di Silvia Remoli
La foto dell’esibizione sul palco del teatro fermano sul profilo Instagram di Virginia Raffaele
Si può ridere a crepapelle e subito dopo commuoversi? Si può veder oscurare una indiscutibile bellezza da una incommensurabile bravura? Si può cogliere una sensuale femminilità anche dietro un fischio da camionista? Chiedetelo agli spettatori che si sono spellati le mani pur di applaudire un’artista poliedrica e coinvolgente.
Sa cantare, sa ballare, sa imitare, sa divertire, ma, soprattutto sa raccontare.
Eh sì, perché con ‘Samusà’ Virginia Raffaele ha aperto al pubblico il suo cuore, la nostalgia del Luna Park in cui è cresciuta, il LunEur, parco giochi sorto nel noto quartiere periferico romano, ormai chiuso da tempo.
La finalista di Lol è molto più di un programma tv, molto più dei camei ad Amici di Maria De Filippi, molto più di una comica a Sanremo. Troppo di più.
Lei riempie il palco, lei muove le mani e tende le punte dei piedi con la leggiadria di Carla Fracci, lei barcolla come un giostraio romano incline alla bottiglia, lei è una funambola delle emozioni, lei è una giocoliera con le parole (e ci insegna il linguaggio convenzionale del mondo delle giostre): suscita fragorose risate con i suoi personaggi, sia reali che inventati, ma, quel che più stupisce, è la sua capacità di prendere per mano tutto il teatro e catapultarlo nella sua giovinezza, tanto da fargli provare la sua stessa malinconia, nel ripensare alla ‘infanzia al contrario’, cresciuta nel gabbiotto del tiro al Cinzano, vogliosa, al contrario di tutti i suoi coetanei, di fare una vita normale fuori da lì.
Certo, i favolosi costumi di scena di Giovanna Buzzi (le invidierò a vita il kimono luminoso di Patty Pravo e quello della cantante lirica, pieno di rose dal fucsia al rosso), i tre acrobati che intrattengono poeticamente per permetterle il cambio d’abito (e ruolo) , le suggestive luci e gli allestimenti di palco aiutano ma, il resto (e che resto!!!) ce lo mette tutto lei.
Con la voce è un’incantatrice di serpenti (intonazione, canna, capacità di riprodurre suoni e dialetti, insomma non manca nulla), con il corpo si esprime così bene da poter disattivare l’audio.
E poi è sbalorditivamente bella (e chi scrive è una donna che le ha fissato gambe e décolleté chiedendosi se a Pasquetta avesse straviziato anche lei come tutte noi), così tanto da trovarsi a dire: «Cavolo, troppo brava per essere anche così affascinante, armoniosa, sinuosa, e che diamine, a chi tutto e a chi niente».
La verità, Signore e Signori, anzi «Siore e Siori!!», come si esprimerebbe una annunciatrice da luna park, è che Virginia Raffaele è nata con un talento (anzi, più d’uno!) ma non ci si è adagiata, anzi: lei ha coltivato le sue doti, continuando a studiare, a creare nuove figure, a descrivere situazioni, a caratterizzare (e caricaturare) personaggi.
Oggi ci ha fatto salire sulla sua giostra per un’ultima corsa, ci ha dato il gettone finale da inserire, e l’abbiamo speso benissimo. Nei meandri delle sue molteplici e variopinte esibizioni sul palco mi è parso addirittura di intravedere anche un accenno della migliore scuola attoriale romana: c’erano lo humor malinconico di Carlo Verdone mentre rispolverava i ricordi delle sue radici e la comicità ficcante e convulsa di Gigi Proietti nella telefonata della arzilla anziana romana. Ma, nelle battute conclusive, non potevano mancare i suoi cavalli di battaglia, le Vips che ha preso di mira dall’inizio della sua carriera e che, come per vendetta, si sono impossessate di lei in uno spassoso ed esilarante Poltergeist, in una centrifuga rapida di voci, da Carla Fracci a Belen, da Giorgia Meloni a Sabrina Ferilli, passando per Bianca Berlinguer, Ornella Vanoni, Sandra Milo.
Se si potesse riassumere in una frase questo splendido spettacolo mi verrebbe da ripetere: «Ridere è l’unica cosa che ci fa rimanere ragazzini». Ed ora sipario, Samusà!
Virginia Raffaele con il sindaco Paolo Calcinaro dietro le quinte del teatro dell’Aquila
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