Gli antichi romani, bravi ingegneri ma un pò spreconi: ecco i consumi di acqua nella Firmum Picenum

Come si sono evoluti i consumi idrici per scopi igienico-potabili nei secoli a Fermo? L’approfondimento necessita di definire le condizioni al contorno, per poter affrontare in termini numerici la problematica posta. Gli antichi romani? bravo ingegneri ma un pò spreconi rispetto alla civiltà moderna.

stampa Fondo De Minicis Biblioteca comunale di Fermo (Massimo Spagnoli, Panorami sotterranei a Firmum Picenum – le Cisterne)

Come si sono evoluti i consumi idrici per scopi igienico-potabili nei secoli a Fermo? L’approfondimento necessita di definire le condizioni al contorno, per poter affrontare in termini numerici la problematica posta. Vero è che nell’intorno del I sec a.c. e I sec d.c. il popolo dei romani aveva realizzato delle infrastrutture idrauliche magnifiche che hanno permesso di far evolvere la comunità e trasformare il senso della civiltà e del vivere in una città in cui vi erano i comfort, ovvero i servizi pubblici necessari per vivere civilmente, quali l’acqua potabile e lo smaltimento dei reflui civili.

Il concetto dell’acqua, come è noto, era di importanza vitale per il popolo romano, le opere che ci hanno lasciato in eredità raccontano il loro mondo. L’utilizzo di questa preziosa risorsa era davvero elevato rispetto all’utilizzo attuale. Per rimanere nel contesto storico, la descrizione sommaria delle epoche più importanti per chi scrive terminerà nella prima metà del ‘900 al fine di evitare di dover valutare ulteriori contingenze quali il cambio climatico, la crisi idrica e molti altri fattori. Ragionando sulla Fermo Romana, la presenza delle cisterne romane non fa che confermare quanto detto nelle premesse. Riprendendo i dati indicati da Massimo Spagnoli nel suo “Cisterne”, le due condotte di uscita avevano le seguenti caratteristiche: «I canali emissari o mandatari della Cisterna romana ubicati sul fondo della parete perimetrale Nord, precisamente sull’angolo nord-est (vano C10). Essi sono costituiti da due tubazioni di piombo: quella destra (una fistola sexagenaria ) del diametro di 27 cm ovvero 15 digiti circa, ottenuta con una lamina spessa 1,5 cm ( portata 78,5 litri al secondo) è ubicata a 75 cm dall’angolo della stanza e 5-6 cm dal pavimento; quella sinistroide invece (una fistola vicenaria) diametro cm 9 ovvero 5 digiti, ottenuta con una lamina di spessore 3,5 cm ( portata 7,8 litri al secondo) è posta a circa 98 cm dall’angolo e a 24 cm dal pavimento» si legge in “Panorami sotterranei a Firmum Picenum – Le cisterne (Castella Aquarum)” di Massimo Spagnoli,

Dalle analisi svolte sulla modellazione idraulica, le due condotte idriche avevano una portata variabile ovviamente in funzione del pelo libero dell’acqua all’interno delle vasche. Il numero dei cittadini presenti nella Firmum Picenum, considerando che in una legione romana potevano essere presenti anche 4.500 uomini, si può ragionevolmente stimare in 10.000 abitanti. Prendendo i dati delle portate del Dn 270, si ipotizza un consumo in uscita, senza considerare gli organi di regolazione, di circa 6.800 mc al giorno, che corrisponderebbero a circa 1500 litri al giorno per abitante. Prendendo i dati delle portate del Dn 90 si ipotizza un consumo in uscita, con le medesime condizioni sopra indicate di circa 674 mc, quindi circa 67 litri per abitante giorno.

Dobbiamo considerare la presenza dell’acqua corrente soltanto in alcune case signorili, si ipotizza, e l’alimentazione delle fontane: pensando di fare una media delle due portate si potrebbe così ipotizzare un consumo di 783 litri per ogni abitante. I dati si perdono nel successivo medioevo per poi arrivare alla fine ‘800 con lo sviluppo della città, simile all’odierna, a meno dello sviluppo risalente al periodo successivo. Dall’epoca dei romani in poi c’è stato un crescendo di migliorie degli impianti idrici che sono stati sempre più capillarizzati verso le singole abitazioni. Nel medioevo l’aumento dell’acqua è stato notevole sia per la presenza e l’avvio di numerose attività preindustriali che per le popolazioni che si trovavano a vivere in luoghi con un’alta densità abitativa. Non si hanno studi specifici del consumo procapite, ed è difficilmente stimabile per la promiscuità dell’utilizzo.

La vera evoluzione c’è stata tra l’800 e il ‘900 con la costruzione delle grandi opere idrauliche che hanno di fatto costruito l’asse portante delle infrastrutture idriche che hanno contribuito al florido sviluppo della civiltà, dell’economia, della vita. Una data importante da sottolineare è il 7 aprile del 1880, anno in cui fu fondata la Società Italiana per condotte d’acqua che realizzerò innumerevoli opere ed infrastrutture idrauliche nel Paese e non solo. Con la messa in esercizio dei nuovi impianti è stato possibile iniziare a ragionare per consumo abitante giorno come si evince dai dati riportati di seguito e riferiti al 1940 in alcune grandi città. Da un vecchio manuale del geometra, 3° edizione, leggiamo emergono i seguenti numeri: “Dotazione d’acqua a persona per giorno, nelle seguenti città: l. 700 Roma, l.200 Napoli, l.300 Milano, l.120 Genova, l.200 Cuneo, l.30 Bologna, l. 100 Reggio Emilia, l. 80 Catania. In media bastano l. 50-100 a persona per piccoli e medi centri; l. 150-200 per grandi centri”. L’analisi ci porta alla seguente conclusione, che l’ammodernamento e la realizzazione delle infrastrutture idriche ha permesso la riduzione del consumo idrico potabile per abitante, a significare che l’evoluzione delle città come oggi le intendiamo sono sicuramente la giusta soluzione ed il giusto passo da seguire per un migliore futuro.

di Virginia Recanati, ingegnere e curatrice del blog blogidraulicaantica.org


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