“Zona Cesarini. Il calcio, la vita”, l’intervista a Luca Pagliari che racconta il mitico Renato e il grande Sivori: «Mai vivere di rimpianti»

SANTA VITTORIA IN MATENANO - Lo storyteller ripercorre la vita di due grandi uomini di un calcio che non c’è più: Renato Cesarini e Omar Sivori. Appuntamento, ad ingresso gratuito, venerdì sera in piazza Fra’ Bernardino Urbani con inizio alle 21.30. «Tutti mi dicevano che se volevo capire l’essenza di Cesarini dovevo incontrare Sivori»

“Zona Cesarini. Il calcio, la vita”. Si chiama così lo spettacolo di Luca Pagliari che venerdì sera, nell’ambito della rassegna Festival Storie, arriva in piazza Fra’ Bernardino Urbani a Santa Vittoria in Matenano con inizio alle 21.30 ad ingresso gratuito. Uno storytelling che ripercorre la vita di due grandi uomini di un calcio che non c’è più: Renato Cesarini e Omar Sivori.

Luca Pagliari, che storia è quella della zona Cesarini?

«E’ una storia che ne racchiude tante perché la “zona Cesarini” per come proprio la intendeva lo stesso Renato, se tradotta in una vita vissuta fuori dal campo significa non vivere di rimpianti. Bisogna lottare sempre fino alla fine per ottenere sempre quello che si vuole perché di rimpianti si muore. A questa storia si sovrappone poi quella di Omar Sivori con cui avevo costruito un’amicizia personale e lui è stato un pò il figlio che Cesarini non ha mai avuto. E’ una storia molto intensa dove il calcio fa solamente da sfondo a questa intera grande vicenda all’interno della quale mi sono trovato oltretutto io stesso».

Come è nata la voglia di raccontare questi due personaggi?

«E’ accaduto perché poi quando Omar è morto mi sono trovato questa pesante eredita data dallo stesso Sivori; quella di scrivere qualcosa che raccontasse la storia di Renato, ma anche di Omar».

Un’amicizia vera quella nata tra te e Omar Sivori, come è arrivata?

«Un incontro casuale in realtà avvenuto quando ho iniziato a studiare la vita di Renato Cesarini. Tutti mi dicevano che se volevo capirne l’essenza dovevo incontrare Sivori. Una telefono avvenuta nel 2003 che ha scatenato un rapporto intenso, fatto anche di aneddoti e momenti unici».

Tra questi ne hai uno in particolare?

«Nel 2006 avremmo voluto fare a Senigallia, città natale di Renato, una festa per quello che sarebbe stato il centenario della sua nascita. Così a fine 2003 ho chiesto ad Omar se avrebbe voluto partecipare e lui mi ha detto “sì certo, ma vengo prima a Senigallia, l’estate prossima“. All’inizio pensavo fosse il capriccio del campione, di chi vuole tutto e subito. Invece lui, Omar, sapeva che stava morendo e non aveva detto niente a nessuno, né ai figli, né a me. Ha passato quindici giorni a Senigallia nell’estate del 2004 e quando a febbraio 2005 si è spento ho sentito il dovere di dover raccontare queste due storie quella di Renato e quella di Sivori».

In Italia, per tutti, Cesarini è famoso per la “zona” più inflazionata del calcio, fuori dai confini italiani come era visto?
«Lo vedevano come un visionario, un filosofo del calcio. La sua fama in Argentina era altissima, non come giocatore, ma come allenatore dove risultava all’epoca essere ciò che oggi si riconosce agli avanguardisti».

Hai un momento da incorniciare di tutta questa storia che ha toccato te come uno dei protagonisti?
«Il momento più bello è stato quando poi sono andato in Argentina a trovare la famiglia di Omar e ho portato con me il libro, donato al presidente del River Plate e tutt’ora esposto nel museo della squadra».

Maikol Di Stefano  

Luca Pagliari qui con Omar Sivori


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