Guerra di cifre sul porto, l’Ad Marconi replica a Vesprini: «I canoni dovuti ammontano a 155 mila euro»

PORTO SAN GIORGIO -Arriva durante la conferenza stampa la notizia dell'esito del ricorso al Tar presentato dalla Marina srl contro il provvedimento di revoca della concessione disposto dal Comune nei confronti della società che gestisce il porto turistico. L'amministrazione Renato Marconi è ovviamente soddisfatto. «Non avevo dubbi» dice «adesso vediamo cosa accadrà».

Renato Marconi

Di Sandro Renzi

Arriva durante la conferenza stampa la notizia dell’esito del ricorso al Tar presentato dalla Marina srl contro il provvedimento di revoca della concessione disposto dal Comune nei confronti della società che gestisce il porto turistico. L’amministratore Renato Marconi è ovviamente soddisfatto. «Non avevo dubbi» dice «adesso vediamo cosa accadrà».

Le armi per proseguire le aveva già individuate. Se il Tar avesse respinto il ricorso, ci sarebbe stato subito il passaggio al Consiglio di Stato. E questo perché la Marina ritiene di avere tutte le carte in regola per ottenere quello che chiede da tempo. Lo fa, con una conferenza stampa, che vuole essere una risposta a distanza al sindaco Valerio Vesprini che in Consiglio comunale ha di fatto respinto al mittente la proposta transattiva. Marconi allora illustra i numeri per cominciare. Rivisti tutti al ribasso rispetto a quelli illustrati dal primo cittadino ed anticipa che la società proseguirà la sua battaglia «nelle sedi civili e probabilmente anche penali. Poiché non era mia intenzione influenzare i giudici, oggi voglio puntualizzare alcune questioni rispondendo anche all’interrogazione del sindaco che ha riferito alcune imprecisioni» così esordisce l’amministratore del porto.

Si parte dai 970 mila euro dovuti dalla Marina, come ha più volte sostenuto il primo cittadino, a titolo di concessione demaniale e non versati. «Non tiene conto di 3 sentenze del Consiglio di Stato a noi favorevoli, né di quanto afferma il codice della navigazione in tema di aree non utilizzate per ragioni non imputabili al concessionario né infine della rimodulazione delle aree oggetto di canone. Con Loira era stato aperto un tavolo sul dovuto e poi mai chiusosi per alcune dinamiche interne alla macchina comunale, pensionamenti in primis del personale che aveva affrontato la questione, l’iter è stato quindi rallentato. Erano state scambiate lettere, identificate cifre, secondo noi dovevamo 155 mila euro e per il  per il Comune 380 mila euro. Non siamo arrivati alla fine perché la consiliatura si  è conclusa prima spiega. Cifre assai più basse rispetto a quelle poi fatte proprie dalla nuova giunta, mentre con la precedente si era forse ad un passo dall’accordo per dirimere la querelle. Ancora Marconi. «Intanto i 970 mila euro sono in realtà 951 mila euro perché alcuni pagamenti sono stati fatti.  Poi è bene ricordare che sono stati pagati 2.134.000 euro dal 2007, il dovuto ovviamente, secondo i nostri calcoli. Secondo il Comune dobbiamo invece 3.085.000 complessivamente».

Guerra di numeri e cifre, insomma, tra il palazzo di via Veneto ed la Marina che nel 2020 ha rifatto i calcoli basandosi su quelle che Marconi definisce tre ragioni di doglianza: un’area ricompresa nella concessione ma utilizzata dal servizio pesca, circa 13 mila mq, che vanno quindi scorporati abbattendo il canone di 178 mila euro. «Poi abbiamo una seconda voce relativa alle tre sentenze del Consiglio di Stato secondo le quali le aree di difficile rimozione, ad esempio la cantieristica, non sono soggette a canone in quanto realizzate dal concessionario e questo farebbe scendere il canone di altri 350 mila euro. La debenza da parte nostra si riduce quindi a 384 mila euro. La stessa cifra a cui era arrivato il Comune sotto l’Amministrazione Loira». Infine un terzo motivo addotto dal concessionario: il non utilizzo delle aree sulle quali dovevano sorgere gli immobili. Totale stimato? 155 mila euro quello che la Marina dovrebbe versare al Comune, almeno stando ai conti della prima.

«C’era la possibilità di trovare un accordo bonariamente, ma abbiamo trovato le porte chiuse. Il Comune non ha accettato le nostre fideiussioni, valide peraltro. Il sindaco parla inoltre di 550 mila euro di tributi non versati. Ebbene, ammonta a 387 mila euro il nostro debito. Chiesi al segretario generale di farci avere le note in forza delle quali dovevano essere effettuati i pagamenti. Nel frattempo 90 mila euro li abbiamo pagati e per altre cifre abbiamo chiesto la rateizzazione. Stiamo adempiendo e comunque la somma non è di 550 mila euro» prosegue Marconi che aggiunge «in questo momento siamo debitori per 278 mila euro. Questa la cifra, se ci sono altri tributi verranno fuori. La cifra del sindaco sparata in Consiglio mi sembra alquanto curiosa». Nella conferenza stampa Marconi fa accenno pure ad una missiva di cui ha appreso protocollo e contenuto ma per la quale ha fatto richiesta di accesso agli atti al fine di poterla visionare ed eventualmente produrre nelle prossime udienze. «Il sindaco allega alla risposta scritta in Consiglio una lettera dell’Agenzia del Demanio dello scorso marzo, inequivoca perché il Demanio dice al Comune di esigere i 970 mila euro che risultavano dai conti del Comune. Noi nel frattempo abbiamo interloquito con il Demanio che ha scritto a sua volta una nuova comunicazione ad ottobre ed indirizzata al Comune, con la quale, abbiamo saputo, si invita l’ente ad incontrarsi con il concessionario e a raggiungere l’obiettivo di non far perdere all’erario i canoni concessori e definire insieme i canoni stessi. Evidentemente l’Agenzia del Demanio ha ritenuto che forse c’era qualcosa che non andava nei ragionamenti del Comune. Lettera che non abbiamo potuto produrre in giudizio al Tar. E che il sindaco non ha esibito ai consiglieri forse perché non in linea con l’azione intrapresa». Ancora Marconi «tanto più che in tutta questa vicenda il Comune non percepisce un euro, è solo esattore. Quindi qualche interrogativo sul perché ci sia questo accanimento nei confronti del concessionario mi lascia dubbioso. Se la concessione decade, il demanio peraltro non prenderà un euro. Riteniamo di essere nel giusto, seguiamo le legge, gestisco 15 marine in Italia. Mi ne occupo di porti turistici dal 1983. Un accordo si fa su basi oggettive, se una parte non le vuole riconoscere, qualunque tipo di accordo o transazione non può essere fatto» rimarca l’amministrazione del porto, ricordando infine che in Corte d’Appello si deve discutere ancora la causa avviata per ottenere la somma di 900 mila euro stanziati in passato per fare il dragaggio che spettava alla Regione, secondo la società che gestisce l’approdo.

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