di Giuseppe Fedeli *
Il procedimento penale mediatico può avere gravi ripercussioni sia sullo svolgimento del procedimento, sia sull’agenda quotidiana di chi lo subisce. Cresciuto come un “circuito giudiziario” parallelo a quello penale ordinario, esso comporta nella maggior parte dei casi indebite intromissioni sulla valutazione del giudice e sulla libertà da influenze delle parti e dei testimoni, ma anche effetti difficilmente calcolabili (e difficilmente sanabili) a danno della vita personale e della reputazione dell’imputato. Un meccanismo infernale, che ogni giorno spazza via lungo il suo instancabile procedere carriere professionali, stabilità economiche, rapporti familiari, sociali e affettivi.
Nell’ambito del principio costituzionale della presunzione di innocenza, va dunque individuato un ulteriore aspetto di garanzia, al di là della tradizionale applicazione del principio in ambito giudiziario: tutelare l’imputato dalle conseguenze negative derivanti da anticipati richiami in pubblico alla sua colpevolezza. Ritenuto non colpevole dall’autorità giudiziaria, chi è stato da tempo messo alla gogna dal tritacarne massmediatico sconta sulla propria carne viva sommarie “sentenze” di condanna per placare l’impellente bisogno di giustizialismo (che è poi una forma di catarsi al contrario) del popolo, inebetito davanti a una congerie vertiginosa di dati, opinioni e “narrazioni”.
Per concludere, il focus dell’intervento normativo europeo è la salvaguardia del principio della presunzione d’innocenza dell’indagato/imputato non condannato in via definitiva ed il conseguente divieto per tutte le autorità pubbliche di rendere dichiarazioni pubbliche violative di esso: al riguardo garantendo la eventualità di diffondere informazioni relative ai procedimenti penali, solo quando ciò sia necessario o per ragioni connesse alle indagini in corso, o per la sussistenza di un interesse pubblico alla loro divulgazione.
* giudice
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati