di Giuseppe Fedeli *
…”la scienza moderna finisce per eludere l’uomo invece che servirlo” (F. Nietzsche), così privandoci della immaginazione, fino a ridurre tutto ciò che è umano a una sorta di “dogmatismo tecnologico”: prigionieri di un non-luogo dove la mente non serve più, e in cui la società, espropriata di quella componente umana, perde la capacità di “essere”.
La visione distopica del reale, intesa come utopia negativa, scaturisce dal dominio incontrollato dell’apparato tecnologico, di cui siamo meri esecutori. Un senso di paura e smarrimento si impadronisce di chi, pensando, “è” in grado di percepire una mutazione radicale: si delineano i contorni di uno scenario (si pensi al metaverso, per il quale Internet è l’unico mondo virtuale universale), in cui non è più la mente umana, ma la tecnologia a “rappresentare” il mondo, fino a ingabbiare l’uomo e le sue facoltà cognitive. Già “profeti” del calibro di Heidegger, sulla scia di Hans Jonas – a non parlare di Orwell e del suo arcinoto “1984”-, avevano paventato un futuro simile, in cui l’uomo è totalmente asservito alla “macchina”, cui delega anche le personali “decisioni”. Sì che il prigioniero nulla deve fare, men che meno pensare. Ma l’uomo è altro, è l’intelligenza emotiva a definirlo. L’esprit de finesse sale sul proscenio, riabilitandolo: capacità intuitiva che non va disgiunta dall’esprit de geometrie (locuzione, anche questa, di pascaliano conio), solo giustapposta, in un armonioso gioco di ruoli che ristabilisca l’equilibrio fra teoria e prassi. Le macchine possono sì eseguire milioni di operazioni al secondo, ma non hanno creatività, né coscienza: se anche un robot, con la sua azione meccanica, aiuta a sbrigare faccende le più disparate, la sua utilità non potrà mai “soppiantare” il calore di un gesto. Il cammino che si auspica è in direzione di un neo-umanesimo, di un futuro (come sottolineano, lanciando un accorato allarme, gli esperti della sicurezza dei dati e cybersecurity) che abbia il coraggio di essere nuovamente umano. E la posta in gioco tocca anche la sfera politica (nella declinazione del vocabolo greco polis, da cui politeia, equivalente del latino res publica), dacché riguarda ogni aspetto del vivere in seno alla comunità.
P.s. Chi glielo dirà ai nostri figli che un tempo la “vita umana” si chiamava così?
* giudice
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