rosso. “Una procedura che si sta standardizzando, ma c’è un po’ di difficoltà a denunciare. Non portiamo però le situazioni all’estremizzazione, ai primi segnali è opportuno intervenire. È la vittima che deve farlo e quindi, a quel punto, possiamo mettere in campo tutte le nostre risorse”.
“Da sei anni andiamo sotto braccio con associazione, Ambito Sociale e Arma dei Carabinieri – ha ricordato l’assessore ai Servizi Sociali Mirco Giampieri -. Non dimentichiamo che abbiamo una casa antiviolenza nel Fermano. La donna nel nostro territorio è protetta, non deve avere paura di denunciare e noi dobbiamo essere bravi a trasmettere questo messaggio”.
Anche Gianluigi Di Pilato, comandante del Reparto Operativo, ha voluto evidenziare come in questo territorio i vari soggetti siano riusciti a fare sistema: enti sanitari, associazioni di volontariato e forze di polizia che si sono messi intorno ad un tavolo per dialogare. “Questo non è un problema solo di tipo violento, ma spesso è un problema culturale. C’è anche una violenza psicologica e si fa fatica a comprenderlo. Soprattutto chi ha una cultura diversa fa fatica a capirlo ma avere una stanza asettica permette di raggiungere la massima tranquillità alle potenziali vittime per potersi confrontare, capire se sussiste il problema e come questo va affrontato e risolto. Il problema è l’assistenza alla vittima e deve essere quindi un processo concatenato, che nasce con la denuncia, ma deve poi esserci un percorso che deve funzionare. Un ambiente accogliente può portare la persona ad aprirsi e a dialogare prima ancora di denunciare, non rimanendo coinvolta da una vittimizzazione secondaria recependo messaggi sbagliati. Occorre, quindi, indirizzare la vittima direttamente verso personale specializzato, anche femminile, evitando il front office ordinario dell’ufficio denunce della stazione dei Carabinieri”.
“In questi primi 4 anni – ha concluso Marinucci – tra le persone accolte si sono alternate sia donne che qualche minore, ovviamente accompagnato. Ma tengo a precisare che questo non è un ufficio ricezione denunce, ma un luogo di confronto, una vera stanza d’ascolto”.
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