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Bora: «La mia candidatura? Un tentativo di salvare il Pd Marche che ha perso la via maestra»

POLITICA - La consigliera regionale dem spiega i motivi della sua decisione di correre per la segreteria regionale, nonostante la scelta del partito, sotto la pressione del Nazareno, di voler puntare sulla candidatura unitaria di Irene Manzi

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Manuela Bora al summit di sabato ad Ancona

 

di Giovanni De Franceschi

«Il mio è un gesto di generosità per un partito che mi ha dato tanto, un tentativo di salvare il Pd Marche che ha estremo bisogno di rinnovarsi». Sono le parole di Manuela Bora, attuale consigliera d’opposizione in Regione ed ex assessora della giunta Ceriscioli, che ha deciso di candidarsi come segretaria regionale. La sua è una sorta di sfida, non tanto contro qualcuno, ma lanciata a tutto l’establishment del partito regionale e non solo, che sabato ha deciso di affidare senza passare dalle primarie la segreteria all’ex parlamentare maceratese Irene Manzi. Insomma, la domanda che anima la sua decisione, potrebbe essere riassunta in queste parole: è sicuro che una candidatura, pur autorevole che sia, ma comunque decisa a tavolino da una decina di persone sotto dettatura del Nazareno sia la strada giusta per rinnovarsi? Ovviamente lei la risposta ce l’ha. «Mi dispiace che la mia candidatura passi come un tentativo arrivare allo scontro – dice a Cronache – questo è dibattito democratico e sono convinta che solo attraverso di esso il Pd possa uscire più forte e autorevole. E’ con gli elettori e gli iscritti che dobbiamo ricostruire il partito, la mia battaglia è anche per loro».

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Matteo Mauri e Marco Meloni al summit di sabato ad Ancona

Occorre fare un passo indietro e vedere come si è arrivati alla candidatura unitaria di Irene Manzi, per inquadrare meglio le parole di Bora. Dopo la batosta delle ultime regionali, il Pd Marche è rimasto sostanzialmente impantanato: con un’uscita di scena “zoppicante” dell’ex segretario Gostoli e un congresso più volte annunciato e mai convocato. Anzi, rimandato. Certo il Covid ha avuto il suo peso, ma sarebbe riduttivo addossare tutte le “colpe” all’emergenza sanitaria. Dopo mesi di stallo, si è arrivati così a due candidature ufficiali: quelle di Antonio Mastrovincenzo e Augusto Curti, sostenuti da due correnti con peso specifico abbastanza simile. Sarebbe stata una lotta all’ultimo voto. Per il Nazareno probabilmente “all’ultimo sangue”, tanto che dagli iniziali appelli all’unità, si è passati alla nomina ufficiale di un commissario regionale: Matteo Mauri. Obiettivo? Evitare lo scontro tra le due correnti e trovare un accordo unitario. Sono passate altre settimane, senza alcun risultato e con l’evidente intenzione di entrambe le correnti di non voler cedere il passo e di andare alle primarie. A quel punto la pressione della segreteria nazionale si è fatta sempre più insistente ed è spuntato fuori il nome di Manzi, che proprio di Mauri era stata capo di gabinetto quando era vice ministro agli Interni. Ci sono volute altre settimane per arrivare all’accordo siglato sabato ad Ancona, quando Mastrovincenzo e Curti hanno deciso di fare un passo indietro per sostenere la candidata indicata da Roma e così le rispettive correnti e tutti i maggiorenti del partito.

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Irene Manzi

In tutto questo Bora rivendica il suo essere rimasta coerente. Fin dai primi momenti della crisi, infatti, si era detta disponibile a mettersi in gioco, ma rigettando l’ipotesi di candidatura unitaria, che per lei rappresenta l’antitesi del concetto di primarie. Si era fatta indietro solo per appoggiare la candidatura di Mastrovincenzo e quando questa è venuta meno, è ritornata sulla posizione iniziale.  D’altronde anche Letta nell’ultimo direttivo di fine febbraio aveva detto: «Abbiamo svolto 45 congressi provinciali e 5 regionali senza drammi, tanti mi dicevano di non farli, “sposta tutto, congela tutto, mica ci infiliamo adesso in un casino”. Guardate che quando si rinnova la classe dirigente e si hanno le regole per poterlo fare non è un casino, è la normalità di vita».

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Manuela Bora, è stata assessore regionale della Giunta regionale

Frasi che contrastano con quanto deciso per le Marche, ma che Bora ha sposato in pieno. «Io non mi candidato contro Irene o contro chi la sostiene – ribadisce la consigliera regionale – io mi candido perché serve tornare a fare politica. C’è un grande bisogno di riaprire il dibattito e confrontarsi. Il Pd ha perso la strada maestra, che è quella di rendere il partito contendibile, di aprirci ai cittadini. Non può essere che un numero limitato di persone decida, perché i punti di vista differenti ci sono, è sano che ci siano ed è giusto che se ne discuta. Non abbiamo bisogno che sia Roma ad illuminarci la via. I nostri elettori devono indicarcela, il Pd deve dimostrare di essere all’altezza di riprendersi la Regione. Poi se il mio punto di vista sarà minoritario, ne prenderò atto e continuerò a sostenere il partito come ho sempre fatto».

Bora inizierà dalla prossima settimana il confronto con i circoli, «per aprire la fase d’ascolto e costruire una base programmatica». E la prima sfida che si troverà ad affrontare sarà quella della raccolta firme necessarie a presentare la candidatura: ne servono tra le 250 e le 600 in almeno tre province. Certo, che con tutto il partito che ha scelto un’altra strada, non sarà facile. «Ma spero di riuscirci», conclude.

 

Pd, le due correnti trovano un’intesa e convergono su Irene Manzi Ma Manuela Bora lancia la sfida

 


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