Confermata dai giudici di secondo grado l’assoluzione per la dottoressa che ha curato, al Pronto soccorso di Amandola, un anziano poi deceduto in casa. «Un’assoluzione – commenta l’avvocato Igor Giostra – che ci ricorda quanto la perdita di una persona cara a volte non sia evitabile neppure con i più moderni mezzi diagnostici e curativi pur nella certezza che il sanitario ha operato in piena coscienza e prudenza medica»
I giudici di secondo grado hanno confermato la pronuncia di assoluzione emessa in favore della dottoressa al Tribunale di Ascoli Piceno escludendo che vi siano stati profili di responsabilità colposa da parte del sanitario, già in servizio presso l’ospedale di Amandola.
«L’assoluzione smonta l’impianto accusatorio di una lunga vicenda giudiziaria durata ben 7 anni con la pubblicazione della motivazione da parte della Corte di Appello di Ancona». L’avvocato Igor Giostra del foro di Fermo, legale della dottoressa, ha precisato, infatti, «che la stessa aveva agito con coscienza e prudenza, effettuando ogni accertamento previsto dalla migliore scienza medica né poteva attribuirsi abnorme ed ingiustificata efficacia predittiva ad una dato tanto generico quanto collegabile ad una pluralità di patologie, anche di natura diversa da quelle cardio-vascolari, quali il d-dimero, specie considerando che il suo aumento non si accompagnava ai markers tipici della dissezione aortica. La dottoressa, perciò all’epoca dei fatti, aveva operato con tutte le accortezze del caso non potendo, certo, sospettare di una patologia la cui diagnosi avrebbe richiesto, peraltro, accertamenti di secondo livello invasivi ed effettuabili soltanto presso il nosocomio di Fermo o quello di Ascoli Piceno».
La vicenda è iniziata nel luglio 2016 quando un anziano, residente a Montemonaco, ha accusato un malore per poi essere trasportato dal 118 presso il pronto soccorso di Amandola. «Il quadro clinico non si presentava particolarmente allarmante tanto che l’uomo – sottolinea Giostra – si era rivolto ai sanitari solo dietro le insistenze della vicina di casa e, dopo l’esame dei parametri vitali e l’effettuazione degli esami di primo livello, non era emerso alcunché di anomalo se non l’innalzamento di un particolare valore ematico ed una diffusa spondiloatrosi con dolore al rachide cervicale».
«La dottoressa aveva, quindi, provveduto a somministrare un farmaco anti-infiammatorio che, in breve tempo – aggiunge il legale del medico – aveva determinato una risoluzione completa della sintomatologia in atto e consentito all’uomo di rientrare a casa in piena autonomia. La situazione, però, è precipitata improvvisamente durante le prime ore dell’alba del giorno successivo quando, secondo gli accertamenti autoptici, l’anziano era deceduto nel proprio letto di casa per effetto di una dissecazione aortica acuta, una patologia “non comune”, di natura cardio-vascolare e normalmente letale se non trattata con un tempestivo, complesso, non sempre risolutivo intervento chirurgico».
Il complesso e doloroso iter giuridico che ne è conseguito, oggi, per l’avvocato Giostra, può definirsi concluso attraverso un’assoluzione «che va ben oltre gli stringenti confini alla responsabilità medico-chirurgica introdotti dalla recente riforma “Gelli-Bianco” e che ci ricorda, da un lato, sul piano etico ed umano, come la perdita di una persona cara sia un accadimento doloroso ma ineludibile e non ritardabile alle volte, neppure con i più moderni mezzi diagnostici e curativi, dall’altro lato, sul piano giuridico, come il costrutto della colpa richieda quella concreta possibilità di prevedere ed evitare l’evento che non sempre è predicabile in ragione delle informazioni e degli strumenti a disposizione del medico, per quanto questi sia scrupoloso, attento e preparato».
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