Ciccioli, stoccate agli alleati di Lega e FI. Mangialardi rispedisce al mittente la critica di Marchetti

MATTARELLA BIS - Il capogruppo in Regione di Fdi: «La rielezione del Capo dello Stato è frutto di peones franco tiratori in procinto di uscire dal Parlamento che hanno mirato a conquistare 7 mesi per arrivare al traguardo dei mille euro di pensione a fine Legislatura». Mangialardi replica a Marchetti, il senatore pentastellato Fede sullo scontro tra Di Maio e Conte

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Carlo Ciccioli

 

Da Fratelli d’Italia che punta il dito contro gli alleati, al Pd che si sente vincitore e parla di un Salvini che si è isolato, fino al M5S alle prese con lo scontro Di Maio-Conte. La rielezione del presidente della Repubblica uscente Sergio Mattarella ha lasciato un lungo di strascico di polemiche, prese di posizione e attacchi tra partiti, ma anche all’interno delle coalizioni o degli stessi partiti.

«La riconferma del presidente Sergio Mattarella al Quirinale è sostanzialmente un pareggio, la conferma dello status quo, che, però, denuncia la malattia della politica italiana che attualmente è immobilismo e auto-conservazione – dice Carlo Ciccioli, capogruppo in Regione di FdI – Per Fratelli d’Italia, oggettivamente l’unica forza coerente, è ora il momento della prova di maturità. Quindi, non optare per la condanna dei comportamenti altri, per l’isolamento e l’auto-sufficienza, ma piuttosto continuare a costruire ponti». Secondo Ciccioli la rielezione del Capo dello Stato uscente è frutto di «peones franco tiratori in procinto di uscire dal Parlamento che hanno mirato soprattutto a conquistare 7 mesi per arrivare al traguardo dei mille euro di pensione a fine Legislatura e, possibilmente, concedersi ancora un anno intero di emolumenti. Questo il sentimento che ha prevalso – specifica – Ma lo stesso si può dire per quasi tutti i loro capi. Un anno di più al Governo è meglio di niente, è comunque qualcosa».

Quindi la stoccata agli alleati con cui governa anche in Regione: Lega e Forza Italia. Nel primo caso Ciccioli pensa che Salvini abbia fallito nel ruolo di leader, nell’altro che siano stati proprio gli azzurri ad affossare per primi la candidatura della Casellati. «Occorre essere sinceri e certamente nel centrodestra, a mio parere, Forza Italia e Lega non ne escono bene perché sono stati oggettivamente a rimorchio degli altri, prima psicologicamente poi anche nelle votazioni – aggiunge Ciccioli – FdI ha cercato di giocare una partita diversa e di cambiamento, con coerenza, ma purtroppo con forze numeriche troppo esigue, 63 delegati, per determinare la svolta, benché i 115 voti a Crosetto e 90 a Nordio, testimoniano di una notevole capacità di attrazione, oltre a dimostrare di essere graniticamente uniti. Il punto più basso di tutte le votazioni è stato certamente l’’omicidio’ politico della presidente del Senato Casellati che dovrebbe far riflettere tutta la parte migliore di Forza Italia. Così come è apparsa in tutta la sua evidenza la debolezza della leadership di Salvini conclusasi semplicemente come portatore di voti, pur di non essere in qualche modo tagliato fuori dalle scelte degli altri. Berlusconi, persa la partita per sé stesso, è apparso disinteressato, forse anche per problemi di salute. La Meloni ha sempre tenuto un profilo più basso perché si è trovata a giocare una partita di rimessa, ma alla fine ci sono cose che non si possono accettare. Adesso a FdI spetta una grande prova di maturità emotiva e politica. La voglia di far saltare il banco e chiudersi, sarebbe un errore gravissimo. Al contrario, dobbiamo lavorare per crescere e credo che la posizione della Meloni ci dia comunque una grande rendita di credibilità ulteriore, ma insieme a questa, dobbiamo moltiplicare la spinta a trovare alleati all’interno della coalizione di centrodestra, perché l’errore più grande sarebbe l’isolamento».

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Maurizio Mangialardi

Sempre Salvini è l’oggetto dell’attacco del capogruppo dem in Regione Maurizio Mangialardi, in risposta alle parole del commissario regionale del Carroccio Marchetti che aveva preso le difese del suo “Capitano”. Mangialardi ha anche partecipato alle elezioni in qualità di delegato regionale e ritiene sostanzialmente una vittoria del Pd e di Letta in particolare la rielezione di Mattarella. «Comprendo il non condivisibile tentativo del giovane padano Augusto Marchetti, ma questa volta tenere a galla Matteo Salvini dopo la sonora sconfitta rimediata in Parlamento durante l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica sarebbe un’impresa disperata perfino per il loro Alberto da Giussano – replica Mangialardi – Le fantasiose ricostruzioni di Marchetti appaiono per quel che sono: una toppa peggiore del buco, incapace di coprire il disastro politico e istituzionale del suo leader, che in una sola settimana è riuscito a demolire il centrodestra, bruciare candidature del suo stesso schieramento e umiliare politicamente la seconda carica dello Stato. Tutto ciò per poi convergere sulla figura di Sergio Matterella, assecondando in tal modo, seppur tardivamente, il percorso che fin dall’inizio il Partito Democratico aveva indicato con il segretario Enrico Letta. Un percorso che partendo dal dato più evidente, ovvero l’assenza di una maggioranza politica in Parlamento, intendeva giungere responsabilmente all’individuazione di un nome di alto profilo istituzionale, condiviso e in grado di esprimere un forte senso di unità del Paese per uscire nel miglior modo possibile dalla delicatissima fase che stiamo vivendo. Insomma, Marchetti dovrebbe farsene una ragione: dimostrando poca saggezza politica e tanta arroganza politica, Salvini si è emarginato da solo, sia in Parlamento che nel centrodestra. Altro che leader responsabile e coraggioso».

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Giorgio Fede

«E’ stato un percorso completo e articolato, però penso che alla fine Mattarella fosse l’unica soluzione visto il livello di mediazione dei partiti, per garantire all’Italia un presidente in grado di unire tutte le forze in un momento storico così particolare. A differenza del 2013 quando venne rieletto Napolitano, oggi infatti, c’è la pandemia e i fondi del Pnrr da gestire». E’ quanto dichiara a Cronache Maceratesi, infine, il senatore pentastellato Giorgio Fede, facilitatore del M5S nelle Marche, dopo la rielezione del Capo dello Stato. Non considera una sconfitta della politica e dei partiti, la seconda rielezione del presidente della Repubblica in appena 10 anni?  «Mentre qualcuno pensava a soluzioni personali e di parte, noi, e Conte in particolare, abbiamo lavorato per la discontinuità, per una figura di alto profilo istituzionale, possibilmente donna – continua Fede – Preso atto che questo non era possibile, la necessità ci ha portato a convergere su Mattarella, con il presupposto che non si sarebbe dovuto perdere neanche un altro giorno per le altre battaglie che interessano il Paese». Una scelta che comunque ha lasciato non pochi problemi interni, visto lo scontro aperto tra Di Maio e Conte, con il primo che ha pubblicamente accusato il secondo di aver sbagliato strategia. «Tutti i partiti – specifica Fede – sono usciti con dissidi interni, anche nel M5S ci sono divergenze, è sotto gli occhi di tutti. Ma rientra anche nella diversità di pensiero di ognuno, l’importante è che si ricomponga quanto prima e nel miglior modo possibile».

(redazione CM)

 


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