Samuele Bersani riparte (di nuovo) da Fermo: la data zero del tour “Cinema Samuele” incanta, diverte e commuove

Un concerto di due ore, fatto di musica, video suggestivi e confidenze ironiche e toccanti: la pandemia, il tempo che passa, l’amore, le fatalità, il ricordo legato alla città ospitante. In scaletta, oltre agli indimenticabili successi di trent’anni di carriera, molti brani dell’ultimo lavoro: melodie e testi nuovi, ma eleganza e poesia invariate. E posta sui social il Teatro dell'Aquila

di Silvia Remoli

FERMO – Questo di sabato 9 aprile è  stato il secondo battesimo fermano per il cantautore riminese, che già nel 2017 aveva scelto la provincia marchigiana come data zero del tour “La fortuna che abbiamo” ed è lui stesso a ricordarlo nei suoi intermezzi con il pubblico: «Conservo un bellissimo ricordo di questa città. Ben cinque anni fa iniziai proprio in questo teatro il mio precedente tour; poi, mentre mi apprestavo a concludere e lanciare il lavoro successivo, ecco che scoppia la pandemia» chiosando in maniera ironica sul fattore…fortuna.

Viene quindi da pensare che l’artista abbia una particolare affezione al luogo o vi abbia respirato un singolare calore, tale da sfatare ogni scaramanzia e spingerlo, nuovamente, a ripartire da qui. E, a giudicare dalla risposta di pubblico e dal filare liscio della ‘prova generale’ del tour “Cinema Samuele”, pare che non si sia sbagliato affatto.

La scaletta del concerto: Tentata di riprodurre l’elenco di titoli che mi sono trascritta durante il live, vengo frenata dallo scrupolo di poter nuocere agli artisti (che sono sempre liberi di modificarla in corsa) e all’aspettativa del lettore/fan (che potrebbe dire «Ma io volevo che mi cantasse anche quest’altra!»). La verità è che Samuele Bersani ha all’attivo 12 album (oltre alle molteplici collaborazioni), quindi accontentare tutti sarebbe stato a dir poco impossibile. A fare da protagonista è ovviamente la sua ultima fatica “Cinema Samuele”, dei cui brani spesso introduce l’esecuzione con aneddoti e storie personali (come per “Distopici”, canzone che, come per una strana e lungimirante coincidenza, descrive il surreale coprifuoco del lockdown, pur essendo stata ideata anni prima; o come per “Le Abbagnale”, il racconto di una storia d’amore tra due donne). Ovviamente non sono mancati i grandi successi collezionati in tre decadi di carriera, che il pubblico ha prontamente intonato all’unisono, come, tra gli altri, Chicco e Spillo, En e Xanax, Spaccacuore, Freak, Lo scrutatore non votante, Giudizi Universali, ecc. Insomma possiamo dire che con una setlist di oltre 20 pezzi, si riesce a sfamare, magari non saziare, i fans.

Il cinema come leit motiv: Chi scrive è sempre stata dell’idea che tutte le canzoni di Samuele Bersani siano facilmente tramutabili in sceneggiature: ogni brano è una storia, ricca di particolari in grado di tratteggiare alla perfezione personaggi, stati d’animo e ambientazioni, a volte dai contorni più crudi, altre volte romantici, altre ancora surreali. Nel suo ultimo disco tale legame con il cinema è ancora più netto: in ‘Pixel’ cita Spielberg, in ‘Mezza bugia’ indovina il cattivo di un film, in ‘Harakiri’ vi è un cinema porno francese, in ‘Distopici’ usa i titoli di coda, ecc. 

Ma l’amore per il grande schermo lo manifesta anche realmente sul palco indossando (oltre alla sua immancabile coppola al contrario), una t-shirt che sbuca da sotto la giacca e fa intravedere il titolo del capolavoro felliniano ‘Amarcord’ e, dietro di lui, un telo enorme , proprio come quelli dei cinema, riproduce video suggestivi, con effetti ottici e grafiche all’avanguardia (opera di Bruno D’Elia).

Samuele Bersani e l’amore per la musica: nelle sue piacevoli parentesi narrative accenna senza polemica alla nostalgia per la musica poetica di un tempo, sottolineando il fatto che ora tutti puntino sul rap, ed io, madre di due adolescenti che quotidianamente fanno rimbombare la casa di strani urlatori dal lessico decisamente colorito, posso solo che confermare. Ma stasera, soffermandomi ad ascoltare meglio la versione da sambodromo-dance di ‘Coccodrilli’, le strofe velocissime di ‘Freak’ ed il parlato di ‘Chicco e Spillo’, mi è venuto da dire: «Ma vuoi vedere che Bersani è stato uno dei pionieri del rap  (quello pulito però!) e neanche lo sa?? Della serie: Capo Plaza, Ernia, Tormento e compagnia bella, scansatevi proprio». Ovviamente si scherza, eh.

Autoironia e la giusta dose di leggerezza: da buon romagnolo cresciuto artisticamente a Bologna, della sua regione mantiene intatti, oltre all’accento, la socievolezza e la capacità di prendersi un po’ in giro: ama scherzare sull’età, sul fatto che più passa il tempo e più serve fiato e resistenza (ha smesso – temporaneamente- di fumare proprio per affrontare il tour) e che, scrivendo testi lunghi e complessi, fa spesso autogol alla propria memoria. 

Pubblico e ringraziamenti: curiosa di sapere come abbiano vissuto questo spettacolo gli altri spettatori, posso di certo testimoniare che sopra le mascherine ho intravisto molti occhi lucidi durante i pezzi più toccanti e che ho sentito applausi scroscianti alla fine di ogni singolo brano. Merito non solo dell’interprete, che stasera aveva una voce particolarmente limpida, cristallina (dell’intonazione e della estensione non mi pare neanche il caso di discutere, no???), ma  anche dei sette musicisti sul palco con lui, che ha elogiato e ringraziato (insieme ad una miriade di altri tecnici del settore) nel mezzo del concerto, dando loro il sacrosanto rilievo:  Tony Pujia  e Silvio Masanotti  (chitarre), Stefano Cenci (tastiere e pianoforte), Marco Rovinelli (batteria) Davide Beatino (basso elettrico), Michele Ranieri (percussioni, fisarmonica, chitarra), Alessandro Gwis (pianoforte e tastiere).

Ah, dimenticavo di precisare che sì, è vero, gli anni scorrono veloci per tutti, ma ci sono artisti che restano sempre fedeli a se stessi, che non producono tanto per fare, ma solo quando il loro talento è di nuovo pronto a scrivere favole e poesie con le sette note. Sono quelli ai quali stanno bene le rughe ed anche dei completi giacca e pantaloni non stirati alla perfezione o il berretto in testa. E tutto questo mi rimanda ad un mito della musica italiana: se ascoltate a fondo “Cinema Samuele” e chiudete gli occhi, vi potrebbe tornare alla mente  la magia dell’immenso Lucio Dalla (io ad esempio ho l’impressione di sentire un suo coro in ‘Distopici’, voi?).

Samuele Bersani posta sul proprio profilo Instagram una foto dal Teatro dell’Aquila prima del concerto


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