di Giuseppe Fedeli *
Il Minotauro
«Da quando fu data attuazione al principio “ubi societas, ibi jus” (dove più individui si consociano, il diritto è chiamato a regolare i loro rapporti), i meccanismi del potere e dell’organizzazione si muovono sempre ai margini della libertà e dell’autonomia. La tendenza a neutralizzare il pluralismo, la libertà e la convivenza, gli usi e costumi delle varie etnie, ponendoli su un piano di asserita parità, è l’obiettivo primario dell’establishement; di qui la standardizzazione, il conformismo e la sottomissione dell’uomo, attributi delle visioni globaliste e dirigiste, parto della tirannia del Pensiero Unico.
Tendenza che ha attraversato gran parte del ventesimo secolo, dando vita a ideologie e totalitarismi. La figura del Minotauro incarna lo spirito faustiano della tarda modernità, che si dimena in un labirintico intarsio di forme e rappresentazioni fluide, stretto fra il benessere delle classi agiate “ad ogni costo”, da un lato, e la spietata “logica” del controllo e dell’obbedienza -soggetti passivi i moderni valvassini- dall’altro. Una dinamica che ha sempre caratterizzato il vivere in società, ma che mai come oggi mostra uno squilibrio tra chi “ha” e chi non ha (a dispetto di quello che appassionatamente predicava Erich Fromm, fiero avversario del principio “Se uno non ha nulla, non è nulla”), così marcato. Ne è un esempio lampante il neo-malthusianesimo (in cui si incarna la ideologia lgbt+); a non parlare dello strapotere della tecnologia, che ha asservito la mente di chi, vittima della sindrome di Stoccolma, ama il suo carceriere. Con tutte le derive di tipo etico-morale, che, ahinoi, sono sotto gli occhi di tutti».
* giudice
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