Ex Fim, le associazioni ambientaliste fanno fronte comune: “No all’abbattimento, sì alla bonifica: Franchellucci troppo spavaldo”

PORTO SANT'ELPIDIO - Legambiente: "La vecchia fabbrica di concimi rappresenta un elemento distintivo. Chiunque arriva in città si ferma ad osservarla e si chiede cosa sia. Torino ha la Mole Antonelliana, Pisa ha la Torre, noi abbiamo la Fim: è un bene di archeologia industriale che ha valenza anche a livello nazionale"

 

di Leonardo Nevischi

“Nell’ultima Conferenza dei servizi del 26 novembre è emersa la volontà della proprietà e dell’amministrazione comunale di demolire l’Ex Fim, per questo abbiamo unito le forze ed abbiamo istituito un comitato per impedire che venga attuato quanto indetto”. È questo l’appello partito da Legambiente, che ha trovato sponda nelle varie associazioni ambientaliste nazionali e locali, per tentare di salvaguardare e recuperare i monumenti vincolati della vecchia fabbrica di concimi, ovvero la cattedrale e la palazzina degli uffici.

Sono molteplici le associazioni che si sono riunite sotto un unico coordinamento per tentare di “trasformare la volontà distruttiva del sindaco e della proprietà in volontà di recupero”: da Legambiente Porto Sant’Elpidio a quella di Fermo, passando per i vari Archeoclub Carassai, Comitato tutela Rocca Montevarmine, associazione Kayak Picenum, Legambiente Onlus, Lipu Delegazione di Fermo e Italia Nostra Sezione provinciale di Fermo “Valeriano Vallerani”.

“Franchellucci ha annunciato che la Cattedrale ha le ore contate? È uno spavaldo – afferma Pasquale De Angelis -. Le ultime tre amministrazioni ci hanno remato contro. Invece di far rispettare i tempi della bonifica e mettere la proprietà alle strette con la famosa fideiussione, Petrini, Andrenacci e Franchellucci si sono preoccupati di allinearsi con il pensiero della proprietà per demolire la Cattedrale”.

“Legambiente da sempre si batte per la tutela e la salvaguardia dell’ex Fim. Nel 2001 è stato posto il vincolo alla cattedrale e alla palazzina uffici ed esso è ancora vigente – continua Katia Fabiani del Circolo Antonietta Belletti di Legambiente Porto Sant’Elpidio -. Per Porto Sant’Elpidio la Fim rappresenta un elemento distintivo. Chiunque arriva in città si ferma ad osservarla e si chiede cosa sia. Torino ha la Mole Antonelliana, Pisa ha la Torre, noi abbiamo la Fim: è un bene di archeologia industriale che ha valenza anche a livello nazionale. L’idea di fabbrica a Porto Sant’Elpidio nasce con la Fim ed essa serve a raccontare la storia della nostra città perché è fortemente parte di essa. Comunque – specifica la Fabiani -, a prescindere dall’abbattimento della struttura, l’area deve essere assolutamente bonificata. La cattedrale rappresenta solo il 5% dell’area, pertanto il restante 95% deve essere bonificato. Quando la proprietà minaccia di non bonificare l’area se prima non viene effettuata la demolizione, si tratta di un qualcosa di inaccetabile: il suolo è inquinato e per il bene della comunità la bonifica deve essere ugualmente effettuata. Il paese lo chiede a gran voce“.

“La riqualificazione per noi rappresenta il futuro – si inserisce Marco Ciarulli, presidente di Legambiente Marche Onlus -. Viviamo nell’era della crisi delle materie prime e della salvaguardia dell’ambiente. Il periodo storico eccezionale che stiamo vivendo presenta sì delle criticità, ma anche delle occasioni per rilanciare il territorio. Quando interveniamo in un territorio dove c’è una struttura che genera un senso di appartenenza come la Fim, la rigenerazione urbana è un’attività che le amministrazioni devono necessariamente fare. È l’unico modo per continuare a crescere con sostenibilità ed un occhio di riguardo sull’ambiente”.

“Negli anni settanta ho visto l’ex fabbrica di concimi lavorare in modo assiduo – racconta, invece, Gioacchino Antonio Fasino di Italia Nostra -. La fabbrica era un’eccellenza del territorio per cui non possiamo non prenderci a cuore la sua salvaguardia. Quel poco che è rimasto della cattedrale è un’icona di Porto Sant’Elpidio e contraddistingue la città garantendogli una connotazione”.

Dalle parole ai fatti. “Affermare che la cattedrale va demolita perché non si può recuperare la muratura in quanto inquinata è una falsità sulla quale si deve discutere – irrompe Sadia Zampaloni, coordinatrice della Fabbrica delle Idee di Porto Sant’Elpidio -. Grazie al frutto di lavori e studi portati avanti con chi possiede le giuste competenze accademiche possiamo affermare con decisione che è possibile recuperare la muratura già esistente. La decisione di buttare giù tutto è stata partorita da uno studio Università Politecnica delle Marche che, un anno fa, venne commissionata dalla proprietà stessa. Il vangelo in mano non ce l’ha nessuno e noi porteremo avanti le nostre proposte motivate, supportate da elementi tecnici, a tutti gli enti che svolgono un ruolo istituzionale nelle decisioni che verranno prese nel prossimo futuro. Inoltre secondo i termini di legge chiederemo anche di partecipare al tavolo in cui si discuteranno questi temi“.

Un appello dal sapore di giustizia, perché “noi non siamo presenti come interlocutori nella Conferenza dei servizi – come spiega il geometra Mauro Pambianco – È stato fatto di tutto per estrometterci e non darci possibilità di parlare pubblicamente ma abbiamo facoltà di informare tutte le associazioni preposte alla salvaguardia dei beni vincolati. Abbiamo fatto i nostri studi, ora speriamo che ci venga data la possibilità di esplicarli in maniera più profonda e tecnica al fine di smontare il castello di mistificazione. Il sindaco non è stato un buon padre di famiglia nella gestione della cosa pubblica: ha palesato una volontà di distruzione quasi come se si vergognasse delle proprie origini e del simbolo tangibile dello sviluppo che ha avuto Porto Sant’Elpidio”. La saga dell’ex Fim si arricchisce dunque di un nuovo capitolo ed, intanto, il comitato delle associazioni promette di agire su più fronti: “Dal punto di vista burocratico saremo disponibili al confronto, mentre sotto quello culturale opereremo per far comprendere l’importanza della memoria storica della Fim anche alle nuove generazioni“.


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