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Fittizi crediti d’imposta, maxi indagine con 279 denunciati in 42 province: nei guai anche aziende marchigiane

FIAMME GIALLE – Nasce da Salerno l’inchiesta che coinvolge 42 province, tra cui quella Maceratese e quella di Ascoli per le Marche. Le imprese avrebbero ottenuto agevolazioni con fittizi corsi di formazione. Sequestri preventivi per 57 milioni di euro

Maxi operazione della Guardia di Finanza di Agropoli, 279 le persone denunciate in 42 province d’Italia e ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione per delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione di crediti di imposta e autoriciclaggio. L’indagine coinvolge anche le Marche e le province di Macerata e Ascoli. Nel complesso i finanzieri hanno effettuato, in Italia, il sequestro preventivo dei presunti profitti illeciti per 57 milioni di euro.

L’operazione ha visto impegnati oltre cento reparti delle Fiamme gialle in oltre 42 province, che hanno eseguito l’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Vallo della Lucania in provincia di Salerno. Secondo gli inquirenti tra il 2020 e il 2021 le imprese (274 quelle coinvolte) avrebbero effettuato un’indebita compensazione di crediti inesistenti, generati artificiosamente, cioè attestando falsamente l’avvenuta effettuazione di attività di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal “Piano Nazionale Industria 4.0”. Dalle indagini è emerso un sofisticato meccanismo fraudolento: dapprima una fitta rete di procacciatori individuava le imprese alle quali proponeva di beneficiare del credito di imposta inerente la formazione del personale.

Una società, con sede nel Salernitano, predisponeva e forniva alle imprese la documentazione relativa alle ore di formazione: registri didattici delle presenze, autocertificazione del rappresentante legale dell’impresa beneficiaria, relazione del docente sulla valutazione dell’attività del corso di formazione del personale. Corsi che i dipendenti risultano aver svolto, ma che in realtà non sono mai avvenuti. Con l’ausilio di alcuni delegati sindacali, venivano redatti falsi contratti collettivi aziendali, anche con l’utilizzo di marche da bollo contraffatte, in modo da attestare i costi sostenuti dalle imprese e retrodatate le stipule degli stessi contratti. L’illecito giro d’affari ha fruttato un profitto di circa 57 milioni di euro.

 


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