Massimo Rossi (dal suo profilo Fb)
«Dopo oltre sette anni dal mio commento mediatico riguardo l’omicidio di Emmanuel Chidi Nambi, finalmente mercoledì scorso la Corte di Cassazione ha messo fine al processo penale che mi ha visto mio malgrado coinvolto come imputato di diffamazione aggravata, prima dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno, poi alla Corte di Appello di Ancona». Così si apre il commento di Massimo Rossi sulla sentenza della Corte di Cassazione.
«La Cassazione ha definitivamente cancellato le due precedenti condanne emesse nei miei confronti e ha riconosciuto che come esponente politico istituzionale avessi il diritto di commentare una versione dell’omicidio razzista del giovane nigeriano Emmanuel Chidi Nambdi avvenuto a Fermo il 5 luglio del 2016 che non potevo considerare accettabile.
Una versione resa pubblica da una testimone secondo la quale l’omicida aveva agito per difendersi e contro la quale avevo ritenuto di dover prendere le distanze proprio per impedire che fosse strumentalizzata per scopi ideologici, come in effetti stava purtroppo accadendo.
Dunque, la quinta sezione della Suprema Corte di Cassazione ha sancito che non fossi un diffamatore ma che avessi solo legittimamente espresso il mio diritto di critica politica nell’ambito della personale libertà di espressione del pensiero e ha annullato la precedente sentenza di condanna per diffamazione ed il risarcimento dei danni alla Parte civile, pronunciata nel primo grado di giudizio e confermata nei miei confronti dalla Corte di Appello di Ancona nel Febbraio del 2023.
Finalmente dopo anni di giudizio è stato riconosciuto ciò che ho sempre affermato, ovvero che nella mia presa di posizione pubblica non vi fosse alcun intento diffamatorio nei confronti della testimone querelante, ed oggi, oltre al mio tanto auspicato riscatto morale, dovranno finalmente cessare le strumentalizzazioni che da sette anni sono state fatte di questa tristissima storia, prima ai danni del povero ragazzo ucciso e poi del sottoscritto, che reiteratamente negli scorsi anni è stato sbattuto con tanto di fotografia sulle pagine da alcuni quotidiani, in articoli sensazionalistici di condanna conditi da malcelato compiacimento.
Posso dire quindi che ieri è finalmente terminata la manipolazione politica che alcuni hanno strumentalmente operato di quella tragedia unitamente ad una altrettanto campagna mediatica denigratoria contro di me, in particolare da una testata giornalistica promotrice di una vera e propria disonorevole gogna nei miei confronti.
Oggi sento il dovere di affermare che questa sofferta ma vittoriosa “resistenza democratica” è stata combattuta non tanto per me ma soprattutto in difesa del diritto di opinione e della libertà di espressione. E se questa lunga resistenza è stata possibile il merito principale va all’ avvocata Cristina Perozzi, che credendo nella mia difesa sin dai primi momenti di questo travagliato percorso giudiziario, mi è stata accanto con determinazione irremovibile e competenza speciale, ma soprattutto con vera passione per la giustizia ed illimitata fedeltà ai principi fondamentali della nostra Costituzione.
I miei sinceri ringraziamenti vanno a lei ed a tutti coloro che in questi anni mi sono stati vicino, mai dubitando della mia innocenza».
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