Il reporter fermano Miola in Turchia, inviato nei luoghi del sisma: «Disperazione tra le macerie ma anche tanta generosità» (Le Foto)

TURCHIA - Inviato nei luoghi del sisma con la Rai, il reporter e fotografo di Fermo racconta la tragedia: «Quelle che ho visto e che continuo a vedere e vivere sono scene e situazioni che anche noi conosciamo bene e abbiamo vissuto. E riaprono una ferita nel cuore di tutti noi»

Alessandro Miola

di Giorgio Fedeli (foto gentilmente concesse da Alessandro Miola)

Nel cuore della catastrofe. Il reporter fermano Alessandro Miola, in questi giorni si trova in Turchia, nei luoghi del drammatico sisma che ha mietuto circa 29mila vittime.

Un sisma devastante, di magnitudo 7.9 verificatosi nella notte tra il 5 e il 6 febbraio. Macerie, migliaia di morti, i feriti non si contano ormai più, grida, sirene, sofferenza e disperazione.

Miola, reporter della Rai, ha raggiunto la Turchia martedì scorso. Da Fiumicino alla volta di Istanbul. E da lì subito direzione Islahiye, tra le città maggiormente devastate dal sisma. Si è trovato dinanzi palazzi sgretolati come fossero di sabbia, detriti e un formicaio di mezzi di soccorsi, polizia qua e là, sirene, ambulanze e soccorritori che sfrecciano tra quelli che un tempo erano viali e che oggi sono ridotti a polverosi sentieri. Gente che ancora porta i segni della tragedia sul volto e sul corpo, il sangue e i detriti che si mescolano, chi attraversa con in braccio un bambino ferito, chi grida per chiedere una mano, ausilio, perché pensa di aver sentito una voce flebilissima provenire da sotto un cumulo di macerie. Insomma uno scenario apocalittico dove però l’umanità ancora non molla, ancora è tangibile.

Ascolta la notizia:

«Qui non vogliono aiuti italiani per i soccorsi, ma vogliono gli italiani per la ricostruzione perché per loro siamo maestri nell’architettura – racconta Miola – anche il sindaco di Islahiye si è espresso in questi termini. Ho potuto constatare che, nonostante il dramma che si stia vivendo qui, con un cataclisma che ha sconvolto il mondo intero, questo popolo riesce ancora a mostrare stima nei nostri confronti, siamo amati. Sabato notte qui a Islahiye, epicentro del sisma, hanno trovato in vita, tra le macerie, un papà e il figlio di soli 4 anni anni. Sono scene toccanti, commoventi. In molti sostengono che i soccorsi, qui, siano arrivati tardi e la macchina si sia attivata e sia diventata operativa grazie a quelli internazionali. La gente è sfinita e davvero arrabbiata, mi hanno raccontato che i primi giorni neanche le tende sono arrivate, si dormiva in auto o in luoghi improvvisati, l’indignazione verso le autorità è sempre più forte».

Ma non nei confronti degli “ospiti”, siano essi soccorritori o giornalisti e reporter: «E’ vero. Davvero tanta gentilezza, c’è stato chi mi portava da mangiare e da bere. Pensate, loro, disperati, che lo offrivano a me. E mi invitavano vicino ai fuochi improvvisati per riscaldarmi. Gesti di comunione e condivisione – racconta Miola – non solo dalla popolazione, dai civili, ma anche dalla Polizia. Questo ridona speranza perché ci si rende conto che la devastazione non ha scalfito, anzi forse ha rafforzato l’umanità e la generosità di questo popolo».

Da Fermano, da marchigiano, il cuore e la mente non possono tornare al sisma del 2016, quello che ha toccato nel vivo, che ha ferito le Marche: «Queste sono scene e situazioni che anche noi conosciamo bene e abbiamo vissuto. E riaprono una ferita nel cuore di tutti noi».

Alessandro Miola


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