di Giorgio Fedeli (foto Simone Corazza)
Il peso della manutenzione ordinaria, le 13 aule su 37 fuori uso da mesi e, soprattutto, il costo delle utenze che piomba tra capo e collo. Sono questi i tre grandi problemi che affliggono il conservatorio Pergolesi di Fermo che ora rischia il default. Se il primo incide relativamente sulle casse dell’ente, sul secondo, a voler essere ottimisti, si può dire che si inizia a intravedere la luce alla fine del tunnel. Quello che invece rischia di essere un fardello fatale per il Pergolesi, è il terzo, il doversi fare carico delle utenze, anche in virtù degli aumenti esorbitanti legati al caro bollette.
Ma andiamo per ordine, partendo dai lavori. Le opere di ristrutturazione sono ferme da mesi e 13 aule su 37 sono ancora chiuse. Il problema è sorto nel 2016, anno del terremoto, e investe tutto il piano dei fiati. I lavori di ristrutturazione sono partiti nel settembre del 2021, quindi già con ampio ritardo, per poi addirittura subire uno stop legato a questioni contrattuali tra la Provincia e la ditta incaricata dei lavori. Ma, si diceva, si intravedere il sereno: da un paio di settimane, dopo un accordo tra le parti, i lavori sono ripartiti e procedono in maniera anche piuttosto spedita.
«Il solaio era stato smantellato – spiega il direttore del Pergolesi, Nicola Verzina – e rifatto. Poi il tutto si è bloccato, insomma il rifacimento del tetto si era stoppato. Speriamo che le opere – incrocia le dita Verzina – siano portate a compimento nel giro di qualche mese. Forse l’accordo tra le parti e il riavvio dell’intervento sono stati propiziati dalla visita al Conservatorio del prefetto Filippi che, prima di lasciare, lo scorso primo ottobre, il Fermano, ha voluto toccare con mano i nostri problemi. Da lì una sua missiva a Comune, Provincia e Regione. Quelle 13 aule in meno a disposizione ci stanno creando enormi disagi. E ci costringono ad effettuare le lezioni teoriche ancora con la didattica a distanza (qui il Covid non c’entra nulla) mentre le lezioni strumentali, sia individuali che di gruppo, riusciamo a farle in presenza». Una bella grana, insomma. Ma nulla a che vedere con il caro bollette. E qui arrivano i dolori.
La Provincia, infatti, ha comunicato al Conservatorio che non sarà più competente sulla manutenzione ordinaria e nel sostenere le spese per le utenze (anche se ad oggi ancora continua a pagarle). E parliamo, nel caso del Conservatorio, di decine e decine di migliaia di euro tra acqua, luce e gas, nell’arco dell’anno. Il motivo? Semplice. Il Conservatorio non è più, secondo la Provincia, da considerare una scuola secondaria di secondo livello ma universitaria. E quindi dovrebbe fare capo esclusivamente al Ministero. Il problema è che il Ministero quelle spese non le sostiene (fatti salvi un piccolo contributo e le spese per il personale). «E noi di certo, con le sole iscrizioni degli allievi, non riusciamo a pagarle – parla chiaro il direttore – quindi una soluzione va trovata a livello politico. Noi a settembre abbiamo incontrato l’ormai ex assessore regionale Giorgia Latini. A quell’incontro erano presenti anche il Comune (proprietario dello stabile) e la Provincia (che si è sempre fatta carico delle utenze). Dai primi due enti c’è la disponibilità a trovare una soluzione. Il terzo, ente di fatto gestore, è in una situazione ‘di mezzo’, la più complicata, scomoda. Lo capisco. Parliamo di costi già molto elevati per noi, e ora con il caro bollette diventano assolutamente insostenibili. Non abbiamo fondi dal Ministero, giusto poche sovvenzioni statali. E con gli introiti derivanti dalle iscrizioni copriamo giusto i costi di carattere amministrativo, quelli legati ai costi di funzionamento della struttura e di qualche progetto specifico. Abbiamo ricevuto qualche fondo dal Pnrr ma queste risorse sono vincolate a progetti specifici come quello sulle Dsa, o per precise attrezzature didattiche, dunque non possiamo usarle per altro. Abbiamo scritto anche al Ministero ma non abbiamo ricevuto risposte». Sembra di capire, comunque, che il vulnus sulla natura dei conservatori non sia un casus belli circoscritto al solo Pergolesi. «Vero – conferma Verzina – ma in molti casi altri Conservatori ricevono contributi da Comuni, Province e Regioni. Nel nostro caso, no».
Attualmente la Regione sta lavorando su una legge per la valorizzazione del sistema Afam che coinvolge i due conservatori delle Marche, quello di Pesaro e quello di Fermo, le due accademie presenti nelle Marche e l’Isia, istituto superiore per le industrie artistiche ma per il Pergolesi servirebbe, comunque, un intervento ad hoc. Con la legge al diritto allo studio, i costi delle iscrizioni si sono comunque abbassati dopo l’inserimento di parametri Isee relativamente alti (si parla di 20mila euro di Isee). «Ma il Ministero – rimarca il direttore – non li compensa mai al 100 per cento». Insomma un nodo gordiano che rischia di portare il Conservatorio fermano, eccellenza su scala internazionale, a un default finanziario, prima ancora che logistico. Attualmente il Pergolesi conta su circa 450 iscritti. E a riprova della validità dell’ente, a settembre le iscrizioni sono andate molto bene (si parla di circa 180 nuovi iscritti) ma per avere il numero preciso degli allievi bisognerà attendere i primi di novembre quando si potranno sommare sia i nuovi iscritti, appunto, che le conferme. Ora, però, a prescindere dal quantum della componente studentesca, va trovata il prima possibile una soluzione che alleggerisca il fardello fiscale per quello che rappresenta un vanto per il Fermano, un conservatorio che riceve applausi, attestati di stima e riconoscimenti accademici ovunque vada, un Pergolesi che cresce sia negli iscritti che nel corpo docente e amministrativo (a marzo dello scorso anno sono stati assunti dieci nuovi insegnanti, un amministrativo, due coadiutori e due collaboratori, uno informatico e uno di biblioteca) e che non merita un finale inglorioso e umiliante a colpi di ritardi burocratici e bollette stratosferiche.
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