di Elia Frollà
Accade certe volte, ed è molto affascinante quando succede, che una certa iniziativa abbia un peso così decisivo per un territorio da cambiare il nome di un luogo. È quanto racconta Fabiano Alessandrini, intervistato da Alessandro Luzi ai microfoni di Radio Fm1.
«Si tratta di una storia curiosa e allo stesso tempo molto importante – spiega lo stesso Alessandrini – dato che, quando si passa lungo la Faleriense diretti verso Porto Sant’Elpidio, incontrando i cartelli con su scritto “la luce”, ci si può chiedere il perché di questo nome».
Come affermato nel corso dell’intervento, la vicenda dell’appellativo si intreccia a quella della centrale elettrica che, un secolo fa, si ergeva sul territorio. Infatti, riprendendo ancora le sue parole, «l’area aveva il nome di Contrada Tenna Molino, proprio perché caratterizzata dalla presenza del fiume e del mulino ad acqua in fondo alla strada. Con il sorgere dell’impianto e del passare del tempo, però, il toponimo della località cambia».
E sul modo con cui l’energia elettrica veniva prodotta, il consigliere comunale di Sant’Elpidio a Mare, nei panni di appassionato di storia, spiega nei dettagli il funzionamento dell’impianto. «Stiamo parlando di una centrale idroelettrica, che sfruttava i due fossi di Monte Urano e dell’Acqualato, oggi in gran parte semi asciutti».
«La portata dei fossi – prosegue – cento anni fa, era ben diversa: fattori come il riscaldamento globale e un maggiore grado di inurbamento hanno inciso molto. L’opera di ingegneria idraulica funzionava attraverso un importante canale di adduzione, interamente in pietra. È un vero e proprio gioiello ingegneristico. Il canale che convogliava l’acqua da Monte Urano saliva fino a Villa Falconi; lì si trova un crinale e, sfruttando un ripido dislivello di 40 metri, tutta la tubazione scendeva lungo la parete del monte fino alla turbina che la convertiva in elettricità».
Tanti retroscena e tante storie degne di essere raccontate dunque, come quella legata alla costruzione dell’opera. «Sono stati degli ingegneri del Politecnico di Milano e di Torino a fondare una società e investire nella nostra zona per la costruzione dell’impianto. Acquistarono il precedente sito industriale per la produzione di carburo e acetilene e, grazie alle loro capacità ingegneristiche avanzate, realizzarono la centrale. La società in questione prendeva il nome di Unes e si collocava in un tempo precedente alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, un tempo in cui questa risorsa era in mano ai privati. Unes si radicò profondamente nel nostro territorio, investendo nelle aree a potenziale sviluppo».
A fronte di un passato così affascinante, non ci si può domandare cosa ne è oggi della centrale e cosa ne sarà domani. Nel 1998 il comune di Sant’Elpidio a Mare ha acquistato l’area della centrale elettrica. «Quello che ci si augura – prosegue Alessandrini – è un’opera di riqualifica importante, che è già stata progettata ma che non è mai andata in porto. Solo così, infatti, un impianto di tale pregio ingegneristico e architettonico può continuare a vivere acquisendo una funzione sociale e culturale».
Una vicenda imprenditoriale coinvolgente che, come spiegato in questa intervista, ci dice molto su come fosse il nostro territorio circa cento anni fa e ci racconta di importanti cambiamenti sociali, culturali ed economici. Una “piccola storia importante”, dunque, che gli interessati possono anche trovare pubblicata sul periodico ‘Il mio paese’, diretto da Giovanni Martinelli.
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