«Un saluto a tutti gli ascoltatori Radio Fm1 e i lettori di Cronache Fermane. Si è concluso Teatri senza Frontiere e si è chiuso in Ucraina. Abbiamo fatto 31 spettacoli, il doppio di quelli che avevamo previsto alla partenza. Abbiamo girato tutta l’Ucraina, facendo più di 3000 km. Da Leopoli siamo scesi nelle zone di guerra, Kherson, Zaporižžja, Kharkiv, Dnipro. Stiamo tornado verso Leopoli, dove ci riuniremo con altri due ragazzi che sono rimasti lì per fare gli spettacoli. Ci eravamo infatti divisi in due gruppi. È stata un esperienza molto forte e coinvolgente. Abbiamo incontrato migliaia di persone. Quello che ci rimane è l’immagine di un popolo coeso e unito, di uomini, donne, preti, anziani, tutti decisi a non farsi sopraffare dall’invasore russo. Questo trapela in ogni discorso e in ogni sguardo». A parlare è Marco Renzi che quest’anno ha portato i Teatri senza Frontiere proprio in Ucraina, nelle terre martoriate dalla guerra.
«Il momento più difficile è stato a Kherson, dove abbiamo sentito le bombe dell’esercito russo, che stava a 5 km da dove abbiamo passato la notte. Abbiamo passato la notte in bianco con la paura, e lo spettacolo che abbiamo fatto Kherson, ormai città fantasma, è quasi completamente abbandonata. La città vive in un silenzio spettrale. Da 350mila persone ne sono rimaste 20mila. Per il resto, ci siamo abituati agli allarmi e la vita continua, più forte di tutto questo. L’altro momento che ci ricorderemo è quando siamo dovuti scendere nel bunker di una scuola in seguito ad un allarme, mentre facevamo lo spettacolo, come ci ricorderemo gli abbracci che ci hanno regalato i nostri spettatori. Un momento invece terribile, che ci ha toccato profondamente, è stato vedere nella periferia di Kharkiv un palazzo squarciato dall’arrivo di un missile che ha provocato dei morti. Questa immagine rappresenta la deriva dell’intelligenza dell’essere umano. Credo che dovrebbe rimanere così, come monito e memoria dell’atrocità di questo conflitto.
Abbiamo fatto questo cerchio intorno all’Ucraina, per stringerla in un grande abbraccio e per dire agli ucraini che non sono soli. Oltre a noi tantissimi altri sono al fianco di questo popolo che lotta per la sua libertà.
È la prima volta che Teatri senza Frontiere va in una zona di guerra. Siamo felici di averlo fatto e di come è andata. Siamo ovviamente contenti di rientrare, non nego. Ci stanno già riproponendo di tornare una seconda volta. Tutto questo è stato possibile grazie alla chiesa cattolica greco-ucraina. È una chiesa che riconosce Papa Francesco, ma dove i preti si sposano. Nella seconda parte del viaggio ci ha accompagnato il vescovo di Doniesk, aiutandoci nelle relazioni con i cittadini ucraini. Colgo l’occasione per ringraziare i componenti di questa spedizione. Oltre a me, Marco Renzi (proscenio teatro), c’erano Maurizio Stammati (teatro Bertolt Brecht di Formia), Marco Pedrazzetti (Filodirame di Brescia), Noemi Bassani e Stefano Tosi (l’Arca di Noè di Varese). Le persone che hanno operato solo a Leopoli sono Simona Ripari (Proscenio teatro) e Gabriele Claretti (Ho un’Idea di Lapedona)».
«Al vescovo Maxim e al seminario arcivescovile di Leopoli – conclude Renzi – va il nostro ringraziamento, senza di loro non ce l’avremmo fatta. Ci hanno detto che siamo il primo gruppo a fare un’iniziativa del genere. Da un lato ci fa piacere, dall’altro ci dispiace che nessun’altra compagnia lo abbia fatto. Ringraziamo tutti quelli che ci hanno seguito sulle nostre pagine social e ci hanno manifestato il loro affetto. Abbiamo trasmesso la loro vicinanza a tutte le persone che abbiamo incontrato. Quella che abbiamo imparato a conosce è una Ucraina bellissima, con distese sterminate coltivate a grano e girasoli. Città meravigliose come Kiev, Kharkiv e Leopoli. Speriamo di tornarci quando il conflitto sarà finito, per apprezzare ancor di più la bellezza di questa terra. Ringrazio ancora Cronache Fermane, Radio Fm1 per aver riportato questa importante iniziativa, come pure Famiglia Cristiana che ha parlato di noi in un articolo. È stata un’esperienza che è andata al di là di tutto quello che ho fatto fino ad ora, nonostante i 14 anni di teatro senza frontiere7.
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