di Serena Murri
Riapre Villa Nazareth e rimane casa per ferie. Chiusa dopo il sisma del 2016, la struttura punta al turismo sociale e mantiene lo spirito di accoglienza che ha per vocazione. Questa mattina si è svolta l’inaugurazione ufficiale, la restituzione della casa clericale alla comunità. L’intervento alla struttura, come descritto dall’ingegner Sebastiani, partito dall’intento di sanare le lesioni alle tramezzature emerse dopo il terremoto nel 2016, è proseguito con opere di compensazione, intonaci e rivestimenti, rifacimento dell’impianto elettrico, sostituzione degli infissi, la sostituzione della caldaia, fino a rendere l’immobile agibile e funzionale alla sua destinazione turistico-alberghiera. Un investimento che in totale, ha superato un milione di euro e come l’arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio, ha voluto sottolineare, l’investimento da parte della Diocesi è stato di gran lunga superiore a quello iniziale ottenuto dallo Stato per il sisma.
A raccontare come è nata e cosa è stata fino ad oggi Villa Nazareth, è stato don Sandro Salvucci, responsabile della struttura fino al 2006: “Sono stato in questa casa dal ’98 fino al 2006, a stretto contatto con don Armando Marziali, figura indissolubilmente legata alla storia di Villa Nazareth. Con lui c’è stata la posa della prima pietra. Qui don Armando accoglieva persone che arrivavano cariche di problemi e ripartivano rincuorate, è il motivo del successo di tutte le iniziative di ritiro che lui ospitava in questa casa, nata a fine anni ’50, per custodire e coltivare i valori dello spirito”. Il ricordo di don Armando, come ha ricordato Salvucci, “è all’origine della costruzione, non solo della casa ma di un’esperienza di cui sentivamo la mancanza, come opportunità di incontro in un luogo simbolico della Diocesi. Qui le persone hanno la possibilità di compiere un percorso di riflessione e di crescita nei valori dello spirito. Nei sette anni che sono stato qui, ho incontrato circa 700 coppie di fidanzati che qui venivano per fare il percorso di preparazione al matrimonio”. Stando a quanto accennato dall’arcivescovo Pennacchio, non è detto che la struttura non possa disporre ancora di una figura come quella di don Armando, come animatore spirituale.
“Questa casa è di proprietà della Diocesi – ha ripreso l’arcivescovo Pennacchio- i beni di Dio hanno senso se messi a servizio della comunità. Abbiamo sviluppato, nel corso degli anni, la sensibilità e la consapevolezza che questi beni siano sostenibili da un punto di vista ambientale, della manutenzione e della gestione. Se non li sappiamo gestire, vanno in perdita sistematica. Come Chiesa, noi abbiamo risorse che potremmo utilizzare più fruttuosamente. Questa casa resta nelle mani della comunità cristiana di Fermo, gli incontri saranno anche per chi già veniva da fuori. Starà nella nostra capacità, farla rispondere alle finalità per cui è stata pensata, per il Regno di Dio attraverso l’umanizzazione. Poi c’è l’altro aspetto, quella della sostenibilità che consente di ospitare un’altra attività che permetta alla struttura di non chiudere, e quindi l’utilizzo turistico alberghiero. Pensiamo ad un turismo sociale, tenendo conto del fatto che nella città di Fermo c’è un solo albergo. Come preti non abbiamo la pretesa di fare gli albergatori – ha concluso Pennacchio – per questo il mio pensiero è andato alla Cooperativa 13 Maggio che ha mantenuto un imprinting cristiano”.
La gestione andrà, appunto, alla Cooperativa 13 Maggio, società di gestione alberghiera che oggi celebra i suoi 40 anni di attività, con 15 strutture dislocate prevalentemente nell’arco alpino, sulle Dolomiti, nel centro Italia presenti a Perugia, Nocera Umbra, San Benedetto del Tronto. Come ha precisato uno dei soci Simone Gazzoli: “Per il momento la licenza è ancora come casa per ferie, per cui noi faremo ospitalità rivolta al contesto religioso però aperta poi anche alla città, rispettando quelle che sono le normative per una casa per ferie”.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati