di Giuseppe Fedeli *
La Bellezza
«Dove c’è bellezza, c’è anche compassione, per la semplice ragione che la bellezza deve morire». – F. Dostoevskij
Specchiandomi sul tuo viso, non molto tempo fa ero rimasto turbato dal constatare che la bellezza si incrina con gli anni, non ha più le linee e le proporzioni di una statua ellenica, di cui godemmo, e che ammirammo nella nostra giovinezza. L’avevo colto con nostalgia e insieme malinconia – c’è dentro di me un sentire, un “vedere oltre” che non mi inganna mai…-, e questo mi rendeva particolarmente triste. Perché di bellezza si può morire, è stato scritto: la bellezza non è solo l’ipostasi (ovvero il nucleo) dell’aisthesis (sensazione, da cui estetica), ma un qualcosa che veicola significati molto più profondi, è in interiore homine, direbbe Sant’Agostino. Non si limita alla pura esteriorità, la vera bellezza rifulge negli occhi, è il riverbero della bellezza interiore, della limpidezza dell’anima. E quando un volto, un corpo sfiorisce, non è questo che ci lascia tristi e pieni di rimpianto, ma la sensazione che il tempo migliore è passato. Non è, tuttavia, l’ultima parola: la luce che sprigionano gli occhi è ancora intatta, perché la bellezza è imperitura. Così è per una opera d’arte, uno spettacolo naturale, una lacrima. Un sorriso. Ed è qui che dobbiamo partire per comprendere il senso della locuzione “la Bellezza salverà il mondo”.
La quale, a differenza della “bellezza” anestetizzata e seriale di oggi (che tutto è, fuorché espressione di armonia e di luce), straniante fenomeno di replicanti acefali e pilotati a (tele)comando, è non solo un valore aggiunto: perché abbraccia, fino a fondersi con la triade platonica Bello-Vero-Buono. Non a caso, l’aggettivo “bello” deriva da b(onic)ellum, piccolo bene.
* giudice
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati