Nel 2014 l’ISC Fracassetti-Capodarco ha stipulato un patto di Presidio con l’Associazione Libera. “Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” dando vita ad un presidio scolastico territoriale di Libera intitolato a “Barbara Rizzo, Giuseppe e Salvatore Asta” che nel 1985 rimasero vittime nella strage di Pizzolungo, preparata per attentare alla vita del giudice Carlo Palermo. L’intitolazione a tre vittime innocenti, casualmente coinvolte nell’attentato mafioso, dà conto di uno dei punti cardine che muove l’associazione Libera, ovvero il riconoscimento del valore della memoria per la società civile che viene celebrato il 21 marzo, primo giorno di primavera, nella Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Il fare memoria rappresenta l’essere “insieme” perché nessuno venga lasciato solo nel proprio dolore, nella violenza e nell’ingiustizia subita, vuol dire ricostruire attraverso le vicende individuali un pezzo di storia del nostro Paese che tenga conto non solo delle vittime di “primo piano”, ma degli innumerevoli innocenti caduti e dei loro familiari in cerca di verità e di giustizia.
Attraverso questo connubio con Libera, l’istituto scolastico ha voluto riconoscere, in modo chiaro e formale, il valore che attribuisce ad uno dei compiti più significativi che la scuola deve assumere verso i suoi studenti: stimolare il senso critico e sviluppare una coscienza sociale e democratica capace di salvaguardare quei principi e quei valori che la nostra Costituzione ha posto a fondamento dello Stato, coltivare la memoria per non dimenticare e stimolare così la responsabilità e l’impegno civile.
La prospettiva della cittadinanza attiva e consapevole entra trasversalmente nella didattica delle diverse discipline e si costruisce giorno per giorno attraverso la lettura collettiva di una selezione di libri che valorizzano questa prospettiva toccando temi che vanno dall’antimafia alla tutela dell’ambiente, dall’accoglienza dell’altro all’interculturalità che è uno dei punti cardine di questa scuola “felicemente multietnica”.
L’attività ordinaria svolta dall’Isc è stata in questi giorni arricchita da un’iniziativa importante dedicata all’antimafia: “I fiori della memoria”, promossa da “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”, dall’Associazione “Rita Atria” e dal “Circolo del cinema Metropolis”. I ragazzi delle classi terze, in due incontri mirabilmente condotti dall’attrice e attivista Laura Margherita di Marco della “Compagnia dei Merli Bianchi” hanno avuto la possibilità di conoscere la storia di Giuseppe Impastato, vittima innocente di mafia e della giovanissima Rita Atria, testimone di giustizia con Paolo Borsellino.
Maria Luisa Impastato, nipote di Peppino, ha raccontato ai ragazzi la storia dei “Cento passi” che distanziavano la casa dello zio da quella del mafioso mandante dell’omicidio, Gaetano Badalamenti, ha tracciato il profilo della nonna Felicia, una donna semplice ma consapevole, una madre che vestirà l’abito nero fino alla fine della sua vita e che ha scelto di non piangere nel silenzio della propria casa secondo il suggerimento della cultura omertosa del luogo, ma ha deciso di rompere i rapporti con la famiglia mafiosa del marito per denunciare alla giustizia la morte violenta del figlio. Felicia ha intrapreso la sua battaglia per riscattare la memoria di Peppino contro chi, in malafede, ha tentato di farlo apparire come un terrorista: il suo dolore individuale è diventato azione collettiva attraverso il racconto a tutti quei ragazzi che ha ospitato giornalmente nella sua casa di Cinisi e ai quali ha costantemente rivolto un messaggio chiaro: «La testa non l’abbassata mai, l’ho tenuta sempre in alto». Da Felicia Impastato si è poi passati ad analizzare la posizione di altre donne cresciute in contesti mafiosi, donne molto diverse tra loro, donne perfettamente calate nel sistema criminale, donne di mafia come Mariangela Trapani che in carcere sposa Salvino Madonia il 23 maggio 1992, nel giorno della strage di Capaci, “regalo di nozze per Salvino”.
Nel secondo incontro Nadia Furnari, autrice del libro “Io sono Rita”, racconta della diciassettenne Rita Atria che si affida a Paolo Borsellino e diventa testimone di giustizia rompendo con la famiglia di origine che svolgeva attività criminale nel territorio di Partanna. Rita denuncia, ma la ragazzina viene abbandonata dalle Istituzioni stesse che avrebbero dovuto proteggerla: sebbene minorenne, a Roma, viene lasciata sola e dopo la morte di Paolo Borsellino nella strage di via d’Amelio si sente persa. Il libro inchiesta mette in evidenza le falle di un sistema e solleva dubbi sul suicidio di Rita avvenuto qualche giorno dopo la morte del magistrato.
I ragazzi riflettono, si stupiscono, si indignano, partecipano. Vincere la mafia che è dentro di noi, offrire un panorama e una visione critica della storia serve a provocare indignazione e ad orientare, serve a sollevare dubbi e a far capire ai giovani che ogni individuo può fare la propria parte nel mondo e che se gli individui si uniscono possono fare cose davvero grandi.
«Serve a promuovere la conoscenza della Costituzione, ad assegnare significato alle regole, a costruire una comunità consapevole e non a conoscere passivamente le storie tristi di uomini onesti diventati eroi loro malgrado. Serve a capire che siamo interdipendenti e non può esistere equità e giustizia sociale finché il tessuto economico sarà avvelenato da quella corruzione, da quelle pratiche illegali, da quello sfruttamento che non fa più rumore. Le parole di Don Luigi Ciotti in una recente intervista sono chiare e ci invitano ad un cambio di visione: “La legalità è una bandiera che va rigenerata”, è diventata un vessillo facile da agitare, la mafia non ha più bisogno di sparare perché non è più un “antistato” facilmente individuabile, ma ha ormai connessioni dentro lo Stato, dentro la politica, nel mondo della finanza. I convegni, gli eventi, le manifestazioni sono strumenti obsoleti che rischiano di restare mera forma. Il compito della scuola va oltre: comprendere il valore della regola nella società, ma anche discuterne la validità, la rispondenza a valori etici condivisi in un sistema democratico, sollecitare senso critico e riflessione stimolando alla partecipazione, all’associazionismo che permette di condividere con altre persone tutti quei valori di giustizia sociale, solidarietà, umanità che vogliamo preservare. La scuola ha il compito di coinvolgere i giovani in questo processo, con le parole di Don Ciotti, deve insegnare a “distinguere tra la sacralità delle istituzioni dello Stato e chi le governa e le incarna”: questo riconoscimento del dato di realtà sembra l’unico modo per restituire ai giovani la fiducia, uscire dalla disillusione e dal disinganno, per squarciare un velo di ipocrisia e abbracciare la strada dell’impegno.
“La memoria fa paura alle mafie. Non può essere ingabbiata nel passato, archiviata, va vissuta nel presente” (Don Luigi Ciotti)».
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