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Sanitari aggrediti, Ciucani alle origini del fenomeno: «Dal dottor Google alla pretesa della guarigione. Cambiare? Servirà tempo» (Ascolta la notizia)

SANITA' - Sempre più spesso si registrano purtroppo aggressioni verbali, quasi quotidiane, e anche fisiche a danno di sanitari, in tutti gli ospedali d'Italia. E quello di Fermo, a partire dal Pronto soccorso, non è esente. Il fenomeno analizzato dal direttore facente funzioni del Pronto soccorso del Murri

Antonio Ciucani

di Giorgio Fedeli

Non passa giorno che i sanitari non siano oggetto di attacchi verbali, offese e, nei casi più gravi ed eclatanti, anche di aggressioni fisiche. E certamente quelli più esposti ai rischi sono i medici, gli infermieri e gli Oss che lavorano nei reparti di Pronto soccorso in tutta Italia, che sappiamo essere le porte di ingresso degli ospedali. Ma non solo loro: tutto il mondo dei sanitari, dal 118 agli altri reparti di un qualsiasi nosocomio non sono indenni. Perché? Aggressioni specchio di un mondo che è cambiato, dove l’aggressività, troppe volte indotta ma comunque mai giustificabile, ha preso il sopravvento? Il paziente è esasperato dalle lacune della sanità e se la prende col “primo addetto ai lavori” che gli capita davanti o a cui imputa le responsabilità di un sistema che ha fin troppe falle? In chi risiedono le colpe? Di certo c’è che il rapporto paziente-sanitario sembra proprio essersi stravolto. E ad analizzare un andamento sociale, prima ancora che psicologico, è il direttore facente funzioni del Pronto soccorso di  Fermo (anche questo non immune alle aggressioni), Antonio Ciucani: «Alla ribalta delle cronache ci finiscono i casi più gravi ma siamo soggetti ad aggressioni anche verbali che da noi sono quasi all’ordine del giorno. Noi figure apicali cerchiamo di ristabilire sempre la calma ma non è facile. A volte purtroppo si finisce col passare anche dalle parole alle mani. Ma credetemi, le offese verbali non fanno meno male di quelle fisiche, anzi a volte sono anche più umilianti. Siamo arrivati anche a prevedere l’obbligo di un posto di Polizia, a tutela degli operatori, nei Pronto soccorso. Ma tutto ciò nulla ha a che vedere con i problemi della sanità. Qui parliamo di un mutato rapporto tra il paziente e il sanitario (dunque si finisce nella sfera del sociale). E’ uno spicchio della crisi. Gli Stati, i Governi hanno fatto a gara per ridurre le spese nella sanità. Noi tra i paesi industrializzati siamo quello che investe meno. Spendiamo solo circa il 6% del nostro Pil contro paesi come Germania, Francia e Inghilterra che stanno al 10%, la Spagna è tra il 7 e l’8%. La mia vuole essere solo una fotografia di come è cambiato l’approccio, culturale, tra il sanitario e il paziente che magari trova origine anche in un’insoddisfazione da parte dell’utenza perché i servizi sono ridotti».

Ascolta la notizia:

Dove risiede la causa delle cause di questo fenomeno sociale non è facile stabilirlo: «Negli ultimi 50 anni si è passati da un atteggiamento del paziente di reverenza, forse anche eccessiva, di ossequio nei confronti del medico, del sanitario, in generale, a tutto il contrario – l’analisi di Ciucani – l’operato del medico non veniva mai messo in discussione. Figuriamoci invece che in questi anni la medicina ha fatto passi da gigante: la diagnosi, vuoi anche per le strumentazioni a disposizione, e la terapia sono migliorate infinitamente. E tutto questo a garanzia del paziente ma anche dell’operatore sanitario. Abbiamo diagnosi molto più precise, terapie molto più appropriate ma anche gli strumenti terapeutici sono più efficaci».

Insomma se da una parte la medicina migliora, dall’altra, in uno insolito squilibrio, peggiora il rapporto tra paziente e sanitario. «Eh sì. Mettiamoci che ha preso il sopravvento il dottor Google. Ci sono poi molti studi di avvocati che fanno passare il messaggio che l’errore medico sia viatico per una rivalsa economica. Siamo poi passati da un’epoca in cui la guarigione si cercava, si sperava, a una in cui la guarigione è quasi dovuta, pretesa. Ieri si combatteva la battaglia contro la malattia con il medico e il paziente dalla stessa parte. Oggi no. Oggi c’è la pretesa della guarigione. E far capire che siamo tutti dalla stessa parte contro il “male” non è affatto semplice. Mettiamoci anche la sproporzione tra domanda e offerta di cure mediche che certo contribuisce ad esasperare gli animi. Cosa intendo? Negli anni a fronte della riduzione dei servizi ospedalieri non è arrivata la comparativa crescita dei servizi territoriali che doveva supplire alla chiusura dei presidi, un pò ovunque».

Un ribaltone anche tra classi sociali, per Ciucani: «Partendo dal presupposto che prima si accettava con fatalismo, quasi eccessivo, il destino, beh erano le classi meno abbienti che si affidavano incondizionatamente al fato mentre quelli più benestanti ricorrevano alle cure mediche. Oggi capita che il più agiato accetti i limiti della scienza evitando anche l’accanimento sul suo familiare mentre i meno abbienti, forse per una rabbia sociale per alcuni versi umanamente comprensibile, sono convinti che la guarigione deve arrivare per forza di cose. Pensate che spesso i reparti fanno anche fatica a dimettere i pazienti perché capitano dei familiari che non reputano da dimettere il loro caro».

Però certamente la sanità di errori ne commette: «Partiamo dal presupposto che il medico, l’infermiere, l’Oss, sono persone e quindi in quanto tali possono sbagliare. Certo che non si deve. Certo che quando si trattano vite umane l’attenzione deve essere massima. Ma a volte ci troviamo dinanzi a errori di sistema. Faccio un esempio: il paziente cade dalla barella. Ebbene noi tutti abbiamo ordine tassativo di lasciare le sponde alzate. Magari capita il familiare che per abbracciare il suo caro, mentre il sanitario si allontana, le abbassa. In quel frangente squilla il cellulare e si allontana. Ecco che il paziente cade per una serie di cause che si sono allineate. Considerate comunque che solo circa il 3% delle cause contro sanitari si conclude con una condanna per colpe gravi. A livello civile ci può stare l’errore di sistema ma è anche vero che in questi casi si fa sentire una cultura del diritto che definirei esasperata».

Sembra dunque di capire che anche il rapporto avvocato-sanitario sia un pò cambiato: «In effetti sì. Ma credo sia frutto soprattutto di dinamiche occupazionali e lavorative. A volte si cavalca in maniera eccessiva la battaglia,  posto che la verità e la giustizia sono sacre».

Ma come si inverte la rotta? Come si torna a un rapporto virtuoso tra le parti, paziente e sanitario? Di correttivi ne servono, ma da entrambe le parti: «Serve del tempo. Spesso i sanitari sono valvola di sfogo  perché dipendenti pubblici e vittime di pregiudizi. Questo perché nell’immaginario collettivo “pubblico” equivale a malfunzionante. E di sicuro non sempre è vero». Ma c’è anche da dire che in tempi di crisi il lavoro pubblico, il famoso “statale”, è diventata un’occupazione agognata, per molti un sogno. E in quanto tale anche più soggetto a critiche e osservazioni speciali: «Devo riconoscere che in termini di protezionismo, anche sindacale, nel pubblico ci sono molti più spazi rispetto al privato. Per invertire la tendenza oggi in atto nei rapporti con i pazienti, dicevo, ci vorrà del tempo ma sarà imprescindibile l’impegno di tutte le parti chiamate in causa, di tutti gli attori. E mi auguro che si arrivi quanto prima a ristabilire un rapporto virtuoso, a vantaggio di tutti».


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