Sanzioni alla Russia, l’economia fermana teme il colpo di grazia. «L’80% dell’export del nostro distretto dipende da quel mercato»

CRISI - Il direttore Cna, Alessandro Migliore, conferma le paure degli imprenditori del Fermano: «Chiediamo la Zes, chiediamo di essere equiparati al sud per la decontribuzione del costo del lavoro. Abbiamo anche chiesto l'area di crisiDopo due anni passati sotto una spada di Damocle, gli imprenditori soppesano tutto e la fiducia traballa»

di Giorgio Fedeli

Sanzioni alla Russia. E il mercato fermano trema e traballa. La nostra regione figura tra quelle che hanno nella Russia uno dei principali partner commerciali. Nei primi 9 mesi del 2021 l’export è stato pari a 231 milioni di euro, il 2,6% dell’export totale della Regione, mentre le importazioni sono state pari a 150 milioni di euro. E questo fa della nostra regione una di quelle che avrebbero, in Italia, le maggiori ripercussioni economiche e produttive dalle sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Le Marche sono infatti la terza regione in Italia per esposizioni con il mercato russo. E se la nostra regione è nella lista dei territori maggiormente a rischio crisi, il Fermano è la provincia, il comprensorio economico-produttivo, nei confini regionali, che trema più di tutti. Basti dire che il mercato russo rappresenta per il distretto fermano-maceratese l’80% delle attività. Una situazione che rischia di dare il colpo di grazia a tanti imprenditori locali che dopo la crisi economica, il sisma e il Covid, stanno con le unghie e con i denti, cercando di risalire la china. O meglio, di restare in piedi, fiaccati da colpi su colpi ai quali è davvero dura far fronte. Con il blocco dei pagamenti swift si rischia il collasso di un distretto, si rischia il default del mercato locale. Si rischia di aver prodotto merce che non potrà essere pagata.

«Questa è la preoccupazione, anzi la consapevolezza di molti – conferma il direttore Cna, Alessandro Migliore – Il dato macro è che le esportazioni verso la Russia, a livello italiano, sono l’1,6% sul totale. Quelle del distretto calzaturiero fermano-maceratese superano l’80%. Si capisce che le sanzioni, già da subito, come il blocco di pagamenti swift su merce consegnata, quindi con accordi di pagamento a più giorni, a più mesi, sono in blocco: la merce è consegnata ma il pagamento, in altri termini, non viene effettuato. Questo porta molte aziende al capolinea, soprattutto in un momento, come questo, di ripartenza, nel senso che si spera di riprendersi perché il Covid chiaramente, per via dei consumi, ha frenato molte attività. Questo può essere davvero il colpo di grazia».

Il direttore Cna, Alessandro Migliore

Il direttore Migliore invita la politica ad avere piena consapevolezza delle conseguenze e delle ripercussioni delle sanzioni: «Ecco perché quando viene detto con tanta naturalezza “noi ci siamo, siamo per il sostegno alle sanzioni che saranno rigide” il Governo è obbligato a riconoscere che ci sono distretti, soprattutto il nostro, che da questo mercato dipendono. Veniamo da anni in cui ci sono stati ristori, quindi è obbligato a misure che vadano a compensare queste misure restrittive». Da qui le richieste, dirette, mirate, puntuali, per controbilanciare, nei limiti del possibile, i fardelli che pesano sull’economia locale: «Chiediamo la Zes, chiediamo di essere equiparati al sud per la decontribuzione del costo del lavoro. Abbiamo anche chiesto l’area di crisi. E questo – rimarca Migliore – basti per far capire in che condizione economica versa il nostro territorio Siamo un territorio che per rinascere ha bisogno non solo di consumi ma anche sostegno. Certamente non c’era bisogno di queste sanzioni per il nostro mercato. Per dare tranquillità a tutti serve economicamente provvedere subito conteggiando la merce prodotta, conteggiando quello che si è potuto produrre in passato, servono incentivi per diversificare i mercati, c’è bisogno di attenzione, insomma, per questo distretto che, dicevamo, per l’80% dipende dal mercato russo. Chiaramente i problemi sono evidenti. Bisogna risvegliare tutte le possibili fonti di sostegno per i nostri mercati, per la nostra energia, tutte quelle che in altri periodi, con esigenze diverse, sono state bloccate. Il problema non è quanto aumenterà ancora il costo dell’energia, ma se ancora ce l’avremo. Dopo due anni passati sotto una spada di Damocle, gli imprenditori soppesano tutto e la fiducia traballa. Il Pnrr provava col partenariato pubblico privato per testare qualche spirito di intraprendenza. E questo viene in parte cancellato».


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