«Meno social e più realtà: i giovani riscoprano la bellezza del contatto diretto in piazza»

LA LETTERA da Maria Teresa Eleuteri, docente di Storia dell’Arte e Discipline Pittoriche

Riceviamo da Maria Teresa Eleuteri * e pubblichiamo:

«Piazza reale/Piazza virtuale. Di recente ho partecipato a una manifestazione, Fermoattivo, che si è tenuta dal 22 al 25 aprile. Ero una dei 60 artisti che hanno esposto in luoghi storici, a me è stato assegnato uno spazio all’interno del Palazzo dei Priori in piazza del Popolo. Per raggiungere il Palazzo Priorale spesso in questi giorni ho attraversato la piazza, ho incontrato conoscenti, ho ricordato con loro la piazza com’era qualche decennio fa…un luogo d’incontro per tutte le età, affollata, gremita il sabato, giorno del mercato, la domenica, giorno della Santa Messa…
Dentro i due portici c’erano tanti negozi famosi: Maffei, Alimento, Foschi c’è ancora. Fuori dai portici, nel Palazzo della Biblioteca, La Veneta, lì ho sorseggiato il mio primo caffè…


Andare in piazza per i ragazzi di ”allora” era incontrarsi con amici, fare le “vasche”, chiacchierare, darsi le “pacche” sulle spalle magari litigare e perfino innamorarsi. La piazza è stata testimone silenziosa di tanti “filarini”, di scambi di appunti presi in Biblioteca, non c’era Google, né cellulari ma circolavano tanti “pizzini” tra cui compiti da copiare specialmente di latino, italiano, storia. Ed io, studentessa “modello”, ne passavo in quantità industriale facendone tanta copie scritte a mano perché la fotocopiatrice era un lusso. Questo scambio gratuito mi regalava tanti abbracci affettuosi delle mie compagne di scuola, mi ricordo ancora il profumo della loro pelle lavata rigorosamente con acqua e sapone. Per andare in piazza si indossavano i vestiti più belli (spesso le stoffe erano consumate), rigorosamente fatti i casa, rigirate ma la disinvoltura con cui erano indossati i vestiti li facevano diventare preziosi. Quante bugie dette ai miei per fare spesso la passeggiata in piazza: la preferita era la ricerca in Biblioteca e, secchiona com’ero, non dubitavano sulla veridicità.
Arrivavo in piazza col fiatone. Per me che abitavo in periferia era una bella passeggiata. Quante scarpe ho consumato e fatto risuolare.
Voglio dire ai giovani di oggi, molto impegnati con i “social”, che il contatto reale con le persone è più bello, il sorriso di una persona amica, una “pacca sulle spalle, una litigata “in diretta”, uno sgambetto, uno schiaffo erano salutari. I nostri occhi brillavano di felicità o ammiravano o piangevano, nei momenti ”bui” c’era sempre la spalla di un amico per piangere, un amico che ti confortava o ti diceva “str….o”, cosi’ si capiva quello che era bene e quello che era male. Oggi si pretendono legalità, giustizia, libertà, rispetto, uguaglianza ma una moltitudine di giovani cresce da sola, ingannata da molti messaggi mendaci dei “social”. Si parla di cyberbullismo, ci si fida di estranei, si passa tante ore a messaggiare, di finire, perché non “uguali “ ai “divi” del momento, nel tunnel della droga, dell’alcool, dell’anoressia o della bulimia. Mi rivolgo a tutte le generazioni che si sono dovute appartare, causa Covid, con un appello a riscoprire la bellezza del contatto con gli altri. Inostri luoghi storici non rinnegando la tecnologia ma bisogna fare di essa un uso adeguato».

* docente di Storia dell’Arte e Discipline Pittoriche


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