Le origini e il significato profondo della Quaresima, l’arcivescovo Pennacchio a Radio FM1 (Videointervista)

FERMO - Ospite questa mattina ai microfoni di Radio Fm1, intervistato da Alessandro Luzi, l'arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio, che ha spiegato il senso della Quaresima, il periodo che inizia oggi, il Mercoledì delle Ceneri e l'avvicinamento alla Pasqua
L'intervista all'arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio

L’arcivescovo Rocco Pennacchio

di Francesco Silla

Questa mattina, negli studi di Radio Fm1, ospite l’arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio. Si è affrontato il tema della Quaresima, il suo significato e le origini del periodo di avvicinamento alla Pasqua.
Intervistato da Alessandro Luzi, l’arcivescovo di Fermo, monsignor Rocco Pennacchio, ha spiegato il senso della Quaresima, il periodo che inizia oggi, il Mercoledì delle Ceneri e la Pasqua.

«Il Mercoledì delle Ceneri dà inizio al tempo forte della Quaresima – inizia l’arcivescovo – Questa parola deriva da Quadragèsima, termine latino che evoca quaranta giorni dalla Pasqua. Questo lascia intendere che il centro è il mistero pasquale. I cristiani sanno che la festa più importante dell’anno liturgico è la Pasqua. In questo periodo si concretizza il mistero che ci ha salvati, cioè la morte e resurrezione di Gesù. Il tempo della Quaresima è di preparazione. I quaranta giorni sono un periodo simbolico che ricorre nella bibbia e raffigura la purificazione. Inizia quindi oggi questo periodo, con il Mercoledì delle Ceneri, visto che il rito centrale della funzione di oggi è quello di spargere un po’ di cenere sulla testa della persona».
Continua poi spiegando il significato della cenere «che raffigura il percorso di conversione della Pasqua. “Cenere eri e cenere ritornerai” è la frase che si pronuncia durante il rito. Il primo passo è rendersi conto di quello che siamo. Dobbiamo partire con umiltà dalla consapevolezza della nostra identità per riconoscere la nostra vera natura, quella di provenire dalla terra e di rinunciare alla vanità. Per chi andrà a messa oggi, il vangelo parte proprio da questa riflessione».

Affrontato poi il tema del digiuno: «Culturalmente è l’espressione che rimane più impressa del tempo di Quaresima, forse perché viene associato all’analogo periodo del Ramadan. Le letture di oggi inviteranno i fedeli al digiuno, alla preghiera e alla carità. Per un cristiano non esiste digiuno senza preghiera e carità. Il digiuno ci chiede di prendere coscienza che noi siamo superiori anche a ciò che ci dà sostentamento. Possiamo rinunciare al cibo o a una parte del cibo per ribadire la libertà da qualsiasi forma di dipendenza. Il cibo è un fatto simbolico, il digiuno può essere anche da altre cose. L’importante però, e lo ribadisco, è accompagnarlo alla preghiera e alla carità. Non deve essere solo un esercizio, ma un modo per recuperare il rapporto con Dio».

L’arcivescovo prosegue sul periodo quaresimale e sulle iniziative della Diocesi: «La Quaresima è notoriamente un tempo di raccoglimento. Non troverete nelle parrocchie un’attività pastorale spumeggiante. Non è il tempo di iniziative rumorose, anche l’abito con il quale il sacerdote si vestirà in questo periodo sarà il viola, ad indicare riflessione e meditazione. Ci sono delle iniziative di tipo spirituale e formativo. I quaresimali ci sono di solito ogni venerdì. Sono delle meditazioni che riprendono il vangelo della domenica in maniera riflessiva. Io terrò i quaresimali presso la parrocchia di Santa Petronilla, ma in tante parrocchie della diocesi è una tradizione. Poi c’è la tradizione della Via Crucis, che ricorda il cammino di Gesù. E per ultimo la Caritas, si indicano delle finalità per raccolte fondi per poveri e bisognosi. Quest’anno a fine marzo ci sarà una raccolta specifica per i terremotati della Turchia e della Siria».
Aperta parentesi poi sulla Caritas che «è esposta su più fronti. Non si è ancora spenta la scia delle difficoltà create dal covid, dovute a difficoltà economiche e agli aumenti dei prezzi. Interveniamo anche su quello che è l’aiuto per chi è in cerca di prime occupazioni. Siamo esposti sul versante del servizio civile, anche se devo dire che quest’anno ci sono state pochissime richieste da parte dei giovani. Sul versante della guerra, la Caritas è esposta sull’accoglienza e sulle reti relazionali di chi è venuto qui in Italia. Per il terremoto non abbiamo dato un aiuto concreto e materiale, ma stiamo preparando collette e raccolte per inviare aiuti».
Infine, un racconto del suo ultimo viaggio in Etiopia: «Sono stato lì perché, nella zona di Robe, a sud di Addis Abeba, opera un frate cappuccino, Padre Angelo Antolini, della nostra diocesi. Ci sono andato nella doppia veste di vescovo di Fermo e di Presidente del comitato della Cei per gli interventi caritativi nel terzo mondo. E’ stato infatti inaugurato un ospedale per la cura dei malati, soprattutto bambini con problemi neuro-psichiatrici, che spesso vengono emarginati in quelle zone. Porto con me un’esperienza di grande essenzialità e frugalità, di ridimensionamento di quelli che sono i nostri standard abituali di comodità. Un mondo molto diverso dal nostro ma di cui dobbiamo tenere conto».


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