“La politica dei No” Vs. “La politica del fare”: eccesso di minimalismo del linguaggio politico

POLITICA - Oggi il dibattito politico democratico viene costantemente indirizzato da espressioni da propaganda. Slogan del tipo "Siamo la politica dei Sì" o "Siamo per il Fare" influiscono sulla sua qualità. Piuttosto sarebbe necessario utilizzare un linguaggio più idoneo, non necessariamente più complesso, ma sicuramente più equilibrato

 

di Alessandro Luzi

Ormai è entrato nella routine del linguaggio politico l’espressione “La politica dei No”. Lunedì è stata utilizzata anche dal sindaco di Fermo, Paolo Calcinaro, in merito alla procedura di vendita della Casina delle Rose. Intendeva distinguere nettamente (secondo il suo punto di vista) chi si adopera per trovare soluzioni idonee alla città, da chi ostruisce questo percorso. Anche durante le campagne elettorali o davanti a determinate scelte, è diventata consuetudine indossare gli abiti del pragmatismo. Insomma, stiamo assistendo al trionfo della “politica del Fare” o quella dei “Sì”. Addirittura nel 2015 Flavio Tosi fondò il partito “Fare!”, poi confluito in Forza Italia. Per cui, secondo questa retorica, guai situarsi al lato sbagliato della storia durante i processi di sviluppo. Pena il marchio di disfattista. Questa è una tendenza insita in tutte le forze politiche, comprese le coalizioni formate da liste civiche. Piuttosto dipende dai ruoli detenuti.

Ora, senza entrare in merito alle questioni relative alla Casina delle Rose, vicenda alquanto intricata, colgo l’occasione per volgere l’attenzione verso questa particolare strategia comunicativa. La suddivisione tra “pragmatisti” e “disfattisti” deriva da un linguaggio in voga nel periodo delle due Guerre Mondiali. Oggi ovviamente è stato adattato alla contemporaneità. Infatti i primi non sono più i sostenitori della patria ma i promotori del cambiamento; gli altri non sono gli scettici al conflitto bellico e all’uso della violenza squadrista, ma quanti criticano le scelte degli amministratori. È evidente come tale categorizzazione allontani un regolare dibattito politico e sposti l’attenzione dai temi agli atteggiamenti assunti. Queste etichette di facile interpretazione sono volte alla ricerca del consenso immediato, penalizzando un approfondimento più articolato su argomenti strategici per lo sviluppo di una città, una regione o una nazione.

“Siamo il partito del Fare”, “Siete la politica dei No”, “Siamo quelli del Sì” sono slogan semplici ed efficaci. In particolare vengono utilizzati dalle coalizioni al governo per porre in evidenza la loro indole propulsiva e, nello stesso tempo, reputare passivo l’atteggiamento delle opposizioni. In realtà, dietro ogni maschera creata dal linguaggio di propaganda, si celano scelte e visioni politiche. Per favorire il ragionamento sarebbe opportuno impiegare un gergo più aderente ai fatti e delle spiegazioni più dettagliate sui motivi che hanno portato a adottare determinate strategie. Lo stesso dicasi per le opposizioni, solite marchiarsi come “paladini del cambiamento”. Il dibattito è il sale della democrazia pertanto andrebbe preservato da espressioni tipiche della propaganda.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page


Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati




Gli articoli più letti