L'ANALISI di Giuseppe Fedeli: «"Affidarsi" è esercizio che affina, forgiando l'anima, che pur si dibatte, nella sua lunga notte oscura, fra dubbi e asprezze. Sono tanti i cristi che tribolano e si caricano della croce giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, a imitazione del Cristo. È il cuore che fa la differenza»
Di fronte a un accadimento tragico, l’uomo è solito inscriverlo nelle trame della vita, che è dominata dalla morte, la cui “ulteriorità” di Senso, dati i limiti della conoscenza umana, ci sfugge.
Il “dato di fatto” resta, è oggettivo, e l’esito è straziante. Tuttavia non bisogna compiangere la “vittima designata” dal destino, piuttosto com-patire, nel senso più alto del termine. Chi patisce (verbo che ha la stessa radice di passione, nel suo duplice significato) non vuole essere commiserato, ha sete di calore, cerca una mano, un abbraccio, desidera sentirsi dire:” ci sono, fratello mio…”. È la riva cui anelano approdare le anime lasciate sole, defraudate dalla sorte, che, sulla terra, non riavranno indietro quel che hanno perduto. Personalmente, non voglio credere a un Dio che si diverte a tirare i dadi alla cieca, servendosi di improbabili croupier: la natura è intrinsecamente fallibile.
“Affidarsi” è esercizio che affina, forgiando l’anima, che pur si dibatte, nella sua lunga notte oscura, fra dubbi e asprezze. Sono tanti i cristi che tribolano e si caricano della croce giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, a imitazione del Cristo. È il cuore che fa la differenza.