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Dimissioni del lavoratore dipendente e diritto alla Naspi: la parola all’esperto

LAVORO – Rubrica di approfondimento a cura della consulente del lavoro Alessandra Fermani

Alessandra Fermani

di Alessandra Fermani*

 

Le dimissioni sono un negozio giuridico unilaterale con il quale il lavoratore esprime la volontà di cessare il rapporto di lavoro nel rispetto del periodo di preavviso. Ma come si comunicano e cosa comportano? Quando è possibile accedere alla Naspi? Ai quesiti più frequenti sull’argomento, risponde la consulente del lavoro Alessandra Fermani.

Come si comunicano le dimissioni dal lavoro?

Devono essere comunicate dal dipendente, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche, utilizzando appositi moduli disponibili sul sito del Ministero del Lavoro salvo i casi in cui tale modalità non sia richiesta (ad esempio per il recesso durante il periodo di prova). Il datore di lavoro deve comunicare telematicamente la cessazione del rapporto di lavoro ai servizi competenti (attraverso la comunicazione Unilav di cessazione del rapporto di lavoro).

Le dimissioni possono essere revocate?

Entro 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo, il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni con le medesime modalità.

Quali sono le tipologie di dimissioni attuabili?

Le dimissioni possono essere volontarie quando esprimono la volontà di cessare il rapporto di lavoro previo rispetto del periodo di preavviso e non danno diritto alla Naspi (acronimo di “Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego). Qualora il periodo di preavviso non venisse rispettato, il corrispettivo verrà interamente trattenuto nell’ultima busta paga. Ci sono poi le dimissioni per giusta causa; le dimissioni soggette a convalida e le dimissioni durante il periodo di prova. 

Quali dimissioni danno accesso al diritto alla NASPI?

Le dimissioni per giusta causa e il conseguente stato di disoccupazione che viene ritenuto involontario. Tra le motivazioni della giusta causa l’INPS ha elencato: il mancato pagamento della retribuzione; le molestie sul luogo di lavoro; le dimissioni durante il periodo protetto (da 300 giorni prima della data presunta del parto fino al compimento di un anno di vita del figlio); mobbing e demansionamento. Le dimissioni per giusta causa devono essere corredate da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà da cui risulti la volontà del dipendente di difendersi in giudizio impegnandosi a comunicare l’esito della controversia. Qualora le motivazioni della giusta causa non dovessero essere riconosciute, il lavoratore dovrà restituire la NASPI. Le dimissioni per giusta causa per mancato pagamento delle retribuzioni sono ritenute legittime dall’INPS se il mancato pagamento si protrae per almeno tre mensilità salvo diversa indicazione del C.C.N.L. di riferimento.

Le dimissioni durante la malattia danno diritto alla NASPI?

La malattia non è considerata giusta causa in quanto non siamo in presenza di un grave inadempimento del datore di lavoro.

Quando si parla di “dimissioni soggette a convalida”?

In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto il divieto di licenziamento – ovvero fino ad un anno di vita del bambino – il datore di lavoro è tenuto ad erogare le indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento (es. indennità sostitutiva del preavviso). Il dimissionario, peraltro, non è tenuto al preavviso. L’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro è sospensivamente condizionata alla convalida delle dimissioni presso il Servizio ispettivo del Ministero del Lavoro competente per territorio. L’obbligo di convalida sussiste per le dimissioni presentate dalla lavoratrice in gravidanza e dalla lavoratrice/lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento (o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalla comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando, ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento). L’obbligo di convalida è dunque previsto per un periodo di 3 anni, mentre il diritto alle indennità previste in caso di licenziamento è riconosciuto per un anno. L’obbligo di convalida è previsto anche in caso di risoluzione consensuale della lavoratrice madre o del lavoratore padre. Vediamo la procedura e gli adempimenti del lavoratore e del datore di lavoro. 

Il lavoratore deve:

1) presentare al datore di lavoro la lettera di dimissioni;

2) richiedere la convalida delle proprie dimissioni presso l’ITL competente (individuato in base al luogo di lavoro o di residenza del lavoratore o della lavoratrice interessati), in una di queste modalità:

a) in presenza, compilando innanzi al funzionario un apposito modulo in cui dichiara:
– di essere a conoscenza delle disposizioni normative poste a garanzia del posto di lavoro nelle situazioni connesse alla genitorialità;
– l’avvenuta richiesta di fruizione degli istituti contrattuali e normativi a sostegno della genitorialità e l’effettivo godimento degli stessi;
– le reali motivazioni che hanno spinto la lavoratrice o il lavoratore a recedere dal rapporto nel periodo protetto;
– le informazioni utili per la comprensione del caso.

b) a distanza, presentando apposito modello di richiesta da trasmettere per posta elettronica al competente ufficio dell’ITL, allegando copia della lettera di dimissioni/risoluzione consensuale presentata al datore di lavoro, debitamente datata e firmata. Il verbale istruttorio finalizzato al rilascio della convalida si perfeziona con la sola sottoscrizione del funzionario incaricato.

Adempimenti del datore di lavoro:

Il datore di lavoro, ricevute le dimissioni del lavoratore (intervenute sino al compimento di un anno di età del bambino) ed effettuata la convalida da parte del lavoratore, deve:

1) liquidare al lavoratore/lavoratrice l’indennità sostitutiva del preavviso;

2) liquidare al lavoratore/lavoratrice le altre indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento;

3) versare lo specifico contributo di licenziamento” o “ticket licenziamento”; 

4) effettuare in via telematica la comunicazione obbligatoria Unilav di cessazione.

Il lavoratore, in questo caso, ha diritto alla Naspi?

Si, il dimissionario ha altresì diritto all’indennità di disoccupazione Naspi purché le dimissioni avvengano entro il primo anno di vita del bambino.

Durante il periodo di prova si può recedere?

Sì, il lavoratore può recedere liberamente dal rapporto di lavoro, senza obbligo di dare preavviso al datore di lavoro o di pagare la relativa indennità sostitutiva. Il presupposto è che il contratto preveda per iscritto un periodo di prova. I lavoratori che si dimettono durante il periodo di prova non sono obbligati alla comunicazione telematica delle dimissioni. Il datore di lavoro deve restituire al lavoratore una copia firmata della lettera di dimissioni ricevuta; nella lettera sono normalmente indicate l’intenzione di recedere e la data da cui avranno effetto le dimissioni (che può essere anche contestuale alla consegna della lettera). Il datore di lavoro dovrà poi comunicare in via telematica la cessazione del rapporto secondo il modello unificato Unilav. Il dimissionario non ha però diritto alla Naspi.

Sono previste sanzioni e responsabilità a carico del datore di lavoro?

In caso di alterazione dei moduli telematici di dimissione da parte del datore di lavoro, è prevista la sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 30.000.

Per maggiori informazioni e ulteriori delucidazioni in materia, la consulente del lavoro, Alessandra Fermani, riceve in studio a Porto San Giorgio in via Cotechini n.120, tel. 0734-622173 Pagina Facebook: Studio Associato Fermani & Del Gatto dal 1984; 

Mail: alessandra@studiofermani.com

*consulente del lavoro

(Spazio promo-redazionale)

 

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