di Alessandro Luzi
Classi pollaio, soglia del numero minimo troppo elevata e edifici scolastici a rischio chiusura. Questi sono i temi su cui ragionare per rendere più efficiente il sistema scolastico del Fermano. Attualmente non gode di buona salute. Anzi, sia nelle zone interne che in prossimità della costa è emerso un quadro preoccupante. Ad aprire l’incontro di questo pomeriggio alla Sala del Consiglio della Provincia di Fermo, al quale hanno preso parte anche il sottosegretario al Ministero dell’Istruzione Paola Frassinetti e il suo omologo all’Economia, Lucia Albano, è stato il presidente, Michele Ortenzi: «Questo appuntamento serve per fare il punto della situazione in merito alle scuole del nostro territorio. Lo scorso anno, grazie al supporto della consigliera Pisana Liberati, dei sindaci e degli uffici tecnici abbiamo scongiurato la chiusura di alcune scuole e i ridimensionamenti di alcune classi. Tuttavia le prospettive non sono rosee quindi vogliamo ascoltare le istanze dei primi cittadini e degli esponenti del mondo dell’istruzione. L’obiettivo è di stilare un documento in cui vengono segnalate le criticità e le possibili soluzioni per migliorare il settore. Sarà utile per continuare a interloquire con il Ministero. Abbiamo più che mai bisogno di una rivoluzione culturale. La scuola deve tornare a essere centrale».
Da sx Michele Ortenzi, Andrea Putzu, Paola Frassinetti, Lucia Albano
Questa mattina il sottosegretario al Ministero dell’Istruzione Paola Frassinetti ha presieduto un incontro, a Matelica, sempre sul tema scuola. Nel pomeriggio è arrivata al Palazzo della Provincia per recepire le criticità. Rappresenta sicuramente un punto di contatto importante con il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara: «Gli ho già preannunciato che lo andrò a trovare presto insieme al presidente Acquaroli per trasmettere tutte le problematiche del territorio – ha esordito Frassinetti – La situazione è grave per via di un’eccessiva burocratizzazione e rigidità di alcune norme. Questa mattina ho riscontrato una grave emergenza nei paesi colpiti dal terremoto. Le scuole non devono scomparire ma essere mantenute vive e sempre più attrattive. Oltre all’aspetto didattico e culturale, rappresentano un motore importante per il territorio sia dal punto di vista sociale che economico. Serve una fase di tre anni per fotografare la situazione e riportare la popolazione nei Comuni delle aree interne. È quanto mai necessario ripopolare gli istituti e rendere flessibili le normative. L’entroterra del centro Italia produce eccellenze economiche ed è ricco di prodotti di qualità quindi il tessuto non va smantellato. Lo spopolamento dei Comuni e la dispersione scolastica sono i problemi maggiori. La seconda è conseguente della prima. Va ridiscussa la soglia minima e massima degli alunni nelle classi. I dati delle iscrizioni per l’anno accademico 2023/24 ci mostrano uno scenario buono per i licei e gli istituti tecnici. Ciò non vale per il Classico. Questo è frutto di una propaganda sbagliata che demonizza la cultura umanistica. I licei classici e gli istituti professionali vanno difesi. Oggi più che mai è fondamentale organizzare scuole attrattive per dare una spinta in più anche ai territori».
Lucia Albano, sottosegretario all’Economia, ha invitato i sindaci ed il personale scolastico a lavorare in sinergia per far fronte alle carenze attuali: «È l’unico modo per far sentire la propria voce. Quello sulle modalità del punto di erogazione del servizio scolastico è un tema ancora aperto. Stiamo parlando di aree interne ma non solo. Quest’ultime ovviamente sono le più attenzionate per una particolare fragilità del tessuto sociale ed economico. Serve una visione diversa dell’entroterra. Continueremo a lavorare su questi aspetti. Sono anni che chiediamo deroghe per formare classi in modo più flessibile. Per adesso ci stiamo impegnando nelle zone del cratere, poi ci adopereremo per estendere le procedure. La formazione personalizzata può diventare un’opzione da approfondire per i Comuni a bassa densità. È possibile aprire un tavolo per lavorare a un modello marchigiano».
A volere fortemente questo appuntamento è stato il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Andrea Putzu: «Visto che Albano e Frassinetti si trovavano nelle Marche ho colto la palla al balzo per invitarle in questa sede. Il nostro è un territorio a volte svantaggiato quindi è fondamentale fare un gioco di squadra per ottenere dei risultati. Lo scorso anno abbiamo dovuto fronteggiare delle criticità con i piccoli Comuni e fino a quando non abbiamo raggiunto un punto d’incontro con il dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, Ugo Filisetti, non siamo usciti dalla stanza. Questo deve essere un documento per fare una sintesi del panorama generale, presentare proposte concrete e soprattutto parlare all’unisono. Lavorare in sinergia è fondamentale per ottenere dei risultati soddisfacenti».
L’incontro tra Frassinetti e Liberati
Ad aprire una digressione sul panorama scolastico fermano è stata la consigliera delegata all’Istruzione, Pisana Liberati: «La conformazione morfologica e della popolazione dei piccoli Comuni non ci viene in aiuto. La provincia è piccola e frammentata. Il sisma ne ha aumentato le criticità. La popolazione ha 21 mila studenti di ogni ordine e grado. Dei 40 comuni, 29 hanno meno di 3 mila abitanti, di cui 15 sotto i 1.000. E 16 comuni su 40 fanno parte del cratere, 6 risiedono nell’area montana. Abbiamo dei territori estesi e a bassa densità abitativa da cui deriva un’alta distanza tra l’abitazione dell’alunno e la scuola. In alcuni Comuni c’è un solo ordine scolastico. Eventuali chiusure del servizio accentuerebbe lo spopolamento, già causato dal sisma. Abbiamo speso dei fondi per ricostruire e ristrutturare alcuni edifici scolastici ma ad oggi non abbiamo i ragazzi a sufficienza per costituire alcune classi. A ciò si aggiunge la mancata attivazione dell’indirizzo musicale per via di un’eccessiva rigidità burocratica. Qui a Fermo è una grave mancanza in quanto abbiamo un importante Conservatorio».
La parola è passata poi ai sindaci presenti, numerosi in sala. «Ci troviamo costantemente a combattere con il numero minimo – ha fatto sapere Pietro Cesetti, sindaco di Magliano di Tenna – ad oggi per il nostro Comune è fissato a 15 studenti per classe invece dovrebbe essere abbassato a 10. Solo attraverso un’equa distribuzione degli alunni si può evitare di formare le classi pollaio. Far scomparire le scuole primarie in un piccolo Comune comporterebbe una perdita grave per aspetti sociali ed economici».
«Senza sei ragazzi ucraini non saremmo riusciti a costituire una classe – ha lamentato Gabriele Cannella, sindaco di Campofilone –. È assurdo che una classe è tenuta in vita per via di una guerra». Luca Pezzani, sindaco di Petritoli, ha invitato a ragionare sul tema scuola a 360 gradi: «Calo demografico, spopolamento dell’entroterra e difficoltà a tenere aperte le scuole sono fattori interconnessi. Questa amministrazione regionale ha dato importanza alla parola ‘borghi’, adesso però occorrono azioni concrete per valorizzarli. Far sopravvivere le nostre scuole è un obbligo». «Invito a rivedere il dpr 81 – ha detto Alberto Antognozzi, sindaco di Grottazzolina -. Risale a 14 anni fa ed è ormai inadeguato».
Carla Piermarini, sindaco di Ortezzano, ha fatto eco ai colleghi: «Dobbiamo costituire classi con numeri consoni per dare il meglio della didattica. Le neuroscienze ci dicono di lavorare in altro modo, cioè prestare più attenzione alle individualità. Con tanti studenti ciò è impossibile». Pedaso invece ha il problema opposto. Infatti ha registrato un boom di iscrizioni ma gli edifici non sono in grado di ospitare una mole così cospicua di allievi. A farlo sapere è stato il primo cittadino Vincenzo Berdini: «Noi abbiamo registrato un’esplosione di richiesta a tempo pieno perché la gente si è riversata sulla costa. Quest’anno siamo riusciti a gestire la situazione ma mi preoccupa il futuro».
Stessa situazione ad Altidona: «Abbiamo registrato crescita di iscrizioni dell’8%. – ha detto il vicesindaco Enrico Lanciotti – Servono risorse per l’edilizia per adeguare gli edifici a tale richiesta. Attualmente abbiamo delle carenze strutturali. Questa può essere l’occasione per l’adeguamento sismico». Giovanni Carelli, sindaco di Montottone, ha messo a confronto le criticità della costa con quelle dell’entroterra, in realtà figlie delle stesse dinamiche: «Le amministrazioni hanno speso fondi per adeguare le strutture a livello sismico, quindi oggi abbiamo edifici idonei ma che rischiano la chiusura. Altre località invece fanno fatica a ricevere la mole di iscritti per via di plessi scolastici vecchi». «Va ripensato il modo di vivere l’entroterra – ha detto Marino Screpanti, sindaco di Montelparo -. Ci sono bambini della scuola dell’infanzia costretti a fare 20 chilometri con i mezzi e studenti delle superiori che si svegliano alle 6. Ne va della salute degli studenti».
A concludere l’appuntamento sono stati i rappresentati degli Istituti scolastici del Fermano. Anna Maria Isidori, dirigente Isc Betti ha incentrato il suo intervento sulla «riduzione della popolazione scolastica» e sulla «necessità di rivedere i parametri numerici per la costituzione delle classi». «È importante lavorare per diminuire gli allievi in classe, dunque per migliorare la qualità e la sicurezza delle lezioni in laboratorio» ha rimarcato Annamaria Bernardini, dirigente dell’Ipsia e del Liceo Artistico.
Annarita Bregliozzi, dirigente dell’Ic Pagani ha invitato a «rivedere il dpr 81 e ragionare sul numero minimo di alunni per classe. Può essere differenziato per aree perché la situazione nei borghi è diversa dalla costa e dalla metropoli». «Doveva essere naturale modificare il dpr 81 ma non lo è stato – ha sottolineato Piero Ferracuti, dirigente del Liceo Annibal Caro – è stata l’edilizia scolastica ad adeguarsi alla norma e non viceversa. A questi problemi deve provvedere il governo». Con le colleghe , in sala consiliare, anche la dirigente dell’Itet Carducci-Galilei, Cristina Corradini.
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