«Per una festività dolce: perché divertimento e sostenibilità dovrebbero escludersi?!». E’ la domanda, ovviamente retorica, che si pongono il Coordinamento Ambientalista del Fermano e il Gruppo Ecologisti del Piceno nel puntare l’indice contro la pista di ghiaccio installata, anche quest’anno, in piazza del Popolo, a Fermo.
«A seconda delle dimensioni della pista di ghiaccio, vengono utilizzate variabili quantità di kilowatt, di litri di acqua e di refrigeranti chimici come clorofluorocarburi, responsabili della distruzione dello strato di ozono, ammoniaca e glicole etilenico per il mantenimento del ghiaccio (sostanze altamente tossiche sia per l’ambiente che per l’uomo). La situazione è talmente documentata e riconosciuta che diverse associazioni sportive a partire dal Comitato Olimpico Internazionale o la National Hockey League, la più importante lega di hockey professionista di Stati Uniti e Canada, sono al lavoro per ridurre attivamente l’impatto ambientale dello sport su ghiaccio».
Gli ambientalisti ricorrono anche a un esempio pratico: «Una pista di ghiaccio artificiale di circa 200 m2 di superficie (dimensioni medie rispetto alle piste pubbliche), installata all’interno durante il periodo invernale nel centro d’Europa (temperatura ambiente fredda), consuma 19.900 litri di acqua, 16,800 kW di energia elettrica ed emette 5,52 tonnellate di CO2 nell’atmosfera ogni mese. Tutto ciò equivale al consumo energetico giornaliero di circa 600 abitazioni. E per le piste di pattinaggio installate all’esterno in territori mediterranei? Dove gli inverni sono sempre più caldi e fino a novembre inoltrato abbiamo avuto temperature primaverili?!».
Dai dati si passa alla critica all’amministrazione comunale di Fermo: «La sua scelta di reiterare questa iniziativa per le festività lascia basiti molti cittadini, a cui il Coordinamento Ambientalista del Fermano ed il gruppo Ecologisti del Piceno vogliono dar voce. Molte sono le perplessità e le osservazioni che sono nate. Non sarebbe per esempio il caso di sottoporre un intervento di tali e comprovate proporzioni energivore e di consumo idrico a valutazione di impatto ambientale? Non sarebbe possibile ricercare delle alternative altrettanto divertenti ed attrattive per giovani e turisti ma meno impattanti? E queste stesse alternative non potrebbero essere la perfetta occasione per mostrare che divertimento ed ambientalismo posso convivere pacificamente, anzi essere l’uno il motore dell’altro in una ottica di divulgazione di buone pratiche e promozione della cultura ecologica da parte di un ente pubblico? Ci piacerebbe avere una risposta che vada oltre l’auto-trinceramento dietro il concetto che la pista di ghiaccio costituisca per i giovani un deterrente da attività lontane dalla pubblica visibilità. Sottolineiamo che il nostro non è un “no” alle iniziative natalizie che richiamino persone di tutte le età in centro, ma è un “no” alle scelte che richiedono uso massivo di energie fossili e spreco di acqua potabile per fini ludici. Perché le alternative ci sono e sarebbe sciocco non prenderle in considerazione».
Tra le soluzioni prospettate «per ridurre l’impatto ambientale delle piste di pattinaggio, potrebbe esserci quella del “ghiaccio” sintetico: pannelli di plastica a base di polietilene che consentirebbero una pattinata quasi del tutto simile a quella su ghiaccio. Ma se è vero che in questo caso si eliminerebbero gli ingenti costi ambientali per la creazione e il mantenimento di una superficie ghiacciata, è pur vero che si dovrebbe ricorrere a materie plastiche, con le conseguenti preoccupazioni che in questo caso sarebbero rivolte verso le microplastiche rilasciate dall’abrasione della superficie di polietilene graffiata dai pattini. Allora in alternativa si potrebbe prendere esempio da città virtuose come Montecarlo, Sanremo, Tours, Melbourne, Berlino…o la più vicina Civitanova Marche, dove per le festività natalizie vengono installate piste per pattini a rotelle! Oppure ancora, basterebbe sapersi porre dei limiti e saper adattare i propri desideri ai ritmi di territori e stagioni, riducendo al massimo le forzature per evitare di pesare sull’ambiente».
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