“Vedova, oltre il colore”, in mostra le opere dell’artista tra etica ed estetica del segno

MONTE VIDON CORRADO - La mostra sarà visitabile in questi mesi da domani all’8 gennaio durante i fine settimana

di Francesco Silla

Al centro studi ‘Osvaldo Licini’ di Monte Vidon Corrado, il sindaco Giuseppe Forti e i curatori Roberto Budassi e Daniela Simoni hanno presentato, oggi, la mostra “Vedova, oltre il colore”. Presente anche Marino Capretti, che ha curato gli inserti biografici del catalogo. La mostra, che si focalizza sul lavoro grafico di Emilio Vedova, aprirà ufficialmente i battenti domani e terminerà l’8 gennaio 2023.

«Organizzata dal Comune di Monte Vidon Corrado con il Centro Studi Osvaldo Licini, la mostra conferma la vocazione per il contemporaneo del polo museale liciniano. Le sale espositive del Centro Studi e la Casa Museo Osvaldo Licini – il commento del sindaco Giuseppe Forti – accolgono le opere di uno degli artisti più intensi, originali, impegnati del Novecento italiano, Emilio Vedova, la cui vastissima produzione è difficilmente inquadrabile in un perimetro culturale, seppure dominante rimane la matrice informale. Ringrazio la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova per la fattiva collaborazione, in particolare il direttore Archivio e Collezione Fabrizio Gazzarri, esprimo profonda riconoscenza alla Stamperia d’Arte Albicocco nelle persone di Corrado, per molti anni stampatore di fiducia di Vedova, e del figlio Gianluca. Il percorso espositivo, sapientemente composto dai curatori, consente di compiere un viaggio in uno degli ambiti meno conosciuti e meno indagati dell’arte di Vedova, la grafica, attraversando diversi nuclei tematici e cogliendo i nessi con opere pittoriche. Sono certo che questa mostra offrirà occasione per approfondire ed estendere la conoscenza del grande artista veneziano, sul piano artistico ma anche riguardo l’impegno e la coerenza che lo hanno contraddistinto sul piano ideologico».

«Ogni lastra di Vedova, pur riferendosi ai vari momenti della sua storia, e nei limiti di uno spazio ben diverso da quello delle grandi tele e delle ante dei plurimi, racchiude oggi un cosmo complesso d’immagini, divise fra il sentimento della natura, l’impeto delle passioni, l’urto violento della polemica, la ricerca misteriosa delle origini e la scoperta di nuove associazioni formali», così scriveva Giuseppe Marchiori nel 1975 riguardo alla grafica di Vedova. La mostra allestita nel polo museale di Monte Vidon Corrado è la prima di una serie dedicata al segno nell’arte del Novecento, aspetto fondante nell’arte di Licini. Il gesto, il segno, sono stati caratteri espressivi attraverso i quali Emilio Vedova (Venezia 1919-2006) ha dialogato con la materia, sul piano pittorico e grafico, con una incessante, rigorosa sperimentazione. L’esposizione verte su una parte poco studiata della produzione di Vedova, la grafica, alla quale l’artista si è dedicato dall’inizio degli anni Sessanta con passione, straordinaria perizia tecnica, con un percorso di ricerca per lui non secondario rispetto a quello della pittura. Curata da Roberto Budassi e Daniela Simoni, la mostra, si diceva, è organizzata dal Comune di Monte Vidon Corrado e dal Centro Studi Osvaldo Licini, in collaborazione con la Stamperia d’Arte Albicocco di Udine e con la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova di Venezia.
Il nucleo fondante del percorso espositivo, articolato tra le sale del Centro Studi Osvaldo Licini e gli spazi della Casa Museo, è costituito dalla collezione di incisioni di Corrado Albicocco, storico stampatore di Vedova, che ha collaborato per circa trent’anni con il grande maestro veneziano. «All’inizio, con noi, è stato molto duro e davvero molto esigente, perfezionista al massimo – racconta Albicocco – ci controllava tutto, anche come facevamo i pacchi contenenti le stampe da visionare». La mostra comprende circa ottanta pezzi tra opere grafiche, pittoriche, alcune delle quali inedite, libri d’artista, matrici, allestiti secondo un criterio cronologico.

Vedova inizia a creare le prime litografie verso la fine degli anni cinquanta, ma è in coincidenza con il ’68, con le sollevazioni studentesche e operaie, con la clamorosa contestazione alla XXXIV Biennale, che la grafica entra effettivamente nella sua produzione. L’artista introduce questa tecnica e se ne appassiona profondamente per diversi motivi: l’intensità del gesto nell’esecuzione, il serrato rapporto quasi alchemico con la materia, la manipolazione degli acidi e degli inchiostri che gli consentiva di raggiungere sul piano estetico una valida alternativa alla pittura. La litografia inoltre è l’espressione di una tecnica che permette all’arte di essere replicabile, che raggiunge facilmente il grande pubblico e come tale Vedova la usa quale strumento di lotta contro le logiche e le egemonie del mercato. A questo periodo risalgono le prime litografie “nere”, quelle della denuncia, del ciclo Della protesta, le litografie del ciclo Vietnam/Sopraffazione oggi e le lito-collage Immagine del tempo e Scontro di situazioni.
Vedova nei primi anni sessanta spinge il suo sperimentalismo no all’azzardo dei Plurimi: si ribella alla bidimensionalità di superficie forzando le convenzioni stesse della stampa litografica e della riproduzione serigrafica, come testimoniano la Lettera aperta e, soprattutto, le cinque lito della cartella Dai 5 mondi o le doppie articolabili come quelle dei No e quelle su supporto di acciaio inox per la serie America oggi.
Ai primi anni settanta avviene il passaggio all’incisione calcografica, in particolare all’acquatinta, alla maniera a zucchero. Che cosa rappresenti per Vedova l’incisione è da lui stesso definito:“«… sono pittore e mi è difficile esprimermi con un’altra lingua. L’incisione, la litografia, sono tutte possibilità. Sono materie ognuna di facoltà genetiche diverse. L’incontro fisico con una materia avviene in ambito di complessa osmosi; un segno sulla pietra, sulla lastra metallica, l’inchiostro o lo scavo sono imprevedibili possibilità».
I soggetti delle opere sono tutti politicamente e ideologicamente impegnati: ne sono testimonianza i cicli Vietnam, Sud America, Ostaggi e gli studi per Rivolta, Spagna, Sopraffazione e Repressione.
Con la grafica Vedova si immerge ancor più nella sintesi estrema del bianco e nero. Egli non si è mai avvalso dell’uso di tecniche fotomeccaniche: la sua intransigenza morale è pari all’interesse estetico che prova per le potenzialità espressive insite nel mezzo grafico, in tutte le sue procedure tecnico- esecutive, manuali e operative. Anche per questa integrità morale ed etica, Vedova appare come uno degli ultimi, veri, incisori della storia dell’arte contemporanea.

A metà degli anni ottanta fa il suo esordio, parallelamente ai Dischi e ai Tondi pittorici, il ciclo degli ‘Oltre’, in un ambito di ricerca formale che accomuna pittura e incisione nell’indagare i limiti e gli sviluppi dell’elemento circolare, che nella tradizione pittorica vanta illustri esempi e che Vedova sente ora come una nuova sfida.
«Quando io ho preso per la gola il cerchio l’ho fatto quasi per una specie di sfida contro questa gura sacrale ‘Sancta sanctorum’. Il tondo di Michelangelo, il tondo di Raffaello!… vedere se questa forma poteva essere prostrata, coinvolta a questa nostra lacerazione, se ancora si poteva in qualche modo fare qualche cosa dentro – proprio perché io affrontavo adesso la gura forse più proibitiva a me. Perché il tondo è il tondo sempre dell’ideologia. E il tondo della cristianità. È il tondo dell’umanesimo. E il tondo del mandala».
Il cerchio è simbolo di perfezione e armonia, è l’unica forma geometrica il cui centro rimane sempre visivamente alla stessa distanza dal margine e per tale ragione diventa per Vedova il campo di azione ideale per lo sviluppo di una sintassi grafica intesa ancor più come necessità esistenziale. Nel ciclo grafico degli Oltre, la ricorrente presenza dell’elemento circolare si costituisce come perimetro di una grafia segnica inscritta nella superficie quadrata del foglio. La forma circolare dell’Oltre mette in discussione l’ortogonalità stessa del formato quadrangolare rispetto alla orizzontalità della sua base. Egli delimita il perimetro del tondo sulla superficie quadrata, accentuando così l’ambigua conflittualità tra «circolo/quadrato, quadrato/circolo.», «qui c’è la presa a prestito della forma più proibitiva…il cerchio, il punto che chiude tutto, la centralità della centralità…per farne un territorio non centrato, un territorio di transito…Ancora ci sono situazioni che si accavallano, in questi segni dell’’85, segni tra la rabbia e il coltello, e territori magmatici. Ma questa articolazione c’è sempre stata, dentro di me, a parte il momento geometrico».
Negli Oltre, tratteggia e incide la matrice di zinco senza darsi un ordine precostituito, cosicché la gestualità si apre in una sconfinata varietà di interventi, in cui solchi, incisioni, sovrapposizioni, schizzi e grumi di materia si combinano in un repertorio infinito di forme e segni di forte tensione espressiva. La stessa origine, se così vogliamo chiamarla, dell’Oltre è già presente nei disegni giovanili delle “cupole” barocche, su cui Vedova aveva insistito in una indagine lunga e meditata sul dinamismo centripeto dell’elemento sferico. Gli anni novanta si aprono con un progetto impegnativo intitolato ‘Chi brucia un libro brucia un uomo’ (1993), un Disco/Plurimo dedicato all’incendio della biblioteca di Sarajevo avvenuto in seguito ai tragici fatti della guerra civile in Bosnia-Erzegovina e testimoniato, in mostra, dal modello preparatorio della monumentale installazione, che avrebbe dovuto essere collocata nella biblioteca dopo la ricostruzione. Un prezioso capolavoro che anticipa l’esecuzione di un’opera complessa, di ampio respiro, con la quale Vedova vuole rendere testimonianza dello sdegno e dell’orrore provati a seguito di quei tremendi fatti. Sii identifica così nella figura epica dell’artista che è sempre in prima linea sul fronte dell’impegno morale e civile, che lotta a anco degli oppressi, dei più deboli, per la libertà dei popoli, contro l’intolleranza, contro la guerra, contro la distruzione umana. Una grande prova di sensibilità morale che sottolinea l’altezza del pensiero storico del maestro veneziano.

 


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