Mercoledì prossimo al Santuario dell’Ambro, alle ore 11, si terrà una cerimonia di commemorazione per ricordare la tragedia che si verificò l’11 maggio 1972, sempre all’Ambro, dove morí un ragazzo di Monte San Martino, Rossano Aliberti.
Il giovane Rossano morì dopo essere stato colpito da un fulmine mentre insieme a un gruppo di amici stava raddrizzando una croce in località ‘Il Pizzo’ del monte Priora.
«L’11 maggio 1972, giorno dell’Ascensione, è accaduto nella zona un grave incidente: al mattino presto – lo scritto di padre Maurizio Pierantoni, missionario e rettore del santuario dell’Ambro, nel giorno della tragedia – è arrivato un gruppo di giovani di Monte San Martino, un paesino a circa 30 kilometri, con l’intenzione di andare a raddrizzare la Croce che si trovava all’altezza di 1553 metri su di un spuntone di roccia nella montagna sovrastante il Santuario. Era una vecchia Croce di ferro, costruita con pezzi di binario, alta circa 4 metri e collocata tra le pietre in posizione tale che fosse ben visibile dal Santuario.
I fulmini che spesso cadevano in quella zona l’avevano piegata e mezza distrutta come il fuoco distrugge una candela. Quei giovani, dopo aver ascoltato la Santa Messa, sono partiti per il “Pizzo” (così era chiamato il punto dove si trovava la Croce), portandosi dietro della legna che avevano raccolto nel bosco sottostante. Appena arrivati al “Pizzo” hanno acceso il fuoco e, smontata la Croce, ne hanno messo i pezzi tra le fiamme in modo da poterli raddrizzare, usando delle mazze, quando erano incandescenti. La Croce è stata poi rimontata ed ancorata al terreno a mezzo di tiranti di fil di ferro fissati a delle paline ben piantate nella roccia. Erano le 11 del mattino quando il cielo si è annuvolato improvvisamente ed uno dei giovani ha detto ai compagni che forse era bene allontanarsi subito perché sarebbe stato pericoloso nel caso fosse caduto qualche fulmine. Hanno tutti seguito il consiglio, ma uno di loro, accortosi che uno dei tiranti era un po’ lento, ha voluto tornare indietro per battere meglio il chiodo che ancorava il tirante ed un altro è tornato indietro dicendo che voleva filmare il lavoro ultimato. Mentre il primo ragazzo batteva il chiodo tenendo una mano sul tirante, è caduto un fulmine che lo ha fatto stramazzare al suolo. Anche l’altro ragazzo, che stava filmando la Croce con la sua cinepresa, è stato scaraventato a terra tramortito. Gli altri compagni, che già si trovavano a circa duecento metri di distanza, nel sentire il colpo secco del fulmine si sono voltati verso la Croce e vedendo i due caduti in terra sono accorsi costernati. Purtroppo il ragazzo che teneva il tirante in mano era già morto. mentre l’altro respirava ancora. Due di loro sono corsi al Santuario per chiedere aiuto; uno di loro è svenuto appena giunto vicino alla chiesa mentre l’altro ha avuto appena il tempo di raccontare l’accaduto. I primi soccorritori sono partiti immediatamente, ma occorreva un elicottero che, essendo un giorno festivo, è stato difficile da trovare. Ne è venuto uno da Pescara, ma erano già trascorse due ore. Nel frattempo il ferito grave ed il corpo del ragazzo morto erano stati trasportati in basso in un luogo pianeggiante da dove l’elicottero li ha trasferiti ad Amandola. I genitori del ragazzo deceduto erano disperati ed alcuni giorni dopo mi hanno portato una lapide dicendo di volerla mettere sul “pizzo”.
Le difficoltà erano tante ed io li ho consigliati di posarla al termine di una “Via Crucis”, che si trovava di fronte al Santuario, promettendo loro di erigere sul “pizzo” una nuova Croce e di posare lì una lapide più piccola. Così mi detti da fare per far costruire ed installare una nuova e grande Croce nel luogo dove era morto il ragazzo. La Croce, fatta a Servigliano da uno zio del ragazzo morto, è alta 8 metri ed è formata da 11 spezzoni di tralicci di ferro del peso di 110 kilogrammi ciascuno. Per la base feci scavare nella roccia due buche da 80x145cm. e profonde 50 cm.. che riempimmo con calcestruzzo preparato con 70 sacchi di sabbia da 40 kg., 80 sacchi di breccia da 40 kg. e 18 sacchi di cemento da 50 kg. L’acqua andavamo a prenderla a circa 40 minuti di cammino ed il calcestruzzo veniva miscelato in un grande recipiente di plastica. Soltanto per la base della Croce furono utilizzati 500 kilogrammi di ferro ed in cima alla Croce installammo un parafulmine che scaricava lontano. Durante i lavori, aiutato sempre da almeno due o tre persone, ho personalmente fatto una ventina di viaggi dal Santuario fino al “pizzo”. Alla base della Croce, come se fossero state parole dette dal ragazzo morto, ho fatto mettere una targhetta di ottone con queste dicitura: “ Salii questo monte e sistemai la Croce. Non ridiscesi, ma proseguii per il cielo” – 11 maggio 1972 – Rossano Aliberti Nella prima domenica dopo il termine dei lavori , verso le 15,30, ho benedetto la Croce e sul luogo ho celebrato una Santa Messa trasmessa agli altoparlanti del Santuario con un radiotelefono e tutta la cerimonia fu seguita da un gran numero di persone raccolte nel piazzale».
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