di Maria Vittoria Mori
“Ben venga l’Avvento. Domenica prossima inizia un nuovo anno liturgico. Siamo abituati, la sera del 31 dicembre, a festeggiare la fine dell’anno civile e l’inizio di uno nuovo. A livello liturgico, l’anno finirà sabato pomeriggio dopo l’ora media, per dare il via ad uno nuovo”. Sono le parole di don Giordano Trapasso, ospite del pomeriggio di Radio Fm1 con Simone Boccatonda che ci introduce nel vero significato del periodo dell’Avvento e del nuovo anno liturgico.
“Nella vita – spiega don Giordano – abbiamo bisogno di ricominciare, di nuovi inizi. Non possiamo appiattirci e ridurre tutto a noia e monotonia. Un nuovo inizio che sarà sulla stessa lunghezza d’onda della parte finale dell’anno liturgico. Le letture di questi giorno sono ‘apocalittiche’. Quando abbiamo avanti questa parola siamo tentati a pensare alla fine del mondo. Queste letture sono in realtà il tentativo di togliere un velo e farci vedere il senso e la speranza della nostra vita nella storia. Sono letture che ci dicono che accadono cose che ci sconvolgono. Domenica prossima addirittura il Vangelo dirà che di fronte a certe cose gli uomini moriranno di paura, ma ecco che arriva il dono delle Fede, l’Avvento, che permette di alzare il capo e vedere che il Signore è li, che la mia liberazione è vicina”.
Una dimensione da riscoprire, come lo stesso don Giordano ha spiegato: “Chiaramente l’Avvento ci richiama ad una dimensione della vita che è l’attesa. Non so se oggi siamo persone che sanno attendere. Sicuramente, almeno se rifletto sulla mia vita, viviamo due dimensioni del tempo. Un tempo calcolato: ho un obiettivo nella vita, una scadenza, e conto il tempo in base al raggiungimento di quell’obiettivo. Oppure viviamo un tempo frenetico, accelerato. Abbiamo poco tempo per pensare, riflettere e viviamo condizionati dalla logica del consumo. Ho un bisogno e lo devo soddisfare con il prodotto che fa per me. Una dimensione che ci rende più irritabili e arrabbiati. La violenza aumenta purtroppo in generale, a tutti i livelli. L’Avvento ci ricorda che la dimensione vera del tempo la ritrovo quando dai miei desideri proiettati sulle cose arrivo invece a relazionarmi con le persone. Un conto è il tempo vissuto e in rapporto ai miei bisogni e agli oggetti che li soddisfano, un conto il tempo vissuto in relazione alle persone. Attendere significa riscoprire il futuro, non tanto l’obiettivo prefissato o la scadenza che ho, ma le persone che amo, coloro ai quali sono legato, Colui che viene”.
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